La tecnica che ho sempre usato nella mia passione giovanile, la pesca subacquea in apnea, si chiama “l’aspetto”, o anche “la posta” in termini sudisti, mutuato da appostamento. Prevedeva: immersione in profondità, con muta e cintura dei pesi, aggancio ad uno scoglio con una mano mentre con l’altra puntavo il fucile (un vecchio arbalete greco), e poi, rimanevo immobile ed adagiat0 sul fondo senza fare alcun movimento. Il pesce generalmente faceva un primo passaggio fermandosi a guardare a distanza, poi andava via e ritornava più vicino e ti si parava davanti piatto con l’occhio laterale che ti guardava, argenteo e grande come una padella. L’aspetto è faticoso, a volte noioso, perché viene roba piccola ed alcune volte nessuno. Ma ogni tanto e soprattutto se il punto è giusto ti arriva la preda che ripaga i tuoi sacrifici. La caccia subacquea è una passione, che peraltro rappresenta un modo leale di interagire col pesce. Con le bombole si è sleali perché le bollicine incuriosiscono con l’inganno e hai tutto il tempo di imbrogliare il pesce restando sotto senza risalire a prendere aria. “L’aspetto” in apnea è più corretto.
Quando ho cominciato a fare il giornalista, la mia esperienza di pescatore mi è servita molto. I fatti sono come i pesci, arrivano, li vedi, ma poi devi avvicinarti per catturarli. Devi avere la pazienza di andare a prenderli sotto, con i mezzi che hai (vecchi arnesi taccuino e penna). “L’aspetto” è la parte fondamentale nel mestiere, altrimenti molte cose possono sfuggirti. Lo stare appollaiati vicino le case dei personaggi è fondamentale per i bravi giornalisti. Potrebbe arrivare qualcuno per un incontro, insomma, serve a capire i fatti. Se il fatto che una mamma sindaco accompagna il figlio il primo giorno di scuola sia una notizia che interessa ai lettori, lo decideranno i giornalisti, tenendo conto degli aspetti deontologici che impongono rispetto per i congiunti. Ma sull’essenzialità del fatto, ci sono pochi dubbi.
Se le pizze ordinate in Campidoglio interessassero i lettori? Ricordate il gelato mangiato da Pisanu a casa di Berlusconi la sera dello spoglio del 2006? I giornalisti appollaiati, lo raccontarono, dando un senso al clima di quei giorni. Era un fatto, apparentemente insignificante, ma che lasciava trasparire molto. Insomma il giornalismo appollaiato è una costante. Gli stessi militanti del M5S hanno da tempo praticato queste tecniche alla politica, pur non essendo giornalisti e rischiando di ricadere in pesanti violazioni della privacy. Il citizen journalism è una nuova frontiera auspicata spesso. Per questo, sentir dire al sindaco di Roma che i giornalisti “fanno pena” davvero non è bella cosa. Mi aspettavo da lei che li invitasse tutti dentro casa a prendere il caffè, visto che erano in piedi fuori dal portone già da parecchio. Così, faceva spesso il sindaco di Zurigo o la Sindaca di Città del Capo, premiati più volte nei major come migliori sindaci dell’anno. Anche perché quei ragazzi non fanno una bella vita, visto il precariato che circola in questo ambiente. Sicuramente si nutrono con barrette comprate in un chiosco all’ultimo minuto e sono sotto stress da sempre.
Mi creda anche a noi giornalisti i politici talvolta “fanno pena”, ma rispettiamo la scelta che hanno fatto di fare quel mestiere. A volte, proprio perché li inseguiamo, li vediamo entrare ed uscire, spostarsi, insomma osserviamo che vita fanno, ci fanno pena… Quando davanti ai nostri microfoni si arrampicano sugli specchi, o dicono per non dire nulla, rispondono con slogan, sempre con le stesse parole, guardano la lucetta rossa come gli ha insegnato lo spin, cercano battute, inseguono un titolo a tutti i costi, parlano senza sapere di cosa stanno parlando ed alla terza domanda soccombono, “scusate ma ho una riunione”… che pena… a volte. E quando sgattaiolano con ritrovati semantici per non rispondere o con frasi fatte rubate a Google eludono domande semplici come il sole. Che pena! E quando corrono, scappano goffi per sfuggire al microfono del giovane cronista, che non molla, perché i suoi lettori vogliono i fatti, le risposte! Che pena ci fanno i politici, a noi che ogni giorno sentiamo cosa pensa di loro la gente. Ma non lo diciamo. Facciamo parlare i fatti. Noi dobbiamo liberare i fatti dalle gabbie in cui un sistema malato e corrotto li rinchiude e servirli alla brace ai nostri lettori come fossero gustosi saraghi catturati con l’arbalete. Cotti ad arte e con cura, perché ai nostri lettori ci teniamo, sono i nostri supremi ed unici padroni.
Aggiungo, essendone certo che a Beppe Grillo, grande appassionato di pesca in apnea, i saraghi alla brace sono sempre piaciuti, e deve aver visto, con fastidio, che in questi giorni branchi di saragoni targati Mps, sono sfuggiti agli arbalete distratti di molti valenti pescatori di grandi corazzate. Ma questa è un’altra storia!