13) Marroquin si dedica poi al ricordo della nonna paterna. “Fu lei a tradire mio padre, alleandosi col suo figlio maggiore Roberto. Insieme negoziarono con Los Pepes e collaborarono così attivamente con le istituzioni che ciò le permise poi di continuare a vivere tranquillamente in Colombia”, a differenza dei familiari rimasti fedeli a don Pablo, costretti invece all’esilio.
14) Marroquin propone poi una dettagliata ricostruzione delle ultime ore di vita di suo padre. E spiega che in realtà – a differenza di quanto mostrato in Narcos 2 – fu proprio Escobar a volersi lasciar rintracciare da chi gli dava la caccia, restando al telefono ben oltre il necessario, contrariamente a quanto fosse solito fare. Marroquin ribadisce anche la sua tesi più controversa: “Mio padre si suicidò, come ho detto dozzine di volte. Ecco perché non mi sorprende che il colpo che gli tolse la vita veniva dalla sua stessa pistola, che proprio lui impegnava. Non fu la polizia”.
15) “Dopo la morte di mio padre, mia madre fu convocata in un summit indetto dal Cartello di Calì in quella stessa città, al quale prese parte più di 40 boss mafiosi della Colombia dell’epoca. La persona che le salvò la vita fu Miguel Rodriguez, e non Gilberto. Fu in quella stessa occasione che ci spogliarono di tutte le ricchezze che avevamo ereditato, e se le spartirono tra loro come fosse un bottino di guerra”.
Questa, in sostanza, la versione di Sebastian Marroquin. Che non rinuncia – avranno notato i più maliziosi – ad affiancare allo allo scrupolo di veridicità storiografica, un minimo di auto-promozione. Invitando, nello stesso post, tutti quanti fossero “seriamente interessati a conoscere la verità reale” su Pablo Escobar, a leggere un libro. Scritto, appunto, dallo stesso Marroquin. Come trovarlo? Nessun problema. Nel lungo post pubblicato su Facebbook, è possibile trovare anche il link per ordinarlo online su Amazon.