Colloquio con Roberto Grandi, esperto di comunicazione di massa e collaboratore di Prodi nella campagna elettorale finita con la vittoria del 1996. "Il presidente del Consiglio tenta di convincere gli elettori dicendo che la nuova Costituzione migliora la vecchia. E come Cupertino lancia gli auricolari senza fili, lui tira fuori le modifiche alla legge elettorale". E i Cinque Stelle? "Hanno fatto un casino gigantesco, con enormi danni d'immagine. Ma hanno fatto come Volkswagen: giocano da secondi e chiedono scusa e ripartono". Ecco una bussola - sotto il profilo del marketing politico - per capire certe uscite
“La riforma costituzionale poteva essere scritta un po’ meglio ma è stata approvata così dal Parlamento”. Parola di Matteo Renzi a Porta a Porta, la vetrina della politica. Subito dopo sono iniziati le dichiarazioni di disponibilità a cambiare l’Italicum. Difficile, a questo punto, spiegare il paradosso per cui il popolo italiano è chiamato a votare una
Grandi ci pensa un secondo e poi: “Renzi è un po’ come la Apple alle prese con il nuovo melafonino”. Scusi? “Entrambi, dal punto di vista del marketing, hanno per le mani una nuova versione di un prodotto che già c’era. Possono solo tentare di convincere i consumatori/elettori che la nuova migliora la vecchia, sperando basti a innescare un impulso all’acquisto. Apple ha puntato sul fatto che i nuovi modelli hanno auricolari senza fili e resistano all’acqua. Renzi fa lo stesso con gli aggiustamenti in corsa della legge elettorale come fosse l’accessorio della riforma. E’ una scelta tattica che punta a introdurre nell’agenda politica, al posto del referendum, la legge elettorale, rispetto alla quale le posizioni dei partiti e delle correnti sono molto più frammentate. E’ chiaro che lo sforzo cognitivo che si richiede ai cittadini è ancora maggiore: approfondire l’oggetto del referendum, approfondire il dibattito sulla legge elettorale, comprendere la relazione tra i due. Solo pochi che si informano con assiduità sono in grado di comprendere tutti questi aspetti, per gli altri varranno – da un lato – le semplificazioni sui contenuti a favore di una scelta piuttosto che di un’altra, dall’altro, l’opzione referendum contro Renzi“. In bocca al lupo, insomma.
Perché non insistere sulla bontà del “prodotto”? “E’ come se Apple lo facesse comparando schede tecniche e libretti d’uso: e chi capisce qual è migliore?”. Ma le “cuffie” alla riforma saranno sufficienti? “Non è detto che Renzi riesca nel suo intento. I grandi brand scommettono spesso su piccole variazioni e accessori, perché sanno che ogni sei mesi buttano sul mercato un modello diverso, effettivamente nuovo. E ogni volta ti danno qualcosa in più. La Costituzione resta, almeno in teoria”.
Ma che poteva fare, vista la situazione? La legge del marketing offre strade alternative. “Mi vengono in mente Avis con Hertz, che era l’indiscusso leader di mercato nel settore del noleggio. Avis ha fatto una campagna che non diceva di avere le soluzioni migliori o di essere il numero uno, ma il contrario: si dichiarava esplicitamente il numero due. Mica erano pazzi. Sapevano che il consumatore apprezza la sincerità e al tempo stesso è incline a concedere fiducia a chi la chiede. Avis disse apertamente ‘siamo il numero due e quindi faremo di tutto per diventare il numero uno’: We try harder. In questo caso Renzi potrebbe dire: ‘So che non ho fatto quello che avrei potuto fare in questi 18 mesi di governo ecetera, proprio perché so che farò di più’. E’ sempre un problema di fiducia. Oggi dice chiaramente che l’obiettivo primario è conquistare la fiducia del consumatore, quello massimo è conquistarne tanta che – se anche sbaglio obiettivo – vengo perdonato. E’ la stessa cosa della Volkswagen col Dieselgate: l’ha tenuto nascosto per anni e anni, a un certo punto è stata costretta a dirlo e a verificare fino a che punto è riuscita a recuperare e ce l’ha fatta, nonostante danni ingentissimi all’immagine. Ma è un marchio che si è fatto perdonare. Nella politica italiana l’hanno appena fatto i Cinque Stelle. E pare con un certo successo, vista la situazione”.
Il paragone non è poi così forzato. “Il M5S a Roma ha rischiato molto. Ha fatto un casino gigantesco, con enormi danni d’immagine. Se ci fate caso da quando si sono presentati in piazza a chiedere pubblicamente scusa la pressione su di loro si è come allentata. Qualcuno dirà che sono stati ‘onesti’. Il marketing politico dice che sono stati più che altro abili. Hanno capito che ammettere gli errori – cosa che raramente i politici italiani riconoscono – era l’unica strada per rinnovare la fiducia del proprio popolo di consumatori e verificare la credibilità del brand Cinque Stelle. Così hanno optato per il messaggio più efficace: ‘So che ho sbagliato, lo dico. Ma siccome lo ammetto so che mi potete perdonare’. Per la logica secondo cui ‘se il marchio stesso ti dice che farà meglio di così, vedrai che lo farà‘.
L’operazione potrebbe essere invece più difficile per il presidente del Consiglio, secondo Grandi. I suoi errori, secondo il professore, “non si possono lavare con le scuse”. Non solo perché di mezzo c’è la Costituzione, che appartiene a tutti. Non solo perché l’umiltà non è il suo forte, come dimostra il suo errore più grande. “L’eccessiva sicurezza lo ha portato a commettere l’ingenuità del suo arcinemico: Massimo D’Alema“, ragiona Grandi. “Nel 2000, quando era presidente del Consiglio e c’erano le Regionali, se ne infischiò di quanto avevano predicato per decenni i suoi predecessori: la tiritera per cui l’esito delle regionali non intacca il governo e, in caso di sconfitta, le dimissioni non erano all’ordine del giorno. D’Alema trasformò quell’appuntamento in un referendum su di sé, perse e si dovette dimettere. “Renzi ha fatto lo stesso, magari indotto dai dati del momento. Ma i dati in politica durano qualche giorno, lo scenario muta repentinamente”. L’esperienza dei vecchi, insomma, non insegna. Specie se la rottami. Lo dice anche il marketing.