Non è semplice valutare dall’esterno la gestione delle municipalizzate romane. Ma in generale le imprese pubbliche si reggono su un delicato equilibrio tra poteri di indirizzo della politica e responsabilità di amministratori e dirigenti. Se non si rispettano i ruoli, si rischia la peggior deriva.

di Carlo Scarpa (Fonte: lavoce.info)

Trasporti e rifiuti sotto accusa

Premetto che chiunque provi ad amministrare Roma gode – per il coraggio che così manifesta – la mia assoluta ammirazione. E premetto che – da amministratore di una azienda pubblica in un contesto assai più semplice – in queste osservazioni riverserò la mia esperienza personale; lascio ai lettori valutare se il potenziale conflitto di interessi, che non ho alcuna intenzione di celare, possa entrare da qualche parte.

L’attuale fase della politica nella città di Roma verte attorno a problemi veri: alcuni servizi pubblici nella capitale funzionano davvero malissimo. La gestione dei rifiuti è scadente, la mobilità pubblica pure e si dibatte anche in pesanti problemi finanziari. Accade sia per ragioni infrastrutturali, sia per una gestione storicamente spesso poco incisiva (per non dire di peggio). Ma ciò non significa che tutto sia da buttare, e non so quanto una sistematica caccia alle streghe aiuti a migliorare l’esistente o non serva invece a deprimere ulteriormente chi prova(va) a fare le cose giuste.

Trasporti e rifiuti sono ovviamente sul banco degli imputati. La rete della metropolitana è inesistente, così come la raccolta dei rifiuti, basata sui cassonetti e con difficoltà di smaltimento, presenta evidenti criticità. Una valutazione della gestione è difficile da parte di un esterno. Ma, solo per fare un esempio, fino a pochi mesi fa la maggioranza dei mezzi per la raccolta rifiuti era ferma in manutenzione (erano più i mezzi in officina che quelli circolanti), e notizie simili rimbalzano dall’azienda trasporti, mentre i giornali forniscono molti altri esempi aneddotici di una gestione “difficile”.

Inettitudine? Corruzione? Strapotere sindacale? Una risposta “non qualunquistica” richiederebbe un’analisi molto più dall’interno, ma pare assai probabile che nel passato tutti questi elementi siano stati presenti e abbiano concorso all’attuale situazione.

Il rapporto politica-aziende pubbliche

Per affrontare questioni simili “ci vuole un fisico bestiale”. Che io non credo avrei, e ribadisco quindi il rispetto per chi ci stia provando (o ci abbia provato nel passato – l’attuale amministrazione non è la prima…). Però alcune considerazioni generali sono necessarie.

È del tutto errato far pensare che una situazione di enorme gravità possa trovare soluzione in poche settimane. Se la soluzione fosse stata semplice, la avrebbero già attuata da tempo. Servono infrastrutture migliori, servono interventi drastici sui contratti aziendali per aumentare la produttività, servono quattrini per gestire la manutenzione dei mezzi fin quando la situazione non si sarà normalizzata, e molte altre cose ancora. Nulla di tutto questo può arrivare solo perché cambia un amministratore. Per avere una città pulita occorre anche incidere su abitudini pluri-decennali che difficilmente si scalfiscono in qualche mese, e non ci si riuscirà se i cittadini non saranno certi che ciò si sposi ad una ri-organizzazione del servizio (il tema dello smaltimento della raccolta differenziata e non) che non si improvvisa.

Mi chiedo anche a cosa serva cacciare via (o lasciar andare) le persone che da qualche mese provavano a mettere le cose in ordine. Le aziende in questione (Ama e Atac) non avevano cambiato faccia – in pochi mesi sarebbe stato impossibile – ma sicuramente erano in lento miglioramento. Decidere di cestinare le persone e il lavoro effettuato di recente è stato un gesto rischioso: non possiamo che sperare che la scelta finisca per premiare, però oggi i dubbi sono forti. Le schermaglie di questi mesi tra amministrazione comunale e aziende impongono poi una riflessione generale su quale debba essere il modello di gestione e di rapporto politica-imprese.

All’inizio, la sindaca pareva voler affrontare ogni problema chiedendo alle aziende “relazioni settimanali” su qualunque questione. Comprensibile come gesto segnaletico, ma se lo si applica in troppi casi fa pensare che scrittura e lettura delle relazioni divenga una delle principali occupazioni delle imprese da un lato, e della sindaca dall’altro. Ora, l’ex amministratore delegato di Atac, Marco Rettighieri, riferisce alla stampa che un assessore avrebbe chiesto di vagliare preventivamente gli interventi sui dirigenti dell’azienda.

La gestione di un’impresa di quella complessità richiede tempi lunghi e tranquillità. Se non ci si fida di chi vi opera lo si manda via, non si chiedono rapporti settimanali. Quando poi si pensa alla gestione del personale, il suo controllo puntuale è esattamente quello che molti etichettavano come indebita ingerenza della politica. Vogliamo tornare alle telefonate del ministro di turno al vertice delle imprese statali per proteggere o promuovere i propri clientes? Non so se il Movimento 5 Stelle sia stato portato al potere a Roma per fare questo. Ma preoccupa comunque l’idea generale che traspare, secondo la quale la gestione del personale di un’impresa debba essere decisa dal politico in carica.

Le imprese in mano pubblica si reggono su un delicato equilibrio tra poteri di indirizzo della politica, responsabilità degli amministratori e poteri di gestione dei dirigenti. Se non si rispettano i ruoli, ci si espone alla peggior deriva. Il passato delle aziende romane (almeno gran parte di esso) non è difendibile. Ma di un ritorno agli anni Ottanta non si sentiva proprio il bisogno.

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