L’altra sera, in quel di Nettuno, la prestazione oratoria di Beppe Grillo non ha esibito il meglio delle sue doti tribunizie, riproponendo un repertorio di maniera usurato dalla ripetitività (“i ragazzi meravigliosi”, “soli contro tutti”, che comunque stanno spalando via “la superfetazione della merda cosmica”) che rivela l’assenza di una chiave di rappresentazione degli accadimenti che ne ribalti l’evidenza disastrosa per il futuro del Movimento e rettifichi la certificazione di inadeguatezza del gruppo dirigente messo in campo.
A disonore dei seguaci più adoranti, ancora una volta si è notato come il guru abbia bisogno di chi gli fornisca in anticipo una linea purchessia e gli scriva le battute con cui puntellare la performance (dal tempo in cui le sfilava al collega comico Orlando Portento, che abitava nel suo stesso quartiere genovese di piazza Martinez). Difatti sempre di più anche all’interno del Movimento si sottolinea il vuoto lasciato da GianRoberto Casaleggio, nonostante che (o grazie al fatto che) l’ideologo consulenzialese contribuisse all’iper semplificazionismo della visione pentastellata; quella che il massmediologo Fabio Chiusi ha definito “visione antiquata del futuro” (l’idea ingenua di sostituire i partiti con una piattaforma informatica su cui far esercitare la politica a non professionisti). D’altro canto anche i contributi comiziali dei giovani talenti di casa non hanno propriamente brillato. Luigi Di Maio, probabilmente ancora sotto choc, non si è reso conto che la sua argomentazione giustificativa della sospensione del giudizio sul caso Muraro – presunta denuncia da parte di esponenti del Pd – interfacciava perfettamente con la vicenda del sindaco Pizzarotti, indagato per una denuncia da parte di esponenti del Pd. Solo che a Parma si è tenuto un comportamento esattamente contrario a quello di Roma.
Ma neppure il migliore affabulatore della nidiata – Alessandro Di Battista – è parso al meglio, visto che la sua argomentazione (“parlate un po’ anche di quello che fanno i nostri avversari”) è sembrata una variazione della filastrocca infantile “chi lo dice lo è/ cento volte più di me”. Per inciso, chi come il sottoscritto ha dato fiducia ai 5S, seppure con riserva, di quello che fanno i soliti altri non gliene può fregare di meno…
Insomma, l’imbarazzo perdurante dei supremi portavoce lascia pensare che ancora una volta non si voglia far venire a galla la verità. E cioè che la sindaco Virginia Raggi “li tiene tutti per i gingilli”, accertato che questi giovanotti e il loro attempato controller non si possono permettere un altro caso Parma all’ennesima potenza all’ombra del Cupolone. E la fanciulla dagli occhi di cerbiatto, dietro i quali si nascondono testardaggine e pervicacia, ci marcia alla grande. Col cavolo che si libera dei due imbarazzanti assessori (quella che faceva il miliardone certificando le aziende che ora si vorrebbero raddrizzare, quello – Raffaele De Dominicis – selezionato da studi legali d’area previtiana e cantore di un politico non troppo in linea con il credo pentastellato quale Andreotti)! Visto che rappresentano il milieu d’appartenenza e l’habitat in cui si muove meglio. E se ora è costretta a rinunciare sul nascere alla new entry De Dominicis, non lo fa in obbedienza a diktat di direttori o dello stesso Grillo, ma solo perché sgarrettata dalla Procura romana.
Ma questo risultato complessivo – dopo i furbetti di quartierino e partitino, ora pure del movimentino – è anche la naturale conseguenza dei criteri con cui si è fatta campagna acquisti da parte dei selezionatori del Movimento. Alla faccia del “oltre la destra e la sinistra”, espressione di un ceto medio destrorso, tutto sommato poco propenso alle dinamiche inclusive di stampo progressista e molto in linea con il nuovo destrismo fin de siècle, che virava le parole d’ordine di emancipazione sociale degli anni Sessanta verso l’individualismo di stampo americano dell’affermazione personale. Con i rampantismi e le furberie conseguenti. Un modellino in cui molti dei personaggi del recente teatrino romano potrebbero riconoscersi.
Forse si salva il più genuino Di Battista, mentre resta fuori dal coro ininterrotto di stecche la sindaca sabauda.