Le cellule staminali si confermano una sorta di jolly della medicina moderna. Una delle ultime applicazioni di queste versatili cellule, capaci di differenziarsi in molteplici tessuti del corpo, viene dai ricercatori italiani dell’Istituto Humanitas di Rozzano, alle porte di Milano. Gli studiosi italiani hanno utilizzato in particolare le staminali del tessuto adiposo contro una patologia infiammatoria cronica dell’intestino: la malattia di Crohn.
Come illustrato in uno studio pubblicato sulla prestigiosa rivista medica The Lancet, i ricercatori hanno sottoposto al trattamento, tra il 2012 e 2015, poco più di 200 malati di Crohn in 49 ospedali di Europa, Canada, USA e Israele. L’uso delle staminali, secondo quanto dimostrato dai ricercatori dell’Humanitas, a 24 settimane dall’iniezione di staminali ha portato nel 50% dei pazienti alla completa cicatrizzazione delle fistole causate dall’infiammazione del tessuto di rivestimento della parete dell’intestino. Si tratta di una delle principali conseguenze della malattia, di formazioni che nel 70-80% dei casi non rispondono ai tradizionali trattamenti farmacologici e chirurgici.
“Le cellule mesenchimali da tessuto adiposo rappresentano una valida ed efficace opzione terapeutica rispetto alla chirurgia, ai trattamenti con immunosoppressori sistemici, agli antibiotici o agli inibitori del fattore di necrosi tumorale”, sottolinea Silvio Danese, responsabile del Centro per le malattie infiammatorie croniche intestinali di Humanitas, tra i curatori della ricerca.
La malattia di Crohn è una patologia autoimmune, in cui il sistema immunitario aggredisce l’apparato gastrointestinale, provocando l’infiammazione. Colpisce prevalentemente giovani adulti tra i 20 e i 25 anni, con una quasi totale prevalenza nei paesi occidentali. “L’uso delle cellule mesenchimali da tessuto adiposo, già da molti anni oggetto di interesse da parte dei ricercatori, sembra promettente – aggiunge Danese -. Queste cellule, oltre alla loro capacità di generare nuove linee cellulari di grasso, osso e cartilagine, rilasciano, infatti, intorno a loro sostanze che – conclude lo scienziato -sembrano capaci di modulare l’attività del sistema immunitario, e quindi dell’infiammazione stessa”.