Difficile stabilire con esattezza il numero preciso degli abusivi ed eseguire gli accertamenti. La Prefettura ha stilato alcuni protocolli d’intesa “anche in considerazione della contestuale criticità del quadro internazionale, caratterizzato da una recrudescenza dei fenomeni terroristici e da un sensibile deterioramento delle relazioni tra gli Stati e della sicurezza in aree molto prossime all’Italia”
Nella Capitale ci sono migliaia e migliaia di case vacanze non autorizzate che potrebbero ospitare ogni giorno potenziali terroristi senza mettere in conto l’evasione fiscale. Questo perché i titolari delle case vacanze autorizzate presenti a Roma, come in tutta Italia, devono ogni volta comunicare entro 24 ore i nominativi dei turisti ospiti, con tanto di documento annesso, alla Questura di Roma, anche per scongiurare il rischio di affittare l’immobile a criminali. Questo ovviamente i proprietari di case vacanze abusive non lo fanno perché si scoprirebbe che le loro strutture sono illegali.
Difficile stabilire con esattezza il numero preciso degli abusivi sia per la quantità dei siti commerciali che pubblicizzano le case vacanze, sia per la continua evoluzione delle attività ricettive e per altre variabili di carattere tecnico, ma basta confrontare la lista delle case vacanze autorizzate dal Comune di Roma con quelle dei siti più visitati dai turisti, come Homelidays o Tripadvisor, per rendersi conto del gap. Sulle pagine web del Campidoglio si contano 4759 case vacanze mentre su Homelidays 9337 e su Tripadvisor 9496. Mancherebbero quindi all’appello circa 4500 autorizzazioni, sempre prendendo con le pinze tali stime, “anche perché – sottolinea il comando generale della polizia locale di Roma Capitale – non è detto che queste circa 4500 case vacanze in eccesso siano tutte abusive. Una parte di esse potrebbe ricadere nel cosiddetto ‘house sharing’, una nuova tipologia di attività ricettiva introdotta dalla Regione Lazio circa un anno fa che non necessità dell’autorizzazione di Roma Capitale”.
Un problema comunque di non poco conto sia per la sicurezza ma anche per il fisco
Per ottenere l’autorizzazione i proprietari devono presentare una serie di documenti allo “Sportello unico per le attività ricettive” del Dipartimento turismo del Comune di Roma. Un’operazione che oltre a richiedere molto tempo ha anche dei costi visto che molti, per evitare errori, si rivolgono a studi specializzati per questo tipo di autorizzazioni. I gestori in regola poi pagano ovviamente anche le tasse per la propria attività e la tassa di soggiorno al Comune di Roma.
Polizia Roma Capitale: “Difficoltà nel fare gli accertamenti dovuti”
La Regione Lazio ad agosto 2015 ha introdotto una nuova forma di attività ricettiva denominata ‘house sharing’ che, rispetto alle casa autorizzate, non prevede una serie di limitazioni quali un numero predefinito di posti letto, il pagamento della tassa di soggiorno e altre prescrizioni. “Quindi sicuramente – sottolinea il comando generale della polizia locale di Roma Capitale – tra le 4500 case vacanze in eccesso che avete rilevato sui siti commerciali rispetto a quelle presenti sul sito del Comune, una parte di esse ricade in questa tipologia”. Difficile però stabilire quanti ‘house sharing” e quanti abusivi vi siano anche perché i siti commerciali non inseriscono gli indirizzi delle case vacanze in questione, non favorendo controlli mirati, e non sono obbligati ad indicare, sul profilo web delle attività ricettive che ne sono in possesso, gli estremi dell’autorizzazione di Roma Capitale. “Una maggiore trasparenza – prosegue il comando generale – ci agevolerebbe nel fare una scrematura a monte, escludendo le case autorizzate, e ci permetterebbe di fare dei controlli mirati sulle case ‘sospette’”. Per lo stesso ‘house sharing’ la polizia locale ha alcune difficoltà operative visto che sono abitazioni private a tutti gli effetti e quindi non è consentito ai vigili di accedere all’interno dell’immobile senza la flagranza di reato o il reperimento di armi e droga. Diversa invece è l’attività di controllo svolta per le attività soggette ad autorizzazione comunale. In questo caso il titolare deve consentire la verifica ed il controllo alla polizia amministrativa. Se si rifiuta la polizia locale segnala la cosa al dipartimento del Turismo che emette il provvedimento di sospensione dell’attività. Nonostante queste difficoltà dal giugno del 2010 ad oggi i controlli effettuati sono stati 3867: 2237 i regolari, 1630 le sanzioni eseguite.
