In Italia l’anno scorso quasi una donna su due (45,9%) tra quelle in età da lavoro era fuori dal mercato. Il tasso di inattività si attesta a 20 punti, superiore a quello degli uomini (25,9%), al top nella Ue dopo Malta (27 punti). Il dato è contenuto in uno studio di Eurostat sulle persone al di fuori del mercato del lavoro, che sottolinea come il tasso di inattività dipenda strettamente da sesso, età e livello di educazione. Ma il rapporto si concentra anche sulla fascia di età tra i 25 e i 54 anni, il periodo in cui si dovrebbe essere più “attivi” sul mercato come occupati o in cerca di impiego.
E’ in quella fascia che si rafforzano le differenze di genere, con appena l’8,6% di uomini inattivi in media Ue a fronte del 20,6% delle donne. In Italia la percentuale delle donne inattive tra i 25 e i 54 anni è del 34,1% (a poca distanza da Malta con il 34,2%) a fronte dell’11,4% in Slovenia e dell’11,6% in Svezia. Se poi si guarda al dato regionale si vede che le donne in età da lavoro inattive al Sud nel 2015 erano il 60,7% a fronte del 37,3% al Nord.
L’Eurostat segnala che poco meno della metà delle donne inattive tra i 25 e i 54 anni in Europa lo è per ragioni familiari e personali (il 9,6% rispetto al 20,6% delle inattive) ma in Italia l’inattività delle donne, secondo l’Istituto di statistica non è dovuto prevalentemente a ragioni familiari. Tra i motivi per i quali non si lavora infatti le donne nel nostro Paese mettono prevalentemente ragioni varie piuttosto che impegni familiari (meno di 15 punti percentuali su 34,1 complessivi). E anche andando a guardare il dato sulle inattive con figli piccoli o senza figli nella fascia 0-6 anni le percentuali non sono molto lontane (rispettivamente 38% e 32%) a differenza che negli altri Paesi dove la differenza è significativa (in Inghilterra 30% contro 16%).
L’istituto di statistica conferma anche l’alta percentuale di inattività tra i giovani in Italia. Se in Ue nel 2015 il 58,4% dei giovani tra i 15 e i 24 anni era fuori dal mercato del lavoro (né occupato né in cerca di impiego), la percentuale vola al 73,8% in Italia. In Olanda si ferma al 31,5%.