All’interno del festival Animo Parma atto primo, in scena nella cittadina emiliana, da venerdì 9 settembre a domenica 11 presso Workout Pasubio (in collaborazione con Comune di Parma, Fare Bisfare e Creative Events), avrò il piacere di incontrare, insieme a Fabio Guenza, Paola Maugeri. Paola nasce come giornalista televisiva e speaker radiofonico ma nel tempo ha abbracciato strade parallele in grado di “arricchirla e arricchirci” sotto diversi aspetti. L’alimentazione consapevole e “la sostenibilità della musica rock” saranno i temi affrontati durante l’incontro. Ma sentite cosa ha detto in anteprima per Il Fatto.
Confesso che sono entrato nel tuo sito per la prima volta tre giorni fa. Mi sono detto: da dove potrei cominciare per intervistare Paola Maugeri? Forse dallo spot posto nella Home: “Rock Me Vegan” in fondo ti riassume perfettamente…
Uno slogan che mi rappresenta appieno. Parliamo di due passioni che si sono alimentate a vicenda negli ultimi vent’anni.
Musica e alimentazione consapevole, lo definirei un ottimo connubio!
In tutti questi anni ho provato a scompaginare lo status quo di ciò che mi gravita intorno, cercando di vedere cose e situazioni da un altro punto di vista.
Vien da pensare che il tuo nuovo programma radiofonico “Paola is Virgin”, in onda su Virgin Rock, derivi da quanto stai dicendo…
Hai detto bene, la linea che definisce il programma è questa, ovvero un modo “vergine” di vedere le cose, oppure, se preferisci, un modo altro di raccontare, il che ci riporta a ciò che in fondo facevano i grandi rocker del passato, scompaginando certezze proprie e degli altri, proponendo un nuovo punto di vista.
Vegani e veganismo. Se affermo che le due cose paradossalmente non siano allineate dico bene?
Sì, sono d’accordo. Potrebbero assolutamente stridere, occorre però tenere conto che il veganismo è anche uno stile di vita; se abbracciato soprattutto da persone – in qualche modo in formazione – possono essere generate pieghe diverse.
Spiegati meglio.
Intanto faccio una premessa. Tutti noi siamo individui in formazione, in divenire; nessuno è delineato e definitivo e ciò comporta che i percorsi portati avanti da ognuno di noi si compiano in maniera diversa. Nel caso, portando anche a vari estremismi o rigidità.
Questo però fa parte della vita in generale, non soltanto collegabile a questo tipo di situazioni, dico bene?
Assolutamente! Si possono fare dei distinguo su tutte le cose. Anche sul Milan e i milanisti, questi ultimi mica sono tutti uguali (risata generale).
Non credi che parte della comunicazione intorno a tale filosofia di vita sia da rivedere?
Ma perché è una cosa troppo recente per l’Italia. Esistono moltissimi errori di comunicazione, ne vedo e ne sento di tutti i colori. Essendo vegetariana da quando avevo dodici anni e avendo abbracciato il veganismo da diciotto, capisci bene che ho un altro punto di vista.
Parliamo di rock. Dov’è finito? Esiste ancora?
Prima che tu mi chiamassi, pensavo ai testi della diretta di domani e mi chiedevo: ma questo rock, lo abbiamo ascoltato veramente? O forse dobbiamo imparare ad ascoltarlo in un altro modo?
Ok, riformulo la domanda: non credi che allo stato attuale delle cose, la musica sia prevalentemente collegata al business?
Il rock esiste eccome, il problema è come lo fanno esistere. Quando ero giovane, vivevo i miei concerti nei localini di Milano… Quegli spazi li hanno chiusi tutti ma erano fondamentali per formare la cultura musicale.
Diciamolo, è cambiata la fruizione della musica.
Io potevo andare ad un concerto dei Meat Puppets oppure scoprire i primi Nirvana o uno sconosciuto Jeff Buckley; nomi, nel tempo, in grado di diventare musicisti fondamentali per l’immaginario di ognuno di noi. Ma non li ho visti allo stadio a centocinquanta euro bensì a dieci nei locali di cui ti parlavo. È questo a esser cambiato.
Sarà banale ma la questione è prettamente italica, all’estero viene vissuta in altro modo.
