“Il titolo completo è Indieland, il parcogiochi dell’indipendenza – prosegue Mercurio – e il concetto di parcogiochi rimanda al divertimento e all’aspetto ludico che vogliamo dare alla trasmissione che in appena un’ora settimanale mette insieme l’ascolto di alcuni brani proposti dai nostri ospiti e la partecipazione di artisti, emergenti o non, della scena indipendente, che invitiamo a suonare dal vivo con un mini set acustico in diretta radiofonica. Ad aiutarci in questa ‘caccia al tesoro’ chiamiamo di volta in volta ‘buoni maestri’, giornalisti del settore, voci storiche della radiofonia italiana, produttori, editori. Senza l’arroganza o la saccenza di chi pensa o crede di sapere le cose, noi con IndieLand puntiamo a portare il pubblico della radio all’interno di uno spazio sonoro dove si ascoltano, magari per la prima volta, cose belle, artisti, brani e dischi che nessuno (o quasi) vi farà mai ascoltare in una radio”.
Simone, innanzitutto facciamo chiarezza: qual è la differenza tra musica Indie e Mainstream?
I due termini nascono per definire giornalisticamente le origini discografiche di un artista. Oggi secondo me definiscono più un approccio al fare musica ma, in un’estate in cui artisti definibili indie come Calcutta e i Cani vengono inseriti nell’heavy rotation di Radio Deejay e fanno sold out nei loro concerti, si capisce che il confine che cerchiamo di dare noi addetti ai lavori è sempre più labile. C’è bella musica e brutta musica, e il “come” batte sempre più spesso il “perché”. Certo, per un Calcutta che “sfonda” e diventa fenomeno, ci sono migliaia di artisti che restano ai margini. Paradossalmente per me anche colossi come i Beatles, David Bowie o Springsteen possono essere indie perché nella loro carriera hanno fatto quello che volevano e hanno inventato un genere, dei suoni, delle tendenze, hanno fatto musica in quanto arte senza rispondere esclusivamente a mode o esigenze commerciali.
Ma indie o, meglio,“alternative” è anche quell’immenso mondo parallelo al mainstream, musica anche di qualità che non ha spazio nei canali ufficiali, non si vede in tv, non figura nelle top ten, non passa in radio ma che spesso è migliore di quella mainstream.
Nelle radio commerciali girano sempre le solite 50/60 canzoni ogni giorno, e mi sono tenuto largo, sempre le stesse proposte rivolte a un pubblico diseducato all’ascolto di musica nuova e diversa, disattento e pigro, che vive la musica live, per esempio, soltanto come l’evento al quale non puoi mancare, senza dare il giusto rispetto alla musica. Lo scriveva su Facebook qualche giorno fa Antonio Gramentieri, chitarrista e leader oggi di una band straordinaria e “fondamentale” per capire dove va la nuova musica italiana come i Sacri Cuori, realtà quasi sconosciuta al grande pubblico. Scrive Gramentieri che in Italia nei live funzionano gli eroi locali, fatti in casa, giovanili e/o giovanilisti o i dinosauri del rock, a esclusivo consumo di un pubblico borghese che ha soldi. Funzionano gli eventi sociali, i fenomeni, non la musica. La musica è importante e non sempre è evento anzi, spesso l’evento “mangia” la musica. Nei locali, nei nostri pub la musica è mero sottofondo mentre si beve e chiacchiera, e in più deve essere gratis. Non si ascolta la musica, non c’è rispetto ed educazione all’ascolto da parte del pubblico, soprattutto di quella fatta da ragazzi che magari si sforzano di fare cose proprie, e non le cover che possono essere una parentesi forse, nella vita di un artista, altrimenti diventa mero karaoke.
Con la tua IndieLand offri un palcoscenico perfetto…
L’idea di fare un programma di questo tipo nasce nel 2012 assieme all’amico giornalista Alessio Belli. All’epoca collaboravamo entrambi, in maniera più assidua rispetto a oggi, con la storica rivista Il Mucchio Selvaggio. Pensavamo di fare una trasmissione radiofonica che, con il ritmo da network “alla Radio Deejay” passasse però quella musica alternativa “da Mucchio” che a noi piaceva tanto, proponendola in radio e raccontandola. I primi esperimenti videro la luce su una web radio, in seguito, IndieLand si è trasformata in un piccolo show radiofonico, con i tanti musicisti e amici che vengono a suonare per noi.
Come scegli gli ospiti che intervengono in trasmissione?
C’è una piccola redazione che mi aiuta a smistare le proposte che arrivano. Ci sono gli ospiti musicali che intercettiamo quando passano in tournée a Roma e che invitiamo a suonare in studio, ci sono quelli più “conosciuti” e quelli che ci inviano, magari in prima persona o attraverso un ufficio stampa, il loro disco e che ci piacciono. Sono tanti ormai i musicisti esordienti, magari con un cd soltanto masterizzato in maniera autonoma, che ci scrivono messaggi privati sulla nostra pagina Facebook o all’email indielandradio@gmail.com proponendoci la loro musica. Da tutta Italia e ultimamente anche dal Sudamerica e dall’Argentina in particolare, dove esiste un webmagazine musicale gemello, chiamato anch’esso IndieLand con il quale abbiamo iniziato uno ‘scambio’ di artisti.
Chi sono i cosiddetti artisti indie che secondo te si dovrebbero assolutamente conoscere?
Il miglior disco italiano del 2015 secondo me, e unanimanente riconosciuto da tutta la stampa specializzata, è stato quello di Iosonouncane, progetto di cantautorato “storto” del musicista sardo Jacopo Incani. Ne hai sentito parlare ai telegiornali? È passato su Radio Deejay? Nulla: nessuna curiosità o intervista nel giro mainstream per parlare del suo disco Die. Perché l’attenzione mainstream casomai è puntata tutta sul “fenomeno” del momento. Eppure quello di Incani credo sia un punto di svolta fondamentale per la musica d’autore italiana dopo tanto tempo di cose più o meno già sentite. Qualcosa di finalmente nuovo e innovativo ma non “palloso” come spesso viene etichettata la musica indie.
Personalmente ho recensito e intervistato Iosonouncane: bel disco ma con sonorità che non sempre sono immediate. Ma la musica non deve essere sempre e per forza orecchiabile al primo ascolto. Giusto?
Purtroppo siamo il popolo di Sanremo e del Karaoke di Fiorello, che vanno benissimo per carità, ma così la canzone d’autore muore. Tu come poche realtà siete piccole oasi felici. Ma in generale credo che i giornalisti e i media dovrebbero essere più curiosi e attenti del loro pubblico medio, e proporre cose nuove, musica nuova anche, non solo raccontare o seguire la moda del momento. Ma questa pigrizia e sciatteria pervade tutti i campi artistici italiani, non solo la musica. Radio dei grandi successi e tv generaliste sono la morte della creatività e addormentano le menti.