La sgangherata campagna per il Fertility Day promossa dal Ministero della Salute, ha almeno avuto il pregio di sollevare l’attenzione sulla condizione femminile in Italia, dal punto di vista sia lavorativo che “riproduttivo”. Innanzitutto, alcuni dati.
Nel 2015 sono state registrate circa 488mila nascite, quindicimila in meno rispetto al 2014. Si tratta del minimo storico mai raggiunto dallo Stato italiano. Per trovare dati simili bisogna tornare al 1917-18, quando una buona fetta di popolazione maschile in età fertile era al fronte, nelle trincee.
È anche vero che l’età del concepimento si sposta sempre più avanti: l’Italia è il Paese con le mamme più vecchie d’Europa. Per dire: in Romania le neo-mamme over 35 sono il 10,9%, in Italia il 34,7%. In Liguria, Lazio, Sardegna un bambino su dieci nasce da mamme ultraquarantenni.
I numeri vanno tutti nella stessa direzione: l’Italia è il terzultimo Paese europeo per numero di donne occupate, davanti alle sole Grecia e Macedonia. In Italia lavora solo il 57% delle donne tra i 25 e i 54 anni e la media è di 1,3 figli per coppia.
Sempre in Italia, più di 5 donne su 10 sono senza reddito da lavoro e, per quelle che il reddito lo hanno, la retribuzione media pro capite (calcolata tra impiegate e operaie) si ferma sotto i 25mila euro annui, mentre quella di un uomo sfonda il tetto dei 31mila.
In Svezia le donne che lavorano sono l’83% e la media-figli sale a 1,9. Il motivo è piuttosto semplice: il lavoro della donna porta alla coppia uno stipendio in più. E se lavori e decidi di fare un figlio è perché hai un sistema di welfare che ti permette di conciliare i tempi della famiglia con quelli della professione.
Analizzando gli investimenti statali, la spesa pubblica per la famiglia, pari a 16,5 miliardi, spiegano gli autori di uno studio curato dall’Ufficio studi di Confartigianato, è appena l’1% del Pil, a fronte degli interventi per gli anziani che, tra pensioni e spesa per la salute, corrispondono al 20% del Pil. In pratica, per 1 euro speso a favore della famiglia se ne dedicano 20 agli over 65.
Il basso livello di spesa per la famiglia colloca l’Italia al 22° posto tra i Paesi Ue per la quantità di risorse dedicate a questo capitolo di interventi pubblici che, nella media dei Paesi europei, si attesta all’1,7% del Pil. Al contrario, la spesa pubblica per anziani in Italia supera del 4,9% la media europea che si attesta ad una quota pari al 15,1% del Pil.
L’esigua quantità di spesa pubblica in servizi per la famiglia incide negativamente sulla natalità e penalizza l’occupazione femminile. Secondo lo studio di Confartigianato, infatti, per le donne tra 25 e 44 anni senza figli il tasso di attività lavorativa è dell’82,1%, ma scende al 63% per le donne della stessa età con figli, con un gap di oltre il 19%. Segno che lo Stato non offre quei servizi che consentono alle madri di conciliare il lavoro con la cura della famiglia. E per la cura dei figli le donne si affidano soprattutto a reti di aiuto informale con il 51,4% dei bambini con meno di due anni accudito dai nonni, mentre il 37,8% frequenta un asilo nido. La baby sitter viene scelta come modalità di affido prevalente soltanto dal 4,2% delle madri lavoratrici. L’arrivo di un figlio costa il posto di lavoro a un’italiana su due.
Secondo l’Istat, 800 mila donne, con l’arrivo di un figlio, sono state costrette a lasciare il lavoro, perché licenziate o messe nelle condizioni di doversi dimettere. A subire più spesso questo trattamento, non sono le donne delle generazioni più anziane ma le più giovani, le residenti nel Mezzogiorno (10,5 per cento) e le donne con titoli di studio basso (10,4). Una volta lasciato il lavoro solo il 40,7 ha poi ripreso l’attività, con delle forti differenze: su 100 donne licenziate o indotte a dimettersi riprendono a lavorare 15 nel Nord e 23 nel Sud.
In un paese come il nostro, già segnato da una bassa occupazione femminile un nuovo, possibile anticorpo alla “resa” delle donne è la riforma del welfare aziendale introdotta dalla Legge di Stabilità, ora in attesa del decreto attuativo.
