Non sono del Movimento Cinque Stelle. Sono un osservatore esterno, che da sempre guarda con curiosità e interesse al Movimento, pur senza aderirvi e, spesso, senza risparmiare critiche anche serrate. In questo caso, tuttavia, la mia solidarietà al Movimento e alla Raggi è incondizionata. Quello che sta accadendo a Roma è indecoroso. Stanno cercando, mediante l’opinione pubblica manipolata e la leva degli illeciti (i quali, ove vi siano, vanno ovviamente puniti a norma di legge), di delegittimare integralmente un movimento politico che ha democraticamente vinto le elezioni e che, peraltro, nemmeno ha ancora avuto modo di iniziare davvero ad amministrare Roma.
Con le parole di Gramsci, che ovviamente non era (né avrebbe potuto essere) del Cinque Stelle e che sicuramente oggi sarebbe bollato come “complottista” e “populista” dal Ministero della Verità, “lo Stato quando vuole iniziare un’azione poco popolare crea preventivamente l’opinione pubblica adeguata” (Quaderni del carcere). Questo è il punto. I poteri forti e, con essi, quel Pd che è loro servo fedele e che non fa mistero di tutelare gli interessi del capitale contro il lavoro (leopolde varie con Serra, attacco ai lavoratori del Colosseo, elogi sperticati di Marchionne, ecc.), hanno già deciso: il Cinque Stelle deve essere abbattuto e delegittimato. Perché è di impaccio rispetto a essi.
Non ho mai fatto mistero dei limiti del Cinque Stelle (assenza di una linea cultural-politica precisa, di una chiara forma partitica, ecc.), né dei suoi meriti: tra questi ultimi, il superamento della dicotomia obsoleta di destra e sinistra, l’individuazione del nemico principale nel capitale finanziario e nelle sue propaggini (Unione europea, Usa, ecc.). Il fatto che oggi il Cinque Stelle stia subendo questo vile e abominevole linciaggio mediatico a reti unificate è la spia che ci segnala evidentemente quanto esso sia sgradito ai poteri forti e, di conseguenza, ai loro cani da guardia, in primis al circo mediatico, al clero giornalistico prezzolatissimo e agli intellettuali a guinzaglio più o meno corto.
La vicenda delle Olimpiadi di Roma mi pare dirimente: la Raggi s’è giustamente opposta alle Olimpiadi, andando a toccare interessi immensi di poteri forti che ora, com’è naturale, hanno deciso di prenderla di mira. Questo è il punto. Proprio come accadde con Marino, sempre a Roma. È, ancora una volta, il modello di Mani Pulite (1992), colpo di stato giudiziario ed extraparlamentare con cui, in nome della lotta alla corruzione, si eliminò una prima Repubblica centrata sui diritti sociali e sul lavoro per aprire la strada alla “rivoluzione liberista” della distruzione del sociale, del lavoro e dei diritti.
Svegliamoci, prima che sia troppo tardi. E, soprattutto, aderiamo al movimento degli “apoti”, come li chiamava Prezzolini: ossia di quelli che non si bevono tutte le menzogne che il circo mediatico senza tregua propina.