Era il dicembre del 2003. La Camera dei deputati stava discutendo la cosiddetta Legge Gasparri, una legge fortemente voluta dal governo Berlusconi che aveva l’obiettivo di blindare il sistema e di rafforzare la posizione dominante ed il conflitto di interessi del presidente proprietario. Erano anche giorni di grande manifestazioni nazionali, di girotondi, di cortei, di rivendicazione del diritto alla libertà di informazione.
Qualche mese prima, nel 2002, era nata l’associazione articolo 21, fondata e presieduta da Federico Orlando, che aveva scelto di contrastare, sempre e comunque, editti e bavagli a cominciare dagli assalti condotti, mediaticamente e politicamente, contro Enzo Biagi, Indro Montanelli, Michele Santoro.
Persino le istituzioni europee avevano richiamato il governo al rispetto delle norme comunitarie in materia di libertà di informazione; nei rapporti internazionali l’Italia cominciava la sua rovinosa discesa verso le zone base delle graduatorie a causa della mandato soluzione del conflitto di interesse, del controllo governativo sulla Rai, per di più esercitato da chi, oltre ad essere il presidente del Consiglio, era anche il proprietario del principale gruppo concorrente. Quello che in Italia sembrava normale, altrove era invece considerata un’anomalia grave, tale da alterare anche il libero esercizio del voto.
In questo contesto, in quel dicembre del 2003, il presidente Ciampi decise di rompere gli indugi e di inviare il suo primo messaggio alle Camere. Ricordo ancora il silenzio che accompagnò la lettura. La composta soddisfazione di chi stava conducendo la battaglia di opposizione e il fastidio di chi, al contrario, riteneva di aver già vinto e di aver passato il traguardo.
Quello di Ciampi non era affatto un messaggio generico: non solo indicava i punti da modificare, ma fissava con rigore i confini costituzionali non oltrepassabili. “La giurisprudenza costituzionale ha trovato la sua sintesi nella sentenza 420 del 1994, nella quale la Corte ha richiamato il vincolo imposto dalla Costituzione al legislatore, di assicurare il pluralismo delle voci, espressione della libera manifestazione del pensiero, e di garantire in tal modo, il fondamentale diritto del cittadino all’informazione…”.
In quella circostanza volle anche richiamare l’attenzione del governo e delle Camere sulla centralità della libertà di informazione nell’ordinamento democratico.
“Nel preparare la nuova legge va considerato che il pluralismo e l’imparzialità dell’informazione sono fattori indispensabili al bilanciamento dei diritti delle maggioranze e delle opposizioni […] Tanto più in un sistema passato, dopo mezzo secolo, dalla rappresentanza proporzionale a quella maggioritaria… quando si parla di statuto delle opposizioni e delle minoranze in una sistema maggioritario, le soluzioni più efficaci vanno ricercate nel quadro di un adeguato assetto che consenta l’equilibrio dei flushing di informazione e di opinione”.
Parole attualissime. Poi le cose andarono come andarono, ma Carlo Azeglio Ciampi è stato ed è l’unico Presidente che ha deciso di dedicare suo messaggio formale ai valori racchiusi nel l’articolo 21 di quella Costituzione che aveva contribuito a conquistare scegliendo di militare nella lotta di liberazione. Grazie Presidente!