Martino Scialpi azzeccò un 13 nel 1981, ma non è mai riuscito a farsi riconoscere il diritto a ricevere i soldi. La vicenda giudiziaria è ancora aperta: il gip di Potenza si riserva di decidere sull'opposizione all'archiviazione di un'inchiesta che coinvolge i presidenti del Coni da allora a oggi, 11 magistrati dei tribunali di Taranto, Bari e Roma, ufficiali della Guardia Finanza, e una pletora d'avvocati di diversi Fori
Quella domenica, la Roma vince in casa della Juve. A decidere è un goal di Falcao al 49′. Il Milan perde a Catanzaro con un sonoro 3-0, mentre la Fiorentina sconfigge 2-1 il Torino. È la settima giornata del girone d’andata del Campionato di Serie A 1980-1981, e un ventottenne venditore ambulante di Martina Franca, in provincia di Taranto, entra in ricevitoria di Ginosa per giocare la sua schedina. Pronostica la vittoria della Roma, la disfatta del Milan e il successo della Fiorentina, e indovina anche il risultato delle altre 10 partite inserite nella schedina del Totocalcio quella domenica. È 13: e vale un miliardo di lire. Martino Scialpi è ricco. O, almeno, è convinto di esserlo diventato. Invece è l’inizio di un’odissea.
Da quel primo novembre 1981, Martino Scialpi, oggi 63enne, comincia una battaglia legale lunga 35 anni e non ancora finita. La gip di Potenza Tiziana Petrocelli, si è infatti riservata di decidere sull’opposizione avanzata dal legale del commerciante contro l’assoluzione di 36 persone denunciate in sede penale nel maggio del 2014: tra loro, i presidenti del Coni che si sono succeduti dal 1981 a oggi, 11 magistrati dei tribunali di Taranto, Bari e Roma, ufficiali della Guardia Finanza, e una pletora d’avvocati di diversi Fori. Il gip aveva deciso di archiviare tutto, ma il suo avvocato, Guglielmo Boccia, ha deciso di giocarsi un’ultima carta, puntando all’apertura di un’indagine.
Alla base del caso, il fatto che la matrice della sua schedina non arrivò mai all’archivio della commissione del Totocalcio di Bari, responsabile anche per l’area di Taranto. Sorgono anche contestazioni sulla licenza della ricevitoria. Scialpi protesta, giura che la sua schedina è valida. Viene inizialmente accusato di truffa e falso, poi assolto con formula piena. Sei anni più tardi, nel 1987, il tribunale di Taranto riconosce l’autenticità del tagliando.
Vittoria parziale, ma ovviamente non soddisfacente. Maurizio Scialpi continua a non poter riscuotere quel miliardo di lire: e dunque decide di insistere. L’affaire giudiziario continua e si complica sempre di più. Compreso un tentativo di accordo tra le parti, fallito. E poi ancora per una casa civile, tuttora in corso.