Dalle istituzioni alle banche d’affari e viceversa. La storia si ripete e questa volta fa rumore perché nell’occhio del ciclone è finito l’ex presidente della Commissione europea Josè Manuel Barroso, ‘ingaggiato’ da Goldman Sachs. Ma era già successo in passato. Anche con molti italiani, esponenti politici di spicco. Chi? L’ex presidente del Consiglio ed oggi senatore a vita Mario Monti, per esempio, international advisor dal 2005 al 2011 della stessa Goldman; l’ex premier (per due volte a palazzo Chigi) ed ex presidente della Commissione Ue Romano Prodi dal 1990 al 1993; Gianni Letta, potente sottosegretario alla presidenza del Consiglio con Silvio Berlusconi; il presidente dimissionario del Monte dei Paschi Massimo Tononi, già sottosegretario all’Economia nel secondo governo Prodi, partner ed advisor director della banca d’affari per la quale ha lavorato a più riprese, dal 1988 al 1993 e poi dal 2008 al 2010. Nel lungo elenco anche nomi eccellenti di personalità che non sono mai entrate nell’agone politico né hanno guidato governi o dicasteri, come il presidente della Bce Mario Draghi che non è stato solo un advisor di Goldman Sachs, ma anche vicepresidente e managing director dal 2002 al 2005 dopo essere stato però direttore generale del Tesoro (1999-2001) e prima di assurgere al ruolo di governatore di Bankitalia e Bce.
CODICE ETICO In Italia nessuno mai ha sollevato grandi problemi per questi numerosi passaggi. Il contratto di consulenza che lega Barroso a Goldman Sachs invece è finito sotto i riflettori del Parlamento europeo dopo la richiesta di oltre 50 deputati al Mediatore Ue Emily O’Reilly di verificare la correttezza della nomina. Ora a decidere sarà un Comitato etico che dovrà appurare se Barroso non abbia violato l’articolo 245 del trattato sul funzionamento dell’Ue, secondo il quale gli ex membri della Commissione “assumono l’impegno solenne di rispettare, per la durata delle loro funzioni e dopo la cessazione di queste, gli obblighi derivanti dalla loro carica, ed in particolare i doveri di onestà e delicatezza per quanto riguarda l’accettare, dopo tale cessazione, determinate funzioni o vantaggi”.
BANCHE GIREVOLI Ma non c’è solo Goldman Sachs ad attuare la strategia delle revolving doors, delle porte girevoli, dalla politica alla finanza e viceversa. Anche Unicredit si è avvalsa di illustri consulenze per il suo internationl advisory board: da Javier Solana, ex alto rappresentante per la politica estera Ue, all’ex presidente polacco Aleksander Kwaśniewski; da Joschka Fischer, ex ministro degli Esteri della Germania e vice-cancelliere a Romano Prodi, nominato nel 2014 presidente della struttura. «Lì a titolo gratuito a rappresentare l’Italia», aveva tenuto a precisare lo stesso Professore al momento della nomina, succedendo nell’incarico a Giuliano Amato, che a sua volta era stato nominato nel 2010 senior advisor di Deutsche Bank. Nella lista anche Augusto Fantozzi, più volte ministro (Finanze, Commercio estero e Bilancio) tra il 1995 e il 1998: dal 2008 al 2013 LUI è stato senior advisor della banca d’affari francese Lazard.
QUESTIONE DI STILE Ma non è finita. Nella lista c’è anche Domenico Siniscalco, ministro dell’Economia in due governi Berlusconi, che nel 2006 è diventato managing director e vicepresidente di Morgan Stanley International e l’anno successivo ha assunto la carica di country head per l’Italia per la stessa banca d’affari. Certo, in Italia non ci sono norme simili a quelle del Trattato sul funzionamento dell’Ue ad impedire che anche da ex premier o ministri si possano occupare poltrone di rilievo in istituti di credito o banche d’affari. Semmai, si può parlare di opportunità e di delicatezza nell’accettare determinati incarichi.
RIMETTIAMO I DEBITI Come dimostra la decisione di queste ore della Procura regionale per il Lazio della Corte dei Conti di convocare proprio Morgan Stanley, insieme agli allora dirigenti del Tesoro Domenico Siniscalco e Vittorio Grilli, anch’egli ex ministro dell’Economia (governo Monti) ed oggi capo della divisione Corporate and Investment Banking per Europa, Medio Oriente e Africa di JP Morgan, il colosso finanziario americano, protagonista insieme a Mediobanca del piano di salvataggio del Monte dei Paschi. Il tribunale contabile vuole far luce sui contratti stipulati con la banca d’affari americana tra il dicembre 2011 e il gennaio 2012, con una perdita per lo Stato di tre miliardi di euro, e per i quali era prevista una clausola che i magistrati ritengono incompatibile con gli obiettivi di gestione del debito pubblico.
USA E GETTA Ma i giganti della finanza non attuano la politica delle revolving doors soltanto in Europa. Anche a casa loro, negli Usa, la praticano con larghezza. Proprio Goldman Sachs è stata un trampolino di lancio verso la Casa Bianca per Robert Rubin e Henry Paulson che, entrati in politica, sarebbero poi diventati addirittura segretari del Tesoro. Nel 2007-2008, proprio nelle vesti di segretario del Tesoro, Paulson si ritrovò addirittura tra le mani la patata bollente della crisi finanziaria Usa, promuovendo insieme al capo della Federal Reserve Ben Bernanke, un ciclopico piano di salvataggio del sistema finanziario americano. E, da allora, le revolving doors hanno continuano a girare.