Al contrario che in Italia, la Francia è la patria delle mamme-lavoratrici in Europa. Oltralpe il 74% delle madri con figli sotto i 15 anni ha un lavoro e il Paese vanta il tasso di natalità più alto: 2,1 figli per donna ed è al quarto posto nella classifica della Cnn dei Paesi dove è più facile vivere da mamma e papà.
Su otto Stati recensiti dal network americano, sette (l’ottavo è il Canada) si trovano in Europa: Islanda, Svezia, Danimarca, Francia, Paesi Bassi, Finlandia e Norvegia.
In Islanda lavora l’85% delle madri con figli sotto i 15 anni, e in Danimarca l’84%, dove la spesa per le famiglie è l’8,6% e la legge prevede 6 mesi al 100 per cento dello stipendio, in Norvegia 10 mesi al 100 per cento oppure 12 all’80 e vi è una percentuale di 1,8 figli per donna.. Dove esiste il congedo per padri, circa l’85 per cento dei neopapà ne usufruisce.
Tutti questi Paesi sono accomunati da un welfare molto attivo e attento a permettere alle famiglie a trovare un nuovo equilibrio vita-lavoro dopo l’arrivo dei figli e, non a caso, lì si fanno più figli. Al sud Italia la dinamica occupazionale è peggiore che al nord. E’ sempre stato così, però ora è ancora peggio.
Qui, a fronte di uomini capifamiglia che hanno perso il lavoro e che si sono ritrovati costretti a casa, ci sono state parecchie donne che si sono messe alla ricerca di un lavoro al posto del marito o del compagno per far fronte alle gravi criticità familiari. Sono infatti aumentate le donne capofamiglia occupate che si sono accontentate di qualsiasi tipo di lavoro pur di garantire un reddito per la famiglia. Aumento delle occupate immigrate, maggiore permanenza sul lavoro delle ultracinquantenni e riattivazione nella ricerca del lavoro da parte delle donne del sud spiegano quindi la maggiore tenuta dell’occupazione femminile . Anche se le donne hanno pagato un prezzo a tutto ciò: il peggioramento della qualità del lavoro.
Quello della sovra-istruzione è un altro fenomeno che purtroppo è anche aumentato e non solo al Sud. Laureate che risultano occupate ma che svolgono impieghi per cui la laurea non è affatto necessaria. Inoltre, sono diminuite le professioni tecniche e cresciute quelle non qualificate. E poi è letteralmente esploso anche il part-time involontario.
In questa situazione vi è un segmento anagrafico che sta peggio ed è quello delle giovani, fino a 34 anni di età. Per loro il calo dell’occupazione è continuo dall’inizio della crisi. In questo senso sono colpite come i loro coetanei maschi, e in alcuni casi di più.
Spazio Economia per Italia Aperta
Le pagelle dei cittadini sui provvedimenti pubblici: promossi e bocciati
Lavoro & Precari - 5 Settembre 2016
Fertility Day, l’arrivo di un figlio costa il posto di lavoro a un’italiana su due
La sgangherata campagna per il Fertility Day promossa dal Ministero della Salute, ha almeno avuto il pregio di sollevare l’attenzione sulla condizione femminile in Italia, dal punto di vista sia lavorativo che “riproduttivo”. Innanzitutto, alcuni dati.
Nel 2015 sono state registrate circa 488mila nascite, quindicimila in meno rispetto al 2014. Si tratta del minimo storico mai raggiunto dallo Stato italiano. Per trovare dati simili bisogna tornare al 1917-18, quando una buona fetta di popolazione maschile in età fertile era al fronte, nelle trincee.
È anche vero che l’età del concepimento si sposta sempre più avanti: l’Italia è il Paese con le mamme più vecchie d’Europa. Per dire: in Romania le neo-mamme over 35 sono il 10,9%, in Italia il 34,7%. In Liguria, Lazio, Sardegna un bambino su dieci nasce da mamme ultraquarantenni.
I numeri vanno tutti nella stessa direzione: l’Italia è il terzultimo Paese europeo per numero di donne occupate, davanti alle sole Grecia e Macedonia. In Italia lavora solo il 57% delle donne tra i 25 e i 54 anni e la media è di 1,3 figli per coppia.
Sempre in Italia, più di 5 donne su 10 sono senza reddito da lavoro e, per quelle che il reddito lo hanno, la retribuzione media pro capite (calcolata tra impiegate e operaie) si ferma sotto i 25mila euro annui, mentre quella di un uomo sfonda il tetto dei 31mila.
