Cosa manca in un format che continua a funzionare? I concorrenti. Le prime audizioni non hanno ancora mostrato chissà qualche grande personaggio, il solito “ammazza-competizione” che si esibisce e ti fa dire: “Ok, assegniamo la vittoria a lui sin da adesso così abbiamo i prossimi giovedì liberi”
C’è stato un periodo in cui scrivere bene di X Factor faceva assai figo. Perché Sky fa le cose in grande, perché Cattelan è bravo, perché a parte qualche scelta assurda (tipo Cabello o Skin) la giuria funziona sempre, perché il montaggio è da urlo, perché Tommassini è bravissimo, perché le scenografie costano quando una stagione di Un posto al sole. E via così, potremmo continuare per ore. E X Factor, tornato ieri sera su SkyUno con la prima puntata delle audizioni, continua a essere un prodotto televisivamente pregevole. Funziona ancora perché Cattelan è sempre più “americano” nel modo di condurre e intrattenere, perché l’innesto di Manuel Agnelli in giuria aveva lasciato qualche perplessità ma sembra essere stata una mossa azzeccata, perché ormai Fedez va liscio come l’olio, perché il ritorno di Arisa era scritto nelle stelle e il pubblico del programma ci teneva assai. Alvaro Soler, che è l’altro esordiente assoluto tra i giudici, per adesso sembra un po’ troppo piatto, noioso, quasi annoiato, e può solo migliorare.
E allora qual è il problema? Non c’è, in effetti. L’unica cosa è che il clima è un po’ cambiato e ora fa quasi più figo sottolineare i difetti del programma più che riconoscerne i pregi. È il rischio della ripetitività di un format sempre uguale a se stesso o forse è solo la scelta morettiana su quale approccio possa portare ai critici maggior ritorno (social)mediatico. Mettersi a fare le pulci alle audizioni, poi, è impresa quasi impossibile. È un momento del programma che funziona sempre, perché può contare sul montaggio, sulle musiche, su una post-produzione certosina. Funzionano bene anche le blind audition di The Voice, figuriamoco i casting di X Factor.
Qualcosa però si può già capire su cosa ci aspetta da ottobre in poi, quando partiranno i live e il gioco si farà duro. Manuel Agnelli è tremendamente a suo agio in un ambiente che all’apparenza è lontano anni luce dal suo mondo. È diretto, a volte spietato, cattivo con i concorrenti che secondo lui non meritano di passare. E la cosa più interessante è che è perfettamente consapevole del suo ruolo: “Una mosca ha un ruolo, una blatta ha un ruolo, anche io ho un ruolo”, ha ripetuto più volte nel corso della puntata. E il ruolo del frontman degli Afterhours è evidentemente quello del musicista esperto e di qualità che deve essere tranchant e stronzo per il bene dei ragazzi e della musica. È un Morgan non su di giri, è un pozzo di scienza musicale che però non ha la smania di sfoggiare cultura e dispensare pillole di verità assoluta. Arisa è sembrata rilassata, serena, divertente e divertita. Ci teneva tanto a tornare, anche perché l’addio era stato piuttosto traumatico (ricordate il tormentone cult “Sei falsa Simona, cazzo!” di qualche anno fa rivolto alla Ventura?). E ci teneva molto anche lo zoccolo duro del pubblico di X Factor, che ha sempre visto nella cantante lucana il prototipo del giudice perfetto, mix sapiente tra competenza e talento musicale, allegria e sprazzi di purissima e genuina follia. Fedez va sul velluto e ormai è di casa, visto che ha fatto fuori tutti con la consueta capacità di muoversi in questo ambiente. Soler, dicevamo, è rimandato ai live, dove potremo realmente capire di che pasta è fatto, se è solo “un bello che non balla” o se c’è anche un po’ di “ciccia” sotto la coltre fumosa dei suoi tormentoni estivi.
Le prime audizioni non hanno ancora mostrato chissà qualche grande personaggio, il solito “ammazza-competizione” che si esibisce e ti fa dire: “Ok, assegniamo la vittoria a lui sin da adesso così abbiamo i prossimi giovedì liberi”. È un punto molto importante, nonostante X Factor resti comunque uno show televisivo e dunque debba sottostare a logiche di intrattenimento e non solo di qualità musicale. È un punto importante, dicevamo, perché lo scorso anno abbiamo vissuto una edizione strana: show fantastico, concorrenti deludenti. E infatti di Giò Sada abbiamo perso quasi ogni traccia, gli Urban Strangers sono desaparecidos e Shorty chi lo ha visto più. Più attenzione al talento non guasterebbe, ma non trasformiamo ancora una volta la gara di X Factor in una competizione a chi ce l’ha più lungo tra i giudici perché lo scorso anno si è entrati in questo tunnel funesto e il risultato è stato una pessima scelta dei brani assegnati ai live e un successo pressoché nullo dei concorrenti usciti dalla nona edizione.