Prefettura Roma: “Protocolli d’intesa con amministrazioni territoriali, Federalberghi e Airbnb”
La Prefettura di Roma per cercare di arginare il problema ha stilato alcuni protocolli d’intesa con Roma Capitale, Regione Lazio, forze dell’ordine, Federalberghi Roma e il sito commerciale Airbnb, “anche in considerazione – si legge in uno degli accordi stipulati – della contestuale criticità del quadro internazionale, caratterizzato da una recrudescenza dei fenomeni terroristici e da un sensibile deterioramento delle relazioni tra gli Stati e della sicurezza in aree molto prossime all’Italia”. Ricordando la delicatezza del contesto, visto il Giubileo in corso, la Prefettura preme per “sviluppare ogni utile sinergia – si legge nel documento – per creare un ambiente dove gli utenti che pubblicano annunci su Airbnb siano incoraggiati a comunicare all’Autorità di P.S. le informazioni concernenti i loro ospiti i quali, durante lo svolgimento dell’evento, soggiorneranno nella Capitale”.
Questo per rafforzare “l’attività di prevenzione di possibili turbative all’ordine ed alla sicurezza pubblica”.
Federalberghi Roma: “Situazione che denunciamo da tempo. Sicurezza a rischio”
“Sono anni che segnaliamo il problema alle autorità preposte – denuncia Daniele Frontoni, Federalberghi Roma – ma ormai i portali che permettono di pubblicizzare la propria attività ricettiva sono decine e decine e continuano a nascerne ogni giorno e quindi monitorare il numero degli abusivi è cosa quasi impossibile. Da un nostro recente controllo risulta che su Airbnb ci sono, a Roma, oltre 18mila attività ricettive tra case vacanze, bed&breakfast, affittacamere e via discorrendo, a fronte delle appena 6 mila attività autorizzate. C’è una differenza di 12 mila unità. Nel 2014 abbiamo registrato su livello nazionale la presenza di circa il 74% dei turisti in alloggi non autorizzati, stime ovviamente da prendere con le molle ma che danno il senso della gravità della situazione”. Federalberghi Roma da tempo ha sollevato il problema denunciando il proliferare di attività irregolari: “Alla fine – prosegue Frontoni – grazie all’ex Prefetto Gabrielli siamo riusciti a sottoscrivere un protocollo d’intesa che ha coinvolto istituzioni e autorità competenti con le quale ci interfacciamo periodicamente. Abbiamo ottenuto dei risultati, ci sono state molte chiusure e sanzioni anche se il fenomeno non accenna a diminuire anzi”. Federalberghi Roma a tal proposito ha messo a disposizione un sito web per segnalare, in forma anonima, le attività sospette in modo da avviare eventuali verifiche. “È sufficiente andare sul sito www.turismoillegale.com e compilare il form senza bisogno di nessuna registrazione. Questo – spiega Frontoni – ci ha permesso di far emergere molte attività che promuovendosi sui portali commerciali, non sono identificabili in quanto l’indirizzo esatto viene omesso e quindi è impossibile verificare se possiedono o meno un’autorizzazione”. Il problema però non sembra sia stato risolto, dati alla mano. “Serve la collaborazione di tutti – conclude Frontoni – in primis delle istituzioni, magari guardando anche cosa fanno gli altri paesi. Tanto per fare un esempio a Berlino hanno preso il toro per le corna: multa di 100mila euro a chiunque affitti la propria casa senza autorizzazione. Pare che questo abbia ridotto in un solo giorno il numero di appartamenti su Airbnb di due terzi”.