In Svezia le donne che lavorano sono l’83% e la media-figli sale a 1,9. Il motivo è piuttosto semplice: il lavoro della donna porta alla coppia uno stipendio in più. E se lavori e decidi di fare un figlio è perché hai un sistema di welfare che ti permette di conciliare i tempi della famiglia con quelli della professione.
Analizzando gli investimenti statali, la spesa pubblica per la famiglia, pari a 16,5 miliardi, spiegano gli autori di uno studio curato dall’Ufficio studi di Confartigianato, è appena l’1% del Pil, a fronte degli interventi per gli anziani che, tra pensioni e spesa per la salute, corrispondono al 20% del Pil. In pratica, per 1 euro speso a favore della famiglia se ne dedicano 20 agli over 65.
Il basso livello di spesa per la famiglia colloca l’Italia al 22° posto tra i Paesi Ue per la quantità di risorse dedicate a questo capitolo di interventi pubblici che, nella media dei Paesi europei, si attesta all’1,7% del Pil. Al contrario, la spesa pubblica per anziani in Italia supera del 4,9% la media europea che si attesta ad una quota pari al 15,1% del Pil.
L’esigua quantità di spesa pubblica in servizi per la famiglia incide negativamente sulla natalità e penalizza l’occupazione femminile. Secondo lo studio di Confartigianato, infatti, per le donne tra 25 e 44 anni senza figli il tasso di attività lavorativa è dell’82,1%, ma scende al 63% per le donne della stessa età con figli, con un gap di oltre il 19%. Segno che lo Stato non offre quei servizi che consentono alle madri di conciliare il lavoro con la cura della famiglia. E per la cura dei figli le donne si affidano soprattutto a reti di aiuto informale con il 51,4% dei bambini con meno di due anni accudito dai nonni, mentre il 37,8% frequenta un asilo nido. La baby sitter viene scelta come modalità di affido prevalente soltanto dal 4,2% delle madri lavoratrici. L’arrivo di un figlio costa il posto di lavoro a un’italiana su due.
Secondo l’Istat, 800 mila donne, con l’arrivo di un figlio, sono state costrette a lasciare il lavoro, perché licenziate o messe nelle condizioni di doversi dimettere. A subire più spesso questo trattamento, non sono le donne delle generazioni più anziane ma le più giovani, le residenti nel Mezzogiorno (10,5 per cento) e le donne con titoli di studio basso (10,4). Una volta lasciato il lavoro solo il 40,7 ha poi ripreso l’attività, con delle forti differenze: su 100 donne licenziate o indotte a dimettersi riprendono a lavorare 15 nel Nord e 23 nel Sud.
In un paese come il nostro, già segnato da una bassa occupazione femminile un nuovo, possibile anticorpo alla “resa” delle donne è la riforma del welfare aziendale introdotta dalla Legge di Stabilità, ora in attesa del decreto attuativo.
Al contrario che in Italia, la Francia è la patria delle mamme-lavoratrici in Europa. Oltralpe il 74% delle madri con figli sotto i 15 anni ha un lavoro e il Paese vanta il tasso di natalità più alto: 2,1 figli per donna ed è al quarto posto nella classifica della Cnn dei Paesi dove è più facile vivere da mamma e papà.
Su otto Stati recensiti dal network americano, sette (l’ottavo è il Canada) si trovano in Europa: Islanda, Svezia, Danimarca, Francia, Paesi Bassi, Finlandia e Norvegia.
In Islanda lavora l’85% delle madri con figli sotto i 15 anni, e in Danimarca l’84%, dove la spesa per le famiglie è l’8,6% e la legge prevede 6 mesi al 100 per cento dello stipendio, in Norvegia 10 mesi al 100 per cento oppure 12 all’80 e vi è una percentuale di 1,8 figli per donna.. Dove esiste il congedo per padri, circa l’85 per cento dei neopapà ne usufruisce.
Tutti questi Paesi sono accomunati da un welfare molto attivo e attento a permettere alle famiglie a trovare un nuovo equilibrio vita-lavoro dopo l’arrivo dei figli e, non a caso, lì si fanno più figli. Al sud Italia la dinamica occupazionale è peggiore che al nord. E’ sempre stato così, però ora è ancora peggio.
