Prima di partire per Bivongi – il Borgo della longevità di cui vi ho parlato nel primo post dedicato al mio viaggio nella Calabria nascosta – mi viene mostrato un luogo di cui ignoravo l’esistenza. La Villa romana di Casignana venne scoperta nel 1963 durante i lavori per costruire un acquedotto in prossimità della strada statale 106. Da allora, gli scavi hanno riportato alla luce i resti di quella che doveva essere una sfarzosa residenza di campagna dotata di un complesso termale privato. Mentre passeggio sulle pensiline, a due passi da un tratto brullo di costa ionica, mi sembra di vederli i ricchi frequentatori della villa, mentre parlano di intrighi e di affari trastullandosi nel calidarium con i pavimenti mosaicati, riscaldato dai fumi caldi provenienti dai forni alimentati dagli schiavi.
Oggi questo sito archeologico, conosciuto perlopiù grazie al passaparola, potrebbe diventare la Piazza Armerina della Calabria, se si andasse avanti a scavare. Ma i lavori sono fermi da quattro anni, in attesa della nuova trance di un finanziamento europeo chiesto e ottenuto dalla Regione Calabria. Nell’immediato, solo una collaborazione con le università o un investimento da parte di investitori privati possono sbloccare la situazione. Intanto i curricula di decine di giovani archeologi disposti a lavorare gratis sul sito si accumulano sulla scrivania dell’Ingegnere Antonio Crinò, che di questo luogo è custode e appassionato divulgatore.
Ultima tappa è Mammola, comune di tremila anime in provincia di Reggio Calabria famoso per lo stocco, il merluzzo artico norvegese essiccato che viene importato per essere messo in ammollo, lavorato e venduto. I mammolesi cominciarono ad acquistare le prime balle di pesce all’inizio del 1800, trasportandole sulle strade mulattiere del tempo. Già da allora si era capito che la sapiente lavorazione artigianale, che oggi dura otto giorni, e l’acqua ricca di calcio, ferro e magnesio che sgorga dalle montagne calabresi erano in grado di trasformare il merluzzo essiccato in una pietanza polposa e saporita. Fu così che si celebrò per la prima volta il matrimonio tra Mammola e lo stocco, unione che dura ancora oggi e che rende questo paesello arroccato sulle pendici dell’Aspromonte una tappa consigliata per gli amanti del pesce.
Una macchina mi accompagna all’aeroporto di Lamezia Terme. Durante il tragitto ripenso a tutto ciò che ho visto e alle persone, imprenditori e tour operator, con cui ho parlato durante questo viaggio. Ognuno di loro è consapevole di come la Calabria abbia dei tesori turistici che riesce a comunicare solo in minima parte. Secondo Giuseppe Nucera, tour operator e membro di Confindustria Reggio Calabria, “la Regione ha investito 3 milioni di euro per l’Expo, ma allo stand sono venuti un pugno di buyer e pochi visitatori, quasi tutti calabresi. Male anche la Bit (la Borsa Internazionale del Turismo che riunisce ogni anno gli operatori del settore, ndr), che funziona sempre meno”.
Ezio Pizzi, Presidente del Consorzio del Bergamotto, ha posto l’accento sulla scarsa vocazione imprenditoriale: “Alla Regione manca una vera legge sullo sviluppo del turismo. In Calabria non abbiamo catene alberghiere multinazionali e, in generale, l’iniziativa privata è carente. Le strutture lavorano da 15 a 50 giorni nel periodo estivo, troppo poco: bisogna destagionalizzare, in inverno dobbiamo portare qui gli stranieri per farli svernare, e in estate non ci può essere solo il mare”.
Mettere a fuoco una propria identità turistica non è impresa facile per una terra che per troppi anni è stata tagliata fuori dall’elenco delle tratte più note e consigliate da Roma in giù. Per riuscirci servono investimenti, strategie di medio-lungo termine e maggiore collaborazione tra imprenditori, addetti ai lavori e amministratori. Il paragone con il Salento è arduo ma solo confrontandosi con chi la lezione dell’accoglienza l’ha imparata si può aspirare a costruire un modello vincente di marketing turistico.
La Calabria deve partire da quello che ha: non può vantare chilometri di spiagge di sabbia vellutata e baie paradisiache? Si investa su un target turistico che apprezza le coste selvagge e le escursioni. Non ci sono antiche masserie da ristrutturare o un marchio vinicolo trainante? Si punti sui b&b, sugli alberghi a conduzione familiare e ancora di più sul bergamotto a uso alimentare. Poiché collegare le diverse località turistiche è un problema (lo è in Puglia, figuriamoci in Calabria, dove sono stati costruiti tre aeroporti – Reggio, Lamezia Terme e Crotone – per far sì che molte zone siano raggiungibili dagli stessi calabresi), si diano incentivi agli organizzatori di voli charter e alle società che effettuano trasporti low-cost in autobus. Località come Gallicianò e Bivongi e la Locride stessa, con le sue vallate imponenti e incontaminate, possono essere il fiore all’occhiello di una strategia che punta a valorizzare un territorio per molti versi ancora “grezzo”, che è in grado all’occorrenza di aprirsi e svelare i suoi segreti.
Occorre però, più in generale, ampliare il target di turisti in arrivo. È pronta la Calabria, a esempio, a creare e promuovere una propria località gayfriendly estiva di forte richiamo come Nardò o Gallipoli?
Questa estate il turismo in Italia è cresciuto del 10%, sia perché gli italiani hanno meno soldi per viaggiare e stanno riscoprendo il loro Paese, sia per la paura di attacchi terroristici all’estero che ha decimato le presenze in località come Sharm-el-Sheikh. È il momento migliore per crederci, cari calabresi. Cosa ne pensate?
Calabria nascosta, dove mangiare e pernottare – Indirizzario
Antico Casale, Bivongi. Un’antica abitazione nel centro storico di Bivongi, completamente ristrutturata. Ideale per pernottare in città e per assaggiare la cucina povera calabrese.
La Taverna del Borgo, Mammola. Per assaggiare lo stocco in tutte le sue ricette.
Agriturismo “Il Bergamotto”, Frazione Amendolea, Condofuri. Stanze spartane ma ottima accoglienza e possibilità di visitare le piantagioni di bergamotto.