Reazione a catena. Puntata di sabato 10 settembre. Siamo all’ultima prova, il montepremi è di poco più di 8.000 euro. C’è da indovinare una parola che inizia per CO e finisce per O. Il primo vocabolo guida è SISTEMA. Ci era venuto di dire COMPLESSO, ma il secondo vocabolo guida è PARCO. Un “parco complesso”? E che accidenti sarebbe? Il “complesso di un parco”, per dire di tutto ciò che vi è contenuto? Oppure il “complesso del parco”? Magari la sindrome esiste, è stata codificata e non lo sappiamo. Digitiamo COMPLESSO DEL PARCO, facendolo precedere e seguire dalle virgolette alte per rendere mirata la ricerca. Non esce nulla di significativo o di interessante. Magari, più che un complesso, s’intende suggerire una nevrosi, un disturbo della personalità. L’ha detto Freud, d’altronde: alla base dei comportamenti nevrotici dell’età adulta c’è quel che è sopravvissuto – nell’inconscio – del complesso di Edipo. Nevrosi: ossessioni, angosce, paranoie… fobie.
Ecco. Potrebbe trattarsi proprio di fobie. Siamo curiosi, non resistiamo. Proviamo a cercarne un po’ in rete, a partire da quelle repertoriate nei siti specializzati come http://www.fobie.org. Sono un’infinità: acluofobia, o nictofobia (paura del buio); aerofobia (paura di volare); agorafobia (paura degli spazi aperti); amaxofobia (paura di guidare un’auto o un motociclo); aracnofobia (paura dei ragni); belenofobia, o tripanofobia (di aghi, spilli, iniezioni…); bromidosifobia (dei cattivi odori); ceraunofobia (dei tuoni e dei fulmini); chiraptofobia (di essere toccati); cinofobia (paura dei cani); claustrofobia (degli spazi chiusi); coprofobia (delle feci); dendrofobia (degli alberi); emetofobia (di vomitare); emofobia (del sangue); entomofobia (degli insetti); eremofobia (di stare da soli); ergofobia, o ergasiofobia (del lavoro da svolgere); ginefobia, o ginecofobia (delle donne); glossofobia (di parlare in pubblico); helminthofobia (dei vermi); kakorrhaphiofobia (di perdere o fallire); iatrofobia (dei medici); idrofobia (dell’acqua); laliofobia, o lalofobia) (di parlare); misofobia (dei germi); musofobia, o murofobia (dei topi); nomofobia (di rimanere sconnessi); nosocomefobia (degli ospedali); ofidiofobia (dei serpenti); pediofobia (delle bambole); pharmacofobia (dei farmaci); phasmofobia (dei fantasmi); pnigofobia (di soffocare o di strozzarsi); pocrescofobia, o obesofobia (di ingrassare), rupofobia (dello sporco); sessofobia, o heterofobia (di relazionarsi con il sesso opposto); siderodromofobia (di viaggiare in treno); spettrofobia, o eisoptrofobia (degli specchi e della nostra immagine specchiata); tacofobia (della velocità); tafofobia (di rimanere sepolti vivi); tecnofobia (della tecnica); urofobia (dell’urina); venustrafobia, o caliginefobia (delle belle donne); zoofobia (degli animali)… Niente. Ci sarebbe l’hylofobia, la paura dei boschi, ma parchi e boschi non si assomigliano molto.
Forse allora PARCO è aggettivo? Ne ripassiamo mentalmente un po’ di sinonimi: frugale, misurato, regolato, moderato, sobrio… Ci viene CONTENUTO. Ma cosa mai sarebbe un sistema CONTENUTO? Boh. Eureka! CONTROLLATO. L’espressione sistema controllato è in uso nella scienza dei sistemi di controllo, e di una persona parca si può ben dire che si contiene, che sa controllarsi. I concorrenti optano per COMPOSTO. Peccato. Aspettiamo la scontata conferma alla nostra ipotesi. Non arriva: la soluzione è COMPLESSO.
Torniamo così a bomba. È sempre il “parco complesso” che non sappiamo cosa sia, oppure quel “complesso del parco” che non abbiamo trovato? Niente di tutto questo. Il PARCO è un PARCO AUTO, e il legame con COMPLESSO consiste nel fatto – Amadeus prova a spiegarlo, ma non gli riesce molto bene – che un autoparco è un insieme di autoveicoli. Come spiegato in questa definizione, tratta da un dizionario on line dell’Istituto della Enciclopedia Italiana (http://www.treccani.it/vocabolario/autoparco):
Consigliamo agli autori di Reazione a catena, qualora decidessero di ripescare AUTOPARCO, di agganciarlo a LUOGO. A voler rendere la prova un tantino più difficile – fa fede la definizione del vocabolario dell’autorevole Treccani – potrebbero però optare per DOVE. Oppure per DEGLI, o per UN, o per IL. Ma ci sarebbe una soluzione più semplice. Non per loro, per la Rai: cambiarli. Troppe volte la “catena” del programma, al rush finale, ha sfidato la logica. Spiazzando perfino chi è del mestiere.