Ora lo dice anche il presidente del Consiglio: la riforma costituzionale poteva essere scritta un po’ meglio. In particolare l’articolo 70, passato da 9 a 439 parole per spiegare i nuovi iter legislativi, “poteva essere scritto in modo più semplice”. Matteo Renzi, però, alla registrazione della puntata di Porta a Porta rivendica come “il testo originale del governo era scritto molto meglio”. Ma la riforma è quella approvata dal Parlamento “dopo sei letture tra Camera e Senato e 121 modifiche. E’ il gioco della democrazia”. Ma il presidente-segretario sottolinea che sulle dimissioni in caso di vittoria del no non ci ha “ripensato”. Piuttosto, “siccome in tanti mi hanno detto che non dovevo personalizzare il referendum, ho detto solo che non parlo più del mio futuro. C’è tanta gente che si preoccupa del futuro dell’Italia. Questo referendum non riguarda il futuro di una singola persona, ma il fatto che si possano ridurre delle poltrone, che solo la Camera darà la fiducia al governo e che si interverrà sulle Regioni” senza “cambiare i poteri del presidente del Consiglio”. Per questo, ribadisce, “un sacco di gente che votano Grillo e Lega e a cui io sto sulle scatole, voteranno sì anche se poi non mi voteranno alle elezioni politiche”.
A proposito di Regioni, il capo del governo approfitta per rispondere a Massimo D’Alema, diventato all’improvviso uno dei leader della parte che sostiene il no alla riforma costituzionale. “D’Alema e Berlusconi si vogliono bene e quando c’è l’amore c’è tutto – dice sarcastico Renzi – Hanno un disegno alto, tornare alla Bicamerale“. L’allusione è ovviamente al fallimento della commissione che avrebbe dovuto riformare la Costituzione. “Non so quanto questo aiuterà le ragioni del Sì – ironizza – ma secondo me molto…”. “Alle Regioni una riforma costituzionale del 2001, primo firmatario D’Alema, ha dato dei poteri, su turismo, rifiuti. Questi poteri li hanno trasformati in organismi molto forti. Le Regioni sono state una sciagura in questi anni nella gestione di alcune partite, in altre sono state bravissime. Io dico meno poteri alle Regioni e meno stipendi, più potere ai cittadini“. La riforma, ha aggiunto, “non riduce gli spazi di democrazia“. “Il Senato – aggiunge – diventa il luogo in cui le amministrazioni locali discutono dei provvedimenti che riguardano loro ma non hanno un ruolo come adesso col ping pong parlamentare delle leggi”.
Secondo Renzi “a naso la data del referendum sarà tra il 15 novembre e il 5 dicembre” e comunque sarà decisa entro il 25 settembre. “Decideremo dopo aver ascoltato le opinioni delle opposizioni e di tutte le forze politiche”.
Anche Renzi, come il ministro per le Riforme Maria Elena Boschi, assicura che il Pd è pronto “a cambiare l’Italicum se ci sono i numeri in Parlamento. Sia che la Corte Costituzionale dica sì, sia che dica no”. In particolare, Renzi si dice “affezionato all’idea di poter scegliere con le preferenze, ma mi va bene anche il collegio uninominale“. Dettaglio non secondario visto che il Mattarellum (al quale però dovrebbe essere tolta la quota di proporzionale) è ben visto dalla sinistra Pd e avvantaggerebbe – rispetto all’Italicum – anche il centrodestra. “Il vero problema – sottolinea Renzi – è che questa legge elettorale non piace perché toglie il potere ai piccoli partiti. L’Ulivo è andato a casa perché c’era qualcuno che trafficava e i partiti piccoli poi hanno tolto la fiducia…”.