Qui, a fronte di uomini capifamiglia che hanno perso il lavoro e che si sono ritrovati costretti a casa, ci sono state parecchie donne che si sono messe alla ricerca di un lavoro al posto del marito o del compagno per far fronte alle gravi criticità familiari. Sono infatti aumentate le donne capofamiglia occupate che si sono accontentate di qualsiasi tipo di lavoro pur di garantire un reddito per la famiglia. Aumento delle occupate immigrate, maggiore permanenza sul lavoro delle ultracinquantenni e riattivazione nella ricerca del lavoro da parte delle donne del sud spiegano quindi la maggiore tenuta dell’occupazione femminile . Anche se le donne hanno pagato un prezzo a tutto ciò: il peggioramento della qualità del lavoro.
Quello della sovra-istruzione è un altro fenomeno che purtroppo è anche aumentato e non solo al Sud. Laureate che risultano occupate ma che svolgono impieghi per cui la laurea non è affatto necessaria. Inoltre, sono diminuite le professioni tecniche e cresciute quelle non qualificate. E poi è letteralmente esploso anche il part-time involontario.
In questa situazione vi è un segmento anagrafico che sta peggio ed è quello delle giovani, fino a 34 anni di età. Per loro il calo dell’occupazione è continuo dall’inizio della crisi. In questo senso sono colpite come i loro coetanei maschi, e in alcuni casi di più.
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(Adnkronos) - Un Napoli a due facce batte il Genoa nell’anticipo del 17° turno di Serie A e si riprende la vetta della classifica almeno per una notte. A Marassi la squadra di Conte parte bene, soffre nella ripresa e liquida 2-1 la pratica rossoblù, grazie alle reti di Anguissa e Rrahmani. Gli azzurri volano a 39 punti e superano almeno per il momento l’Atalanta, ferma a quota 38 e impegnata domenica contro l’Empoli.
Il Napoli parte forte e mette subito le cose in chiaro. Gli azzurri bussano già al 5’ alla porta di Leali, con Lukaku che di testa centra la traversa. Poi, intorno al quarto d’ora, è un altro colpo di testa a regalare il vantaggio agli uomini di Conte: Neres crossa, Anguissa brucia Frendrup e salta più in alto di tutti per l’1-0. Partita sbloccata, con Conte che esulta e se la ride in panchina insieme allo staff. Passano altri 8 minuti e il tecnico salentino esulta ancora per il raddoppio, firmato da Rrahmani: Lobotka crossa, il difensore stacca di testa e infila Leali. Due a zero all’intervallo. La squadra di Vieira torna in campo con un altro piglio: dopo pochi secondi, Pinamonti si fa vedere dalle parti di Meret con un bel tiro a giro dal limite, che chiama il portiere al gran colpo di reni, e poi accorcia le distanze al 51’. Palla perfetta di Vitinha e piattone in rete. La partita cambia qui: il Genoa prende coraggio e si affaccia spesso oltre la trequarti, mentre il Napoli ha da difendere ma trova spazi per lanciare le frecce in contropiede. A un quarto d'ora dalla fine, Conte si gioca i cambi davanti e butta dentro la coppia Simeone-Kvaratskhelia al posto di Lukaku e Neres. È una mossa che riaccende gli azzurri, che tornano pericolosi con i guizzi del georgiano. Il pericolo più grande degli ultimi minuti arriva però da Balotelli (entrato a una manciata di minuti dal novantesimo al posto di Miretti). Il cross dalla sinistra pesca in area l'attaccante, ma sulla deviazione è fondamentale l'intervento di Meret, che devia il pallone sul palo. Sospiro di sollievo per Conte, che soffre un po' e porta a casa tre punti d'oro. Per qualche ora, guarderà tutti dall'alto.
(Adnkronos) - Un Napoli a due facce batte il Genoa nell’anticipo del 17° turno di Serie A e si riprende la vetta della classifica almeno per una notte. A Marassi la squadra di Conte parte bene, soffre nella ripresa e liquida 2-1 la pratica rossoblù, grazie alle reti di Anguissa e Rrahmani. Gli azzurri volano a 39 punti e superano almeno per il momento l’Atalanta, ferma a quota 38 e impegnata domenica contro l’Empoli.
