Fin dall’inizio “non c’era la volontà di ridurre la spesa pubblica”. Gli interventi fatti? “Sono stati dati soprattutto nel campo del welfare, piccoli e non strutturati, non coordinati. Non c’è stato dietro un disegno”. E “molti dei i programmi di cui si sta parlando attualmente sono misure quantitativamente piccole, ma molto spesso elettorali”. Roberto Perotti boccia la spending review del governo Renzi. Ma anche gli annunci connessi alle referendum sulle riforme: “Non è vero che abolendo il bicameralismo si taglieranno 500 milioni”.
Professore di economia politica all’università Bocconi, era nella squadra dei consulenti economici di Palazzo Chigi. In tandem con il deputato Pd Yoram Gutgeld, aveva ricevuto da Matteo Renzi l’incarico di seguire il tema dei tagli alla spesa pubblica, dopo l’addio di Carlo Cottarelli. Il 9 novembre 2015 si era dimesso dopo settimane di maretta con il premier, dopo la decisione di quest’ultimo di non intervenire sulle tax expeditures, le agevolazioni fiscali, sulle quali aveva lavorato il commissario.
“Ero andato lì, e vi ero stato chiamato, per ridurre la spesa pubblica – racconta al Corriere della Sera – mi sono reso conto che, per decisioni politiche che rispetto, è stato deciso di non ridurla seriamente”. Perché “i capitoli che sono stati ridotti, se si mettono insieme, lo sono stati per circa 25 miliardi. Poi ce ne sono stati altri che sono stati aumentati in maniera equivalente”. E neanche la qualità della spesa è migliorata: “Molti dei i programmi di cui si sta parlando attualmente, la quattordicesima, l’aumento delle pensioni minime, il bonus fertilità, e via elencando, sono tutte misure quantitativamente piccole, ma molto spesso elettorali, e soprattutto pensate in modo estemporaneo: disperdono risorse preziose che potrebbero essere usate meglio”.
Neanche la riforma Madia farà sentire effetti sulla riduzione della spesa pubblica? “A livello economico non mi risulta che sia stato fatto molto – obietta Perotti – anzi, a mio avviso c’è il rischio concreto che la riforma Madia addirittura porti a un passo indietro. Con l’abolizione delle fasce retributive dirigenziali, ci sarà una omogeneizzazione delle retribuzioni. Ma sarà inevitabilmente verso l’alto. Quando mai si è vista una omogeneizzazione delle retribuzioni verso il basso? Io aumento la tua retribuzione, tu aumenti la mia….”.
Neanche l’abolizione del bicameralismo permetterà di risparmiare: “Non è vero che così si taglieranno 500 milioni di costi della politica come dicono, perché in quella cifra sono inclusi i 350 delle provincie che erano già state abolite. Purtroppo – conclude l’economista – questo governo ha fatto pochissimo sui costi della politica, e ora cerca di recuperare distorcendo i contenuti del referendum”.