Cultura

Festivaletteratura di Mantova, il grande racconto sulle migrazioni per abbattere gli stereotipi

La ventesima edizione si terrà dal 7 all'11 settembre. Verrà dedicato molto spazio a un fenomeno epocale troppo spesso affrontato superficialmente. Grazie all'aiuto di dati ufficiali e testimonianze dirette "il pubblico potrà verificare quanto ne sa sul fenomeno che vede centinaia di migliaia di persone fuggire da guerre, carestie, fame, persecuzioni politiche e religiose, cambiamenti climatici che rendono impossibile continuare a vivere nella loro terra"

di Emanuele Salvato

Abbattere gli stereotipi che ruotano intorno ai migranti e alle migrazioni con numeri, testimonianze, dati. Perché  sono proprio i dati che permettono di sfidare i luoghi  comuni e influenzano la  direzione dell’opinione e delle politiche pubbliche. Con  questo spirito quest’anno il  Festivaletteratura di Mantova, la cui ventesima edizione è  in programma dal 7 all’11 settembre, ha deciso di  dedicare un ampio spazio a un tema attuale e discusso come quello delle migrazioni epocali in atto nel Mediterraneo.

Un tema che, nelle intenzioni degli organizzatori, sarà affrontato in maniera oggettiva e non emotiva grazie all’aiuto di un Info Point allestito in piazza Erbe nel quale gli  esperti di Open Migration – gruppo di lavoro molto attivo sul tema che mette a disposizione moltissimi dati ufficiali, infografiche, dashboard… – forniranno tutti gli strumenti utili  a destrutturare pericolosi luoghi comuni che influenzano, tuttora, le opinioni di moltissime persone. Non mancheranno, poi, interventi di scrittori  e personaggi a vario titolo  collegati all’argomento migranti. “Per cinque giorni – spiega Alessandro Della Casa della segreteria organizzativa di Festivaletteratura – il pubblico del Festival potrà verificare  quanto ne sa davvero sul fenomeno che vede centinaia di migliaia di persone fuggire da guerre, carestie,  fame, persecuzioni politiche e religiose, cambiamenti climatici che rendono  impossibile continuare a vivere nella loro terra. A tal proposito, proprio l’anno scorso il Festival ha dedicato un info point ai cambiamenti climatici dal quale uno dei dati principali  emersi è che i mutamenti geoclimatici sono una delle cause principali di migrazione. Abbiamo chiesto a Open Migration di fornire alle  persone interessate gli strumenti utili per farsi un’idea,  il più possibile oggettiva, sul fenomeno”.

Ulteriori strumenti in tal senso saranno forniti anche dagli esperti di Forensic Oceanography, un progetto che si propone di documentare le violazioni dei diritti dei migranti che avvengono ai confini marittimi dell’Unione Europea.  “Forensic Ocenaography –  spiega ancora Della Casa – ha  realizzato video documentari molto utili e ben fatti sul’emergenza migranti, soprattutto riferita al Mediterraneo, studiando i flussi, fornendo numeri  precisi sul fenomeno, sui  morti e i dispersi registrati con le operazioni Mare Nostrum e Frontex. Si tratta di documenti molto forti dal  punto di vista emotivo, nei quali la fanno da padrone i  rumori di ambiente: il mare, le voci, le urla di  disperazione e le grida di  aiuto”.

Un dato che si può reperire dando un’occhiata al sito di Open Migration è quello relativo alle migrazioni via mare. Circa 900mila le persone arrivate nel 2015 con la Grecia a  sobbarcarsi più dell’80% degli arrivi. L’Italia si è presa carico del 18% dei migranti sbarcati soprattutto a Lampedusa, in Sicilia e in Calabria. Le briciole a Spagna e Malta. In Italia è arrivato,  via Lampedusa nel 2011, anche Maman Ide dal Niger. La sua è una storia di un viaggio iniziato nel 2005 e terminato  sei anni dopo con l’approdo sull’isola a metà strada fra  la Tunisia e la Sicilia. In mezzo anni di spostamenti, di fatiche per sopravvivere anche a una traversata del  deserto in 35 su una jeep da sei posti, di rischi, umiliazioni e di violenze  subite. Maman quest’anno sarà protagonista di due eventi in cartellone al Festivaletteratura (giovedì 8 settembre, ore  16 teatrino di santa carità e  venerdì ore 11, stesso luogo)  dove racconterà, drammatizzando il tutto con la  complicità del regista Dario Moretti, la storia di Yaron  Daggi, il bambino della savana: un racconto emblematico,  che dice tanto di sé, del suo viaggio e della possibilità  di farcela vivendo in pace.

Fra i protagonisti della ventesima edizione della rassegna letteraria anche l’ex ministro della Giustizia francese Christiane Marie Taubir a (mercoledì 7 settembre, ore  16.30, piazza Castello). Nel gennaio del 2016 Taubira, originaria della Guyana francese, si è dimessa perché contraria alla riforma antiterrorismo del governo francese che prevedeva, tra l’ altro, revoca della cittadinanza francese per i  condannati per terrorismo. Di  frontiere e viaggi della speranza alla ricerca di un  futuro migliore parlerà anche l’autore albanese Gazmend  Kapllani (mercoledì 7 settembre, ore 15.30, Palazzo Ducale), che nel 1991, dopo la caduta del regime comunista, ha lasciato il suo paese raggiungendo la Grecia a piedi. Nel suo libro, Breve  diario di frontiera, racconta questo viaggio e ricorda come “la prima frontiera invisibile è la lingua ed è per questo che scrivo, per abbattere le frontiere”. La Frontiera è anche il titolo  del lavoro di Alessandro Leogrande (venerdì 9 settembre, chiesa di Santa Paola), scrittore e direttore del periodico Lo straniero, che  nel libro ricostruisce le storie di quei migranti, come Maman Ide, pronti a rischiare tutto per poter almeno sperare in qualcosa di meglio della loro  realtà. E ancora di profughi  parla Voci del verbo andare, il libro della scrittrice tedesca Jenny Erpenbeck ( venerdì 9 settembre, ore 10  seminario vescovile), che narra la vita di un gruppo di ospiti di un centro di  accoglienza di Berlino a confronto con un filologo tedesco in crisi di identità.

Lo scrittore algerino Boualem Sansal (venerdì 9 settembre,  ore 11 teatro Ariston) ha vissuto sulla propria pelle le violenze fisiche e psicologiche che un regime autoritario è capace di infliggere a chi ne critica le politiche. Nel suo libro, 2084, fa il verso  non a caso Orwell e immagina un regime autoritario che ha  cancellato la storia e la lingua precedenti. Delle  migrazioni di cui ormai in pochi si ricordano, invece, tratterà l’autore friulano Leonardo Zanier (giovedì 8  settembre, ore 15, chiesa di San Barnaba), noto fin dagli  anni ‘60 come il poeta delle migrazioni. Sindacalista, animatore e mediatore culturale, Zanier racconta in forma poetica il grande esodo carnico degli anni ‘60. Quando i  profughi eravamo noi.

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