Diritti

Eutanasia, l’ultima corsa di Marieke: alle Paralimpiadi con le carte firmate per farla finita. “Non vivrò come un vegetale”

Marieke Vervoort, 37 anni, belga, ha già vinto due medaglie ai Giochi di Londra. A Rio ci riprova nei 100 e nei 400 metri, ma - affetta da una malattia degenerativa - ha già deciso che chiederà ai medici di applicare i documenti già firmati: "Quando sarà il momento, non avrò dubbi. Le mie ceneri? Saranno disperse a Lanzarote"

Ha già deciso dove getterà le sue ceneri. A Lanzarote, dove la lava incontra il mare. Dice che quel posto le dà pace e tranquillità. Prima, però, Marieke Vervoort ha la sua ultima sfida sportiva da vincere. Dopo le due medaglie conquistate a Londra, andrà alle Paralimpiadi di Rio a cercare un’altra doppietta nei 100 e nei 400 metri. Trentasette anni, belga, da quando ne ha 14 convive con una malattia degenerativa progressiva. Iniziò tutto con un gonfiore al piede, poi i dolori sono arrivati alle ginocchia e sei anni dopo la sua vita è diventata dipendente da una sedia a rotelle. Addio agli alberi che amava scalare da piccola, ecco aprirsi le porte degli ospedali. Non si è arresa e ha iniziato a fare sport. Piscina, ciclismo, combattimento, triathlon, poi l’atletica. “A Rio sarà la mia ultima paralimpiade. Verrà il tempo del volo acrobatico, uno dei miei ultimi desideri”. Ma come andrà a finire davvero, Marieke lo ha deciso da tempo. Eutanasia. “Ci sto gradualmente pensando”, ha spiegato nel giorno della presentazione della spedizione belga in Brasile.

Le carte sono già firmate; il luogo dove spargere quel che resta del suo corpo afflitto dalla malattia non è più un tabù. Quando Marieke sfrutterà le leggi del Belgio sull’eutanasia resta un mistero, anche per lei. “Non voglio vivere come una vegetale, quando arriverò al quel punto sarà il momento”. Ora continua la sua esistenza tra mille difficoltà quotidiane, quelle che compaiono lontano dalla pista di atletica. “La gente non le vede, ma ci sono”. Respiro affannoso, labbra bluastre, morfina, un infermiere a disposizione per quattro volte al giorno, qualcuno che la accompagni in bagno e la aiuti a cambiare i vestiti. E se mentre è sola, i dolori divengono insopportabili, Marieke ha un pulsante vicino al suo letto che allerta i medici.

Una vita pianificata, scandita sempre dagli stessi ritmi e gli stessi tormenti. Molto più serena è stata la decisione di preparare la fine nei dettagli. Per Marieke sarà il momento del buio definitivo. Non è credente, non pensa che esista l’Aldilà. Anche per questo durante il suo addio non sono previste lacrime e cerimonie funebri. Vuole un’orchestra, verrà aperta una lettera dopo che il suo cuore smetterà di battere. Poi arriverà la cremazione e le ceneri verranno sparse a Lanzarote. Non si sa quando, ma avverrà.

Sembra tutto così lontano, incredibile, quando si vedono le immagini della Vertoot sfrecciare sul tartan: ogni colpo alla sedia a rotelle, una botta di vita. Ma anche una fatica immensa perché il corpo si deteriora di giorno in giorno e in Brasile dovrà portare con sé decine di scatole di medicinali, tutti da dichiarare all’antidoping. Tanti, ma ancora non troppi. Quando lo diventeranno, Marieke saluterà tutti. Ci sarà un solo farmaco, la musica e poi Lanzarote, dove la lava si mescola con il mare come nella sua vita si sono intrecciate la voglia di vivere e di morire. Così distanti, così vicine.