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Festival di Venezia, Robinù il documentario di Michele Santoro che racconta i baby boss della camorra

di F. Q.

Non solo televisione per Michele Santoro, ma anche cinema per parlare di una strage dimenticata, rompendo il muro del silenzio e dell’indifferenza che la circonda. I baby boss della camorra per la prima volta si raccontano senza mediazioni nel film documentario dal tilo Robinù: la sete di potere, l’amore per i soldi, il divertimento sfrenato, le loro pagine Facebook da vere star. Ribelli insofferenti ai capi “d’o’sistema”, la vecchia camorra, senza padroni e senza paure. Si uccidono tra loro: la droga è il motore della mattanza. Mercoledì sera alle 21 nella sezione del cinema in Giardino alla 73a Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica di Venezia sarà proiettato il docufilm di cui il FattoTv propone il trailer in esclusiva. Un racconto diretto e senza alcuna mediazione l’opera del giornalista porta per la prima volta sullo schermo la storia di un intero giovane popolo ridotto a carne da macello. Sotto gli occhi indifferenti delle istituzioni, quei ragazzi hanno evaso qualunque obbligo scolastico, non parlano italiano, hanno i denti già devastati dalla droga, ed esprimono chiaramente sentimenti e passioni di una forza sconosciuta a quella parte di Paese definita “normale”. “Tu queste cose le devi fare ora. Perché così, se vai in galera per vent’anni, esci e hai tutta la vita davanti”. È questa la concezione del mondo di quei soldati bambino che a 15 anni imparano a sparare, a 20 sono killer consumati e a 30 spesso non ci arrivano nemmeno. Il film, presentato in anteprima in sala stampa, ha ricevuto un lungo applauso

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