La vertenza Ericsson, è giunta quasi al capolinea. “Quella sconosciuta” di cui pochi parlavano, e che oggi è un po’ più al centro dell’attenzione mediatica di quando ne scrissi circa un mese fa. Per Il Fatto Quotidiano se ne occupò poco dopo anche Ferruccio Sansa con un articolo senza sconti “Ericsson: prendono soldi pubblici e poi licenziano”. Il 6 settembre è avvenuto l’ennesimo incontro al ministero del Lavoro, e lunedì 12 settembre è già in programma l’ultimo; la data purtroppo coincide anche con la scadenza di una vertenza dai mille buchi neri che, se non vedrà elementi di apertura, potrebbe dare il via ai quasi 400 licenziamenti messi a bilancio da parte della multinazionale svedese. La pagina Facebook Rsu Ericsson Genova, in un post stringato e colmo di amarezza, commenta così l’incontro del 6 settembre: “INDECENTI. Perché perdere il posto di lavoro non è un’operazione algebrica”. Si evince, prima di qualunque comunicato, che la risposta dell’azienda sia stata quindi e nuovamente di chiusura. Dopo poco mi arriva un messaggio di un delegato sindacale genovese, che mi scrive così: “Continuano a non accettare nulla. Né ammortizzatori sociali, né una serie di possibili finanziamenti dalle Regioni, né formazione al personale. Niente, Zero”.
E adesso? Che si fa? Come si può vincere contro un colosso delle dimensioni di Ericsson? Come si può pensare di avere voce in capitolo se il tuo governo tace? Ecco perché, in questi giorni, sia una parte delle istituzioni locali delle aree interessate agli esuberi, sia le organizzazioni sindacali, si rivolgono proprio a lui, Matteo Renzi. Chiamato in causa questa volta pubblicamente; chiamato in causa visti i finanziamenti pubblici elargiti in questi anni alla multinazionale; chiamato in causa visto il suo silenzio prolungato sulla questione occupazionale Ericsson; chiamato in causa perché in ballo c’è la competitività del nostro Paese nel settore strategico delle telecomunicazioni.
I sindaci di Napoli e Pisa, Luigi De Magistris e Marco Filippeschi, hanno risposto all’invito che Marco Doria, sindaco di Genova, ha rivolto ai colleghi di tutte le città interessate (Roma, Napoli, Venezia, Pisa, Assago, Moncalieri e Pagani) lo stesso 6 settembre. Peccato (eufemismo), ad esempio, non appaia il nome della sindaca Virginia Raggi tra gli altri, perché Roma è un sito pesantemente colpito da questa vertenza. Comunque la cosa importante è che qualcuno abbia risposto e stia continuando a muoversi in una direzione precisa, che è quella di chiedere conto a chi sarebbe già dovuto intervenire, di continuare a coinvolgere chi cerca di defilarsi. Perché oltre alla richiesta di ritiro dei licenziamenti, i tre sindaci sottolineano al governo che garantire la presenza di Ericsson in Italia “significa difendere un prezioso patrimonio di competenze e saperi del nostro Paese. Potranno inoltre essere valutate – conclude la nota congiunta dei sindaci di Genova, Napoli e Pisa – misure di una strategia di crescita“.
A distanza di nemmeno un giorno, anche le organizzazioni sindacali inviano una lettera, indirizzata al Presidente del Consiglio Matteo Renzi e per conoscenza al ministro del Lavoro e delle Politiche sociali Poletti e al ministro, Calenda, di quello “Sviluppo economico” che si dovrebbe tutelare, oltre ai lavoratori. Una lettera pubblica, affinché tutti sappiano che da mesi è questo che i sindacati chiedono al governo: un impegno in prima persona del capo del governo insieme ai ministeri sopra citati, per quanto riguarda i licenziamenti e l’atteggiamento che Ericsson sta da anni mettendo in campo sul nostro territorio. Insomma, la questione è di interesse nazionale, un pasticciaccio all’italiana dentro il quale ci perdono tutti tranne Ericsson. E Renzi che farà? Al momento lasciamo margine alla possibilità e alla speranza. Intanto “questi sono segnali importanti – mi dice un delegato Slc Cgil che mantengo anonimo visto il momento delicato – proprio perché pubblici. Si chiede una presa di posizione seria e chiara, incisiva, di questo governo e di Renzi; un governo privo di una vera politica industriale, dall’inaccettabile immobilismo su questa vertenza, e tenuto al guinzaglio da multinazionali che antepongono il loro profitto a discapito di professionalità, individui e famiglie”.
Nel frattempo arriva la notizia di un incontro tra il sottosegretario alla presidenza del consiglio, il sindaco di Genova Marco Doria, alcuni rappresentanti della giunta e i sindacati, in merito alla situazione genovese che interessa Ericsson, ma anche Piaggio e Ilva. Notizia interessante perché arriva dopo gli appelli di questi giorni, nella speranza che qualcosa si muova sul fronte governativo.
Il 14 settembre sarà sciopero nazionale. Io sono genovese, a Genova si scalpita, e da mesi si respira una lotta costante: 49 ore di sciopero in pochi mesi, comunicati stampa, interviste, video, incontri continui con le istituzioni locali. Sul finale quindi ci tengo a dire, con orgoglio, che anche questa volta, come la storia insegna, la lotta sembra battere in un cuore tutto genovese che si amplifica e si propaga, che cerca di contagiare, coinvolgere, urlare forte. Genova che oggi, in questi lavoratori combattivi, ritrova come in altre occasioni la sua storia di resistenza.