Un mondo spaccato in due quello che ha assistito al dibattito fra Matteo Renzi e il presidente dell’Anpi Carlo Smuraglia. Il confronto alla Festa dell’Unità di Bologna non è servito a sanare le divisioni nel mondo della sinistra sulla riforma della Costituzione. E la divisione era palpabile tra la folla, almeno 4mila persone, venuta per sentire le ragioni del e del No al referendum. Già alle sei del pomeriggio in molti si sono messi in fila per entrare nell’area del palco. Chi con le magliette del , la maggioranza, chi con quelle del No. Gruppi organizzati dell’Anpi sono arrivati da diverse parti del nord Italia, Veneto, Lombardia, Emilia-Romagna. Tra loro c’è chi è stato o è ancora iscritto al Pd. Già un’ora prima del dibattito, nonostante per qualche minuto inizi a piovere si fa fatica a camminare anche a 30 metri di distanza dal palco tanto è pieno. All’inizio del dibattito non mancano i fischi da una parte e dall’altra per entrambi i contendenti. Matteo Renzi ha gioco facile, più di una volta, a prendersi gli applausi quando chiede agli iscritti del Pd di non fischiare Smuraglia.

Poi si entra nel merito. Quando il presidente dell’Anpi parla del nuovo Senato che potrebbe essere composto da consiglieri regionali non scelti da nessuno, un mormorio di disapprovazione si alza dal pubblico. Luciana, una signora bolognese sulla settantina, borbotta: “Perché i consiglieri regionali non li eleggiamo noi?”. Poi è la volta di Renzi che inizia a difendere la sua riforma. “Parla seriamente!”, urla Luca, un metalmeccanico 50enne. La moglie cerca calmarlo. Quando Renzi cita l’Italicum dal pubblico si alza qualche mormorio. Poi cita Luigi Di Maio e la gaffe sul Venezuela e Pinochet e subito arriva un’ovazione.

Quando Smuraglia riprende la parola è di nuovo il pubblico del a borbottare. In particolare quando il numero uno della associazione partigiani contesta la poca chiarezza della riforma riguardo a come verrà nominato il Senato. Il partigiano ricorda che fare il parlamentare è una cosa che necessita tempo per studiare e scrivere le leggi. “Come può il consigliere regionale fare il senatore a mezzo tempo se nel frattempo deve fare il sindaco e il consigliere regionale?”. In tanti tuttavia tra i sostenitori del sembrano non concordare sul fatto che il lavoro di parlamentare sia gravoso.

Dopo un’ora di dibattito senza particolari acuti, Renzi si addentra sul lavoro del suo governo. Quando parla di riforme e in particolare di jobs act per un attimo i fischi sembrano sopraffare gli applausi. Tra il pubblico si alza la tensione. In alcuni capannelli a destra del palco tra alcuni spettatori un po’ esagitati si rischia persino la rissa, volano parole grosse. Ma è questione di pochi secondi, poi il lungo dibattito scivola via. All’uscita dall’arena, dopo un’ora e mezzo, le posizioni sono rimaste sostanzialmente le stesse.

Chi era per il o per il No rimane sulle sue posizioni. “Renzi ha vinto 8 a 2”, scherza Marino, sostenitore pro Riforma. “Mi sembra che le argomentazioni di Smuraglia siano state un po’ deboli”. “Renzi ha fatto un comizio”, dice Maurizio, iscritto all’Anpi di Milano. “Se si fosse addentrato sui temi costituzionali non sarebbe andata così”. “Io sono di parte e dico che ha vinto il premier – spiega Flavio – ma mi ha sorpreso positivamente Smuraglia. Tuttavia sono rimasto un po’ deluso dal dibattito, perché non ha approfondito alcune tematiche. Vorrei che dopo il confronto di oggi le persone si informassero sulla riforma, ma purtroppo temo che le fazioni siano già fatte”.

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