Il Napoli parte forte e mette subito le cose in chiaro. Gli azzurri bussano già al 5’ alla porta di Leali, con Lukaku che di testa centra la traversa. Poi, intorno al quarto d’ora, è un altro colpo di testa a regalare il vantaggio agli uomini di Conte: Neres crossa, Anguissa brucia Frendrup e salta più in alto di tutti per l’1-0. Partita sbloccata, con Conte che esulta e se la ride in panchina insieme allo staff. Passano altri 8 minuti e il tecnico salentino esulta ancora per il raddoppio, firmato da Rrahmani: Lobotka crossa, il difensore stacca di testa e infila Leali. Due a zero all’intervallo. La squadra di Vieira torna in campo con un altro piglio: dopo pochi secondi, Pinamonti si fa vedere dalle parti di Meret con un bel tiro a giro dal limite, che chiama il portiere al gran colpo di reni, e poi accorcia le distanze al 51’. Palla perfetta di Vitinha e piattone in rete. La partita cambia qui: il Genoa prende coraggio e si affaccia spesso oltre la trequarti, mentre il Napoli ha da difendere ma trova spazi per lanciare le frecce in contropiede. A un quarto d'ora dalla fine, Conte si gioca i cambi davanti e butta dentro la coppia Simeone-Kvaratskhelia al posto di Lukaku e Neres. È una mossa che riaccende gli azzurri, che tornano pericolosi con i guizzi del georgiano. Il pericolo più grande degli ultimi minuti arriva però da Balotelli (entrato a una manciata di minuti dal novantesimo al posto di Miretti). Il cross dalla sinistra pesca in area l'attaccante, ma sulla deviazione è fondamentale l'intervento di Meret, che devia il pallone sul palo. Sospiro di sollievo per Conte, che soffre un po' e porta a casa tre punti d'oro. Per qualche ora, guarderà tutti dall'alto.
(Adnkronos) - Un bel Napoli batte il Genoa nell’anticipo del 17° turno di Serie A e si riprende la vetta della classifica almeno per una notte. A Marassi la squadra di Conte liquida 2-1 la pratica rossoblù, grazie alle reti di Anguissa e Rrahmani. Gli azzurri volano a 39 punti e superano almeno per il momento l’Atalanta, ferma a quota 38 e impegnata domenica contro l’Empoli.
Il Napoli parte forte e mette subito le cose in chiaro. Gli azzurri bussano già al 5’ alla porta di Leali, con Lukaku che di testa centra la traversa. Poi, intorno al quarto d’ora, è un altro colpo di testa a regalare il vantaggio agli uomini di Conte: Neres crossa, Anguissa brucia Frendrup e salta più in alto di tutti per l’1-0. Partita sbloccata, con Conte che esulta e se la ride in panchina insieme allo staff. Passano altri 8 minuti e il tecnico salentino esulta ancora per il raddoppio, firmato da Rrahmani: Lobotka crossa, il difensore stacca di testa e infila Leali. Due a zero all’intervallo. La squadra di Vieira torna in campo con un altro piglio: dopo pochi secondi, Pinamonti si fa vedere dalle parti di Meret con un bel tiro a giro dal limite, che chiama il portiere al gran colpo di reni, e poi accorcia le distanze al 51’. Palla perfetta di Vitinha e piattone in rete. La partita cambia qui: il Genoa prende coraggio e si affaccia spesso oltre la trequarti, mentre il Napoli ha da difendere ma trova spazi per lanciare le frecce in contropiede. A un quarto d'ora dalla fine, Conte si gioca i cambi davanti e butta dentro la coppia Simeone-Kvaratskhelia al posto di Lukaku e Neres. È una mossa che riaccende gli azzurri, che tornano pericolosi con i guizzi del georgiano. Il pericolo più grande degli ultimi minuti arriva però da Balotelli (entrato a una manciata di minuti dal novantesimo al posto di Miretti). Il cross dalla sinistra pesca in area l'attaccante, ma sulla deviazione è fondamentale l'intervento di Meret, che devia il pallone sul palo. Sospiro di sollievo per Conte, che soffre un po' e porta a casa tre punti d'oro. Per qualche ora, guarderà tutti dall'alto.
(Adnkronos) - Un bel Napoli batte il Genoa nell’anticipo del 17° turno di Serie A e si riprende la vetta della classifica almeno per una notte. A Marassi la squadra di Conte liquida 2-1 la pratica rossoblù, grazie alle reti di Anguissa e Rrahmani. Gli azzurri volano a 39 punti e superano almeno per il momento l’Atalanta, ferma a quota 38 e impegnata domenica contro l’Empoli.
