Oltre un milione di dollari alla famiglia del cooperante rapito in Pakistan e ucciso da un drone nel corso di un'operazione antiterrorismo americana. Non si tratta di un risarcimento, scrive Repubblica, ma di "una concessione a titolo di favore". Il fratello della vittima: "Oltre il danno la beffa"
Un milione e 185 mila euro per chiudere il caso di Giovanni Lo Porto, evitando qualsiasi assunzione di responsabilità giuridica. La cifra – scrive Repubblica – è stata donata dagli Stati Uniti alla famiglia del ricercatore italiano rimasto ucciso nel 2015 da un drone durante un’operazione dell’antiterrorismo americana. Non si tratta di un risarcimento, ma di una concessione a titolo “di favore”, una “donazione in memoria del Sig. Giovanni Lo Porto“. Motivo per cui, spiega il fratello del cooperante, Daniele, la famiglia ha dovuto pagare le tasse allo Stato italiano.
“Ci è stata offerta una cifra di un milione e 200 mila dollari – ha detto -. A luglio i nostri legali hanno incontrato a Roma un rappresentante del governo americano e ci hanno proposto questa somma, che abbiamo accettato. Obama ha mantenuto l’impegno assunto pubblicamente quando è stata resa nota la notizia della morte di mio fratello”. Poi puntualizza: “Oltre il danno anche la beffa, ci è stata proposta una donazione non un risarcimento. E su quella somma abbiamo pagato pure le tasse allo Stato italiano. Chiediamo verità sulla vicenda. Vogliamo sapere cosa è successo”. L’ambasciata degli Stati Uniti a Roma poi, contattata dall’Ansa, ha confermato il pagamento di una somma. L’ammontare specifico però non è stato precisato perché si tratta di una questione “privata”.
Il documento, firmato lo scorso 8 luglio in uno studio notarile romano, rappresenta una novità dall’inizio della guerra dei droni. Finora gli Stati Uniti non avevano mai siglato un contratto con i familiari delle vittime innocenti. Giovanni Lo Porto era stato rapito in Pakistan nel 2012 mentre stava aiutando le popolazioni pachistane colpite dalle inondazioni. Lavorava per un ong tedesca. Venne sequestrato assieme ad un altro collega tedesco, ma le identità dei suoi rapitori rimangono sconosciute. Fu colpito l’anno scorso da un drone durante un “signature strike“, una misura militare del governo americano che consiste nel bombardare un’area sospetta, senza avere però la certezza sulla presenza dei terroristi.
In quell’occasione oltre a Lo Porto morì anche l’americano Warren Weinstein, esperto di sviluppo e ostaggio di Al Qaeda dal 2011. Arrivarono anche le scuse ufficiali di Barack Obama, che allora aveva anticipato come le informazioni sull’attacco dovessero essere desecretate. Finora, però, l’amministrazione Usa non lo ha fatto. “Come marito e padre posso solo immaginare l’angoscia e il dolore che le famiglie stanno vivendo oggi. Verificheremo e renderemo pubblici tutti i dettagli dell’operazione, perché i familiari devono conoscere la verità, anche se alcuni punti rimarranno segreti. Questa operazione è stata condotta seguendo le linee guida ed era indirizzata a colpire un compound di Al Qaeda per bloccare i terroristi”.
Ma i dettagli dell’operazione non sono mai emersi e i famigliari di Lo Porto insistono per avere maggiore chiarezza. Giulia Borgna, legale della famiglia, ha dichiarato: “Nel corso delle trattative che hanno condotto all’atto di donazione questo tema è ovviamente venuto fuori. La famiglia continua a insistere su questo fronte”.