Ma è ovvio! In Inghilterra e in Germania mica ti intervistano perché affermi di essere vegana. Sono dati di fatto. L’Italia per molti versi è retrograda, lo è ovviamente anche da un punto di vista musicale.
Ti viene in mente una band oppure un artista attuale che meriterebbe in futuro di essere ricordata al pari dei grandi nomi?
Mi viene in mente Cat Power. Se penso a come ho dovuto presentarla oggi in radio, ti confesso che mi viene un po’ male al cuore. Parliamo di un’artista con le contro palle. E noi, stiamo qui ancora a definirla “alternative” soltanto perché ha scelto altre strade.
Concordo con te ma solamente in parte. Hai ragione quando dici che non esistono più locali e che oramai il rock è vissuto attraverso i grandi eventi ma non credi che tale crisi sia dovuta anche alla mancanza di proposte musicali in linea con un passato che – a conti fatti – risulta essere ingombrante?
Nelle nove canzoni che mi hai chiesto ho messo un pezzo degli Athlete, gruppo se vogliamo minore ma che ha fatto cose deliziose. Sono tanti i gruppi di talento ma per questa logica dei grandi eventi fanno indubbiamente fatica ad emergere.
Andiamo oltre. Hai intervistato più di mille artisti. Riusciresti a citarne uno soltanto per eleggerlo a ricordo indelebile?
Ma forse l’unico che non sono riuscita a intervistare perché mi sono messa a piangere al suo cospetto è Lou Reed. Mi sono emozionata e per la prima volta nella mia vita ho fatto la fan. Alla fine sai che abbiamo fatto?
Sono tutto orecchi…
Ci siamo bevuti un aperitivo; quel giorno era presente anche Laurie Anderson, la quale mi ha dato cinque lezioni di vita; insegnamenti che ancora oggi mi porto dietro. Fondamentalmente l’intervista non l’ho portata al termine ma ho compiuto qualcosa di molto importante e intimo per la mia vita.
Chi invece ti ha deluso o quantomeno ti ha lasciato con l’amaro in bocca?
Forse i Blur. Li ho intervistati tre volte, continuavano a rispondere soltanto con Yes/No. Oramai era quasi diventato un gioco tra di noi; a dire il vero un po’ insopportabile. In prima istanza, mi viene in mente anche Bob Geldof ma poi l’ho riscoperto anni dopo per un’intervista a Mtv.
È l’anno della morte di David Bowie che cosa ti senti di aggiungere a quanto già detto?
Ho avuto la fortuna di conoscere migliaia di artisti e, ora come ora, anziché del personaggio, cerco la persona. Credo che Bowie abbia fatto un sacco di belle cose per tanta gente, umanamente parlando. Sono tante le belle testimonianze che lo riguardano: da Iggy Pop a Tina Turner, giusto per citarne due (non) a caso.
Se è vero che identità e passione in ambito musicale arrivano a definire una persona, sapresti dirmi quale epoca ti ha maggiormente formato?
Se guardi le mie nove, potrai notare che prevalentemente attraversano la fine degli anni 60 e gli inizi del decennio successivo. Sebbene poi, quello spirito lo abbia ritrovato anche in altre epoche; penso a band minori, come Low, Spain, Dirty Three…
Leggendo questi nomi mi viene da dire che la lentezza non sia un optional…
Amo quell’atteggiamento riconducibile alla lentezza; se ci pensi è un attitudine derivativa, in parte, proprio dagli anni cui facevo riferimento.
Cara Paola, proveremo a sviluppare ulteriormente questi concetti a “Radio Workout”, venerdì 9 settembre a Parma. Dove tra le altre cose potremo ascoltare e commentare le tue “nove canzoni nove”.
Con piacere. Ci vediamo venerdì. Un abbraccio.
9 canzoni 9 … di Paola Maugeri
Lato A
Pale Blue Eyes • Velvet Underground
Wouldn’t It Be Nice • The Beach Boys
Terrapin • Syd Barrett
Chances • Athlete
Lato B
Another Brick in the Wall • Pink Floyd
Lilac Wine • Jeff Buckley
Julia • The Beatles
People Have the Power • Patti Smith
E Lucevan le Stelle • Mina