C’è un aspetto che colpisce nella crisi aperta nel Comune di Roma dalle dimissioni a raffica di assessori. Un aspetto che rivela un tratto particolare del Movimento 5 Stelle. Un tratto non nuovo, per la verità, giacché di esso il Movimento pare avere fatto una bandiera.
Narrano le cronache che la prima cittadina di Roma Virginia Raggi sia rientrata nel suo ufficio dopo una gita “sul lago di Bracciano” per “esaminare ancora una decina di curriculum, tanti, filtra dal Comune, quelli rimasti sul suo tavolo per trovare il sostituto di Marcello Minenna, dirigente Consob, arrivato in giunta a luglio” come assessore per occuparsi della delicata questione del bilancio.
Addirittura, nelle ultime ore, sarebbe “in corso una sorta di ‘pesca a strascico’, via sms, mail e telefonate che partono dal Campidoglio verso amici a 5stelle per trovare l’uomo o la donna disposto ad affrontare la complicata sfida di mettere in ordine i conti di Roma”.
All’attenzione della sindaca una “lista dei dieci”, più che altro una “lista dei desiderata”: nomi, a partire dall’ex ragioniere generale dello Stato Mario Canzio, da Francesca Balzani; Daniela Morgante; Lucrezia Reichlin e, ancora, Antonio Carmine Lacetra, Alessandro Pantoni, Saverio Canepa, Massimo Zaccardelli, Nino Galloni e, persino, il magistrato contabile Salvatore Tutino.
Cosa rivela questa prassi? Una verità indiscussa e singolare. E anche piuttosto avvilente, per la verità. La tendenza dei 5 Stelle ad abdicare ad un principio fondamentale e ad una prerogativa della politica, soprattutto quelle più innovativa: assumersi direttamente il compito di governare chiamando al massimo i tecnici ad un ruolo di consulenza.
Sul perchè questo succede si potrebbero tirare in ballo varie motivazioni. La più gettonata, nel clima di generale sfiducia verso la classe politica, potrebbe essere quella che così il Movimento vuole assicurare ai cittadini il massimo della imparzialità e della competenza nell’esercizio della Cosa pubblica. Oppure che la nuova prassi pentastellata sia solo frutto della scarsa esperienza e adeguatezza dei suoi esponenti, impreparati ad affrontare compiti per loro troppo gravosi.
Comunque sia un fatto è certo. Quando si chiedono voti per governare e questi voti si ottengono, occorre governare per davvero. E non per delega. Un tecnico resta sempre tale. Può essere al massimo un supporto. Fondamentale resta sempre l’identità e la coscienza politica. E di queste sono portatori solo i militanti e gli eletti del Movimento 5 Stelle. Che, a questo punto e per evitare altre crisi come quella scatenata dalla fuga dell’ex assessore Minenna (che nessuno aveva mai eletto, ricordiamolo), bene farebbero a metterci la faccia. La loro. Sempre e comunque.