Un report della Commissione Esteri attribuisce all'ex premier la responsabilità delle conseguenze disastrose dell’intervento militare condotto con la Francia di Sarkozy, "pianificato e condotto in modo errato. Opzioni politiche alternative non sono state prese in considerazione". A luglio il rapporto Chilcot aveva puntato il dito contro Tony Blair per l'operazione in Iraq
Dopo la sconfitta politica subita con Brexit, David Cameron viene ora attaccato per la sua più importante decisione di politica estera. Secondo un durissimo rapporto della Commissione Esteri del Parlamento britannico, reso noto oggi, l’ex premier sarebbe “fondamentalmente responsabile” delle conseguenze disastrose dell’intervento militare in Libia, concordato con la Francia di Nicolas Sarkozy nel 2011 per rovesciare il regime del colonnello Muammar Gheddafi.
La missione, si legge nel documento, ha portato al “collasso politico ed economico, a una guerra fra milizie e tribù, a una sequenza di crisi umanitarie e migratorie, diffuse violazioni dei diritti umani, alla distribuzione delle armi del regime di Gheddafi in tutta la regione e alla crescita dell’Isil (Isis, ndr) nel nord Africa”. I membri della commissione, a maggioranza conservatrice, elencano i punti più critici della scelta: la mancanza di adeguata intelligence preventiva sulla natura della rivolta in Libia; l’assenza di un obiettivo strategico predefinito; l’incapacità di proteggere i depositi di armi abbandonati dai sostenitori di Gheddafi, poi finite nelle mani dei “terroristi”.
Secondo Crispin Blunt, parlamentare conservatore a capo della commissione “l’intervento in Libia è stato pianificato e condotto in modo sbagliato, e le conseguenze sono ancora evidenti. C’erano opzioni politiche alternative che non sono state prese in considerazione. Un impegno politico invece che militare avrebbe potuto assicurare la protezione della popolazione civile, un cambio di regime e una stagione di riforme a costi molto inferiori sia per il Regno Unito che per la Libia”.
Al contrario, il Regno Unito si sarebbe “concentrato solo sull’intervento militare”. Questo malgrado il dissenso di Lord Richards, allora capo delle forze armate, che aveva preso le distanze dalla decisione. Cameron, sottolinea Blunt, avrebbe dovuto approfittare dei “contatti e dell’influenza” dell’ex premier laburista Tony Blair per “negoziare una soluzione”. Nel 2011, forse, quando il prestigio internazionale di Blair non era ancora indebolito dagli esiti dell’approfondita inchiesta Chilcot, che pochi mesi fa ne ha indicato le gravi responsabilità nella guerra in Iraq.
Le conclusioni del rapporto sembrano vicine all’opinione del presidente Usa Barack Obama, che in un’intervista al The Atlantic lo scorso marzo aveva definito la guerra “un casino”, aggiungendo: “Speravo che gli Europei si sarebbero impegnati nella stabilizzazione post bellica, visto la vicinanza della Libia”.
Il comitato non ha avuto accesso a documenti interni, come nel caso dell’inchiesta Chilcot, ma ha raccolto testimonianze di diplomatici, alti funzionari e degli stessi Blair e Lord Richards. Cameron si e’ invece sempre rifiutato di testimoniare.
Lunedì, intanto, l’ex primo ministro si è dimesso da parlamentare, ritirandosi, per il momento, a vita privata. Nessun commento da parte sua sul rapporto. La replica è stata affidata a un portavoce del Ministero degli Esteri, che ha dichiarato: “La decisione di intervenire è stata internazionale, richiesta dalla Lega Araba e autorizzata dal Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite”.