Il Napoli parte forte e mette subito le cose in chiaro. Gli azzurri bussano già al 5’ alla porta di Leali, con Lukaku che di testa centra la traversa. Poi, intorno al quarto d’ora, è un altro colpo di testa a regalare il vantaggio agli uomini di Conte: Neres crossa, Anguissa brucia Frendrup e salta più in alto di tutti per l’1-0. Partita sbloccata, con Conte che esulta e se la ride in panchina insieme allo staff. Passano altri 8 minuti e il tecnico salentino esulta ancora per il raddoppio, firmato da Rrahmani: Lobotka crossa, il difensore stacca di testa e infila Leali. Due a zero all’intervallo. La squadra di Vieira torna in campo con un altro piglio: dopo pochi secondi, Pinamonti si fa vedere dalle parti di Meret con un bel tiro a giro dal limite, che chiama il portiere al gran colpo di reni, e poi accorcia le distanze al 51’. Palla perfetta di Vitinha e piattone in rete. La partita cambia qui: il Genoa prende coraggio e si affaccia spesso oltre la trequarti, mentre il Napoli ha da difendere ma trova spazi per lanciare le frecce in contropiede. A un quarto d'ora dalla fine, Conte si gioca i cambi davanti e butta dentro la coppia Simeone-Kvaratskhelia al posto di Lukaku e Neres. È una mossa che riaccende gli azzurri, che tornano pericolosi con i guizzi del georgiano. Il pericolo più grande degli ultimi minuti arriva però da Balotelli (entrato a una manciata di minuti dal novantesimo al posto di Miretti). Il cross dalla sinistra pesca in area l'attaccante, ma sulla deviazione è fondamentale l'intervento di Meret, che devia il pallone sul palo. Sospiro di sollievo per Conte, che soffre un po' e porta a casa i tre punti. Per qualche ora, guarderà tutti dall'alto.
Roma, 21 dic (Adnkronos) - Il concerto di Natale alla Camera "Morricone dirige Morricone", registrato questo pomeriggio nell'Aula di Montecitorio, sarà in onda su Rai 1, a cura di Rai Parlamento, lunedì 23 dicembre alle 15.30. Alla stessa ora sarà trasmesso anche sulla webtv della Camera e sul canale satellitare. Lo rende noto la Camera.
L'evento è introdotto dal Presidente Lorenzo Fontana. Il Maestro Andrea Morricone esegue molte delle celebri composizioni del padre Ennio. Il programma, introdotto dall'Inno italiano, abbraccia i brani più famosi, da "Gli Intoccabili" a "The Mission". A interpretare le musiche sono: l'orchestra Roma Sinfonietta, con la direzione del Maestro Andrea Morricone e il Coro Claudio Casini dell'Università di Roma Tor Vergata diretto dal Maestro Stefano Cucci. La direzione artistica è a cura di Luigi Lanzillotta.
Roma, 21 dic (Adnkronos) - “Le dimissioni del capo del Dap Giovanni Russo sono il segno evidente del fallimento delle politiche del governo sul carcere a fronte delle tragiche condizioni in cui versano". Lo dice Riccardo Magi.
"Sovraffollamento, suicidi, abusi, condizioni disumane indegne per un Paese europeo. Ed evidentemente sono anche il frutto del fatto che la linea portata avanti dal sottosegretario Delmastro Delle Vedove non ha favorito una visione e un approccio ai problemi del carcere compatibili con la Costituzione. Nordio riferisca in aula al più presto in aula e spieghi se sulle carceri vuole cambiare rotta o proseguire su questa linea disastrosa”, conclude il segretario di Più Europa.
Roma, 21 dic (Adnkronos) - "Le dimissioni di Giovanni Russo dal vertice del Dap sono una conferma del fallimento di una politica carceraria di questo Ministero, di questo Governo". Lo dicono la responsabile Giustizia Pd Debora Serracchiani, il capogruppo dem in Bicamerale Antimafia Walter Verini e i due capigruppo dem delle commissioni Giustizia Senato e Camera Alfredo Bazoli e Federico Gianassi.
"Questi due anni hanno aggravato una situazione difficile, con il dramma dei suicidi dei detenuti, con un sovraffollamento disumano, con condizioni difficilissime anche per il lavoro della Polizia Penitenziaria. E con risposte inesistenti e ciniche da parte di Ministro e Sottosegretari. Anche le condizioni di lavoro del Dap sono state rese certamente più difficili. Chiameremo Nordio a riferire alle Camere sulla gravità ulteriore della situazione", aggiungono.