L’accusa arriva da Bratislava, dopo il vertice europeo. E soprattutto in seguito alla conferenza stampa congiunta con Angela Merkel e Francois Hollande senza la partecipazione di Matteo Renzi. La motivazione dell’assenza è al momento un mistero: il premier italiano non è stato invitato o ha disertato? L’unica certezza è che dopo un vertice del genere è quantomeno inusuale un incontro congiunto di due primi ministri con la stampa, visto che di solito gli esponenti dei paesi rispondono singolarmente alle domande dei giornalisti. Questa volta è andata diversamente. Renzi non spiega, la lascia sul vago e ne approfitta per attaccare l’asse franco-tedesco: “Non sono soddisfatto delle conclusioni su crescita e immigrazione”. Juncker è meravigliato: “Non sono il portavoce di Renzi, ma credo che sull’essenziale appoggi il discorso che ho fatto al Parlamento europeo sullo stato dell’Unione. Era molto positivo quando si è espresso sugli elementi principali di quel discorso. Era completamente a favore“. Eppure il capo del governo italiano ha detto altro: “Non posso fare una conferenza stampa con Merkel e Hollande non condividendo le conclusioni come loro. Non è un fatto polemico”. E invece lo è eccome, perché il presidente del Consiglio ha accompagnato le sue parole con un ragionamento ben preciso. E con altre dichiarazioni al veleno. Sullo sfondo dello scontro europeo, però, si intravedono questioni tutte italiane. Le previsioni del governo sulla crescita, infatti, sono andate a farsi benedire. E il futuro, per Renzi e il suo esecutivo, appare tutto tranne che roseo, anche in termini elettorali: se l’economia resta in stagnazione, l’esecutivo non ha margini di movimento (e di nuovo consenso) e alle urne il Pd rischia. Da qui l’esigenza di un cambio di rotta, che porti benefici immediati nei rapporti con l’Unione Europea. Tradotto: basta austerity, più soldi a disposizione dei Paesi in difficoltà (quindi l’Italia). E la questione immigrazione non sia più un fardello da sbrigare con mezzi e risorse esclusivamente made in Italy. Renzi batte cassa in Europa, insomma, anche per migliorare la situazione sul fronte interno.
#Bratislava. Passo in avanti, ma piccolo piccolo. Troppo poco. Senza cambiare politiche su economia e immigrazione, l’Europa rischia molto
— Matteo Renzi (@matteorenzi) 16 settembre 2016
LO SCONTRO SULLA CRESCITA: “LA GERMANIA NON RISPETTA LE REGOLE” – Il tema dello scontro, come detto, è molto delicato: crescita e immigrazione. Su entrambi i fronti Renzi non le ha mandate a dire: “Così come i Paesi devono rispettare le regole del deficit, allo stesso modo si devono rispettare altre regole, come quella sul surplus commerciale. E ci sono alcuni Paesi che non la rispettano, il principale è la Germania“. In tal senso, il primo ministro italiano è entrato nel merito della questione: “Berlino ha dei numeri meravigliosi sulle esportazioni e noi siamo contenti – ha aggiunto – perché ad esempio sulle auto tedesche ne beneficia l’indotto del Veneto. Non è gelosia ma il punto è che le regole prevedono un ritorno di investimenti in chiave interna. E sono 90 i miliardi di euro in investimenti che dovrebbe fare la Germania per rispettare le regole“.
Chiaro il riferimento alla continua richiesta di austerity da parte di Berlino, che però poi a detta del capo del governo italiano fa orecchie da mercante quando si tratta di politiche commerciali. Da qui l’esigenza di un cambio di metodo: “Bisogna riflettere se il fiscal compact ha un futuro o no: io credo di no. Dobbiamo avere la consapevolezza del fatto che la filosofia dell’austerity non ha funzionato. Non lo dice il rappresentante del Governo italiano, lo dicono i dati. Serve ricominciare a crescere”. Non solo. “Magari ci fosse il patto di stabilità: c’è il fiscal compact e sul fiscal compact siamo pronti a fare una bella riflessione, perché quando fu approvato prevedeva un quinquennio”.
LO SCONTRO SUI MIGRANTI: “L’ITALIA HA FATTO LA SUA PARTE, L’EUROPA NO” – Non meno dura la presa di posizione dell’Italia sulla questione dei migranti. Anche su questo tema Renzi non ha usato mezzi termini per criticare le conclusioni del summit: “Il vertice non è stato tempo perso, ma definire il documento sui migranti di oggi un passo avanti richiede fantasia degna dei funamboli da vocabolario. Si sono ridette le solite cose“. Renzi da parte sua ha proposto la solita ricetta che all’Europa evidentemente non piace: “L’unica cosa che fa la guardia costiera europea è portare migranti in Sicilia, questo non può continuare”. E quindi o “l’Ue fa accordi con Paesi africani o li facciamo da soli”. Ma “secondo noi sarebbe molto meglio se a farlo fosse l’Europa. Noi stiamo facendo la nostra parte e siam pronti a farla anche da soli. Ma quello che non funziona è la parte internazionale sull’immigrazione. L’Italia ha fatto tutto quel che doveva fare, l’Europa no”.
PROSSIMA TAPPA A MARZO: APPUNTAMENTO A ROMA – “Il lato positivo è che l’agenda è condivisa” ha detto poi Renzi, che ha fissato il prossimo round della contesa: “Noi abbiamo delle soluzioni un po’ diverse. Abbiamo girato la clessidra, adesso l’appuntamento è Roma“, dove a marzo i leader si riuniranno per il 60esimo anniversario della nascita della Cee. Da queste divergenze con i capi dei governi di Francia e Germania, la decisione di Renzi di non partecipare alla conferenza stampa finale di Bratislava. Una mossa spiegata con frasi al vetriolo: “L’Italia non è innamorata di un formato o di un altro. Se Francia e Germania son soddisfatti delle conclusioni, buon per loro – ha spiegato il premier- Io non posso fare una conferenza stampa con il cancelliere tedesco e il presidente francese. Non devo fare una recita a copione per far vedere se siamo tutti uniti“.