Ha distrutto un giocattolo “come il terremoto ha distrutto la mia casa”. Le parole di uno dei bambini di Amatrice fanno capire cosa stia accadendo in queste settimane nei campi allestiti dopo il sisma che ha sconvolto il Centro Italia. Le reazioni dei bambini al trauma sono le più varie. I più piccoli superano meglio i cambiamenti, per i più grandi è un’altra storia. Per sostenerli, aiutarli a non sopprimere le proprie emozioni, superare la rabbia e la paura, sono diverse le associazioni che si stanno dando da fare. Nei luoghi dove la paura c’è ancora, dove si è costretti a vivere nei campi, dove c’è chi combatte ogni giorno per non lasciare la propria terra e il proprio passato.

Ad Amatrice dal 25 agosto scorso, tra le associazioni presenti, c’è il team di esperti del Telefono Azzurro, composto da psicologi ed educatori. L’associazione ha creato una ludoteca nel parco giochi comunali e ha programmato una serie di lavoratori che accompagneranno i bambini nel corso di tutto l’anno scolastico. Per ogni età è previsto un percorso diverso. “Per le scuole dell’infanzia e primaria, ad esempio, c’è ‘Emozion-Api’ – spiega a ilfattoquotidiano.it lo psicologo e psicoterapeuta Giovanni Salerno – un laboratorio in cui i bambini possono identificarsi nel vissuto emotivo delle api protagoniste della storia, impegnate nella ricostruzione dell’alveare distrutto in parte a causa di eventi atmosferici”. Nei luoghi del terremoto, in particolare ad Arquata del Tronto e ad Aquasanta Terme, è presente anche la onlus l’Albero della Vita, che nei campi lavora insieme alla Fondazione Patrizio Paoletti. Entrambe le associazioni hanno maturato esperienza con le popolazioni dell’Emilia e quell’Abruzzo. “Nei primi giorni dopo il sisma, i bambini neppure davano un nome a ciò che era accaduto, solo in seguito hanno pronunciato la parola ‘terremoto’ ed è stato un passo avanti” spiega Andrea Crivelli, responsabile delle attività nell’area per l’Albero della Vita.

I laboratori di Telefono Azzurro – Il Team Emergenza di Telefono Azzurro è impegnato in una serie di laboratori in classe e incontri per la formazione degli insegnanti sul riconoscimento dei segnali di disagio psicologico nei bambini e adolescenti colpiti dal terremoto. Se con ‘Emozion-Api’, in un incontro di due ore per classe, si promuove un percorso di ‘alfabetizzazione emotiva’ in cui i bambini possano sviluppare delle strategie adeguate per affrontare le emozioni spiacevoli, identificandosi proprio con le api, per gli alunni della scuola secondaria di primo e secondo grado sono previsti percorsi di story-telling con realizzazione di video, fumetti, racconti, blog, giornalini scolastici e pagine social. Tutti strumenti attraverso i quali i ragazzi potranno raccontare i loro vissuti e le loro idee di ricostruzione. Poi ci sono le attività: giochi di gruppo, giochi di ruolo, attività grafico-manipolative, problem solving, attività di discussione e narrazione. “Dopo il terremoto, c’è la normalità da ricostruire – spiega Salerno – quindi siamo partiti dal gioco, che permette loro di parlare delle situazioni che hanno vissuto”.

Le reazioni dei bambini al sisma – Nel campo di Amatrice ci sono una trentina di bambini: “Come reazione al trauma alcuni si sono chiusi in se stessi, altri sono spesso in agitazione. Ma è dai 3 anni in su che le situazioni di disagio sono più frequenti. C’è chi ha scompensi di rabbia, attacchi di panico o si sveglia nella notte piangendo”. Nei bambini dagli 8 anni in su sono frequenti “comportamenti agitati e difficoltà a concentrarsi anche nel gioco”. Si parla anche di bambini anche hanno perso un genitore o anche entrambi, un fratello, un compagno di scuola. “Per loro il rientro a scuola non deve rappresentare un funerale”, spiega lo psicoterapeuta. In queste settimane i bambini hanno disegnato. “I bambini della scuola d’infanzia – spiega lo psicologo – scarabocchiavano principalmente la faccina che esprimeva paura e ricordo che un bambino ha proposto di fare una festa e di non invitare il terremoto, come se il sisma fosse un mostro da cui poter stare alla larga”.

Come si supera il lutto? “Intanto ci sono bambini che raccontano tutto con dovizia di particolari, che vogliono parlare – spiega Salerno – e noi dobbiamo ascoltarli, ma non bisogna mai forzare i passaggi di elaborazione. Poi cerchiamo di trasformare questa esperienza in occasione di crescita”. L’assistenza ai genitori è un fattore importante: “I bambini possono ripartire se i genitori hanno tutto il supporto necessario attorno a loro. Rispetto a loro, i figli hanno uno spirito di adattamento superiore, anche il fatto di studiare in tenda può essere un gioco per loro”. Per chi ha perso i genitori è necessario “verificare che vi sia un sistema familiare attorno che possa prendersene cura”, ma anche la presenza dei servizi territoriali è importante, perché garantisce un’assistenza a lungo termine e non solo nell’emergenza. Quali sono i segnali del miglioramento, di un trauma superato? “Nei bambini, sia in negativo che in positivo, i segnali sono molto fisici: torneranno a mangiare e dormire con regolarità, tanto per fare due esempi”.

Il ritorno a scuola – Le lezioni sono appena iniziate in molte tensostrutture allestite a tempo di record ad Arquata del Tronto, Acquasanta Terme e Montegallo, i tre Comuni marchigiani più danneggiati dal sisma del 24 agosto. Accolgono circa 300 alunni, dai 3 ai 14 anni, dalle scuole dell’infanzia alle medie. Nei primi due Comuni è al lavoro la onlus l’Albero della Vita, con un proprio progetto in collaborazione con la Fondazione Patrizio Paoletti.

“Fino a qualche giorno fa anche ad Acquasanta (dove i danni sono stati minori rispetto ad Arquata) la maggior parte delle persone era fuori casa” dice a ilfattoquotidiano.it Andrea Crivelli, responsabile delle attività dell’Albero della Vita in quei comuni. “Abbiamo lavorato mattina e pomeriggio in quattro campi – racconta – cercando di ripristinare il senso di normalità nei bambini e nelle famiglie, insieme alla Fondazione Paoletti, che ha elaborato il vademecum ‘Come comportarsi con i propri i propri figli in caso di terremoto’ rivolto a genitori, educatori e insegnanti”. Crivelli conferma: “All’inizio abbiamo trovato i bambini molto spaventati, ma per quelli più piccoli la ripresa è stata più facile; alcuni di loro non volevano rientrare nelle case perché avevano paura ed elaboravano disegni con simboli riconducibili alla morte”. L’obiettivo è stato quello “di superare il disorientamento, facendo un lavoro di alfabetizzazione emotiva”.

La difficoltà maggiore? “Trovare una quotidianità senza più una casa, la scuola, il tran tran quotidiano”. Le scuole sono dunque iniziate, ma la situazione è ancora caotica e la vita da campo è complessa. “Ora faremo attività nel pomeriggio seguendo gli accordi presi con la dirigente scolastica dei plessi”, spiega Crivelli, sottolineando il ruolo dei genitori. “Ad Arquata sono stati molto presenti – racconta – ci hanno aiutati in tutti i modi, ma la vita nel campo mette a dura prova soprattutto loro. Si teme che la gente lasci il territorio, che i genitori non iscrivano più i figli a scuola per scegliere le scuole di Comuni vicini. Stiamo facendo di tutto perché questo non accada”.

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