Ben sei deputati e nove senatori. Pronti a dare battaglia con la legge di stabilità. Per difendere ad oltranza le eCig. Due milioni di consumatori in Italia. Per un business di 450 milioni di euro l'anno. Dal quale lo Stato vorrebbe tanto ricavare introiti maggiori
Una nuova lobby, molto onorevole, sta scaldando i muscoli per entrare in azione. E’ l’intergruppo parlamentare capitanato dall’ex deputato Pdl Ignazio Abrignani (oggi in Ala e nella foto con Denis Verdini e Daniela Santanché) e dal collega ex M5S Sebastiano Barbanti (oggi Pd), che insieme a un pugno di altri eletti si accingono ad arrembare la legge di stabilità e a sfornare emendamenti, interrogazioni e proposte di legge. Obiettivo: difesa a oltranza delle sigarette elettroniche. «Gli svapatori italiani sono più di 1 milione e con i loro consumi danno vita ad un giro d’affari di oltre 450 milioni di euro l’anno», spiega battagliero Abrignani. E l’Iss, l’Istituto superiore di sanità, nel suo rapporto 2016 sul fumo spara cifre ancora più alte: due milioni di consumatori.
SVAPATORI UNITI Svapare è trendy in tutto il mondo (solo negli Usa ci sono 30 milioni di aficionados), ma è in Italia e in Francia che, a partire dal 2012, è diventato un vero fenomeno di costume. Tanto che, sostiene lirico Abrignani, le aziende nostrane che producono i liquidi da inalazione per le e-cig hanno conquistato «una posizione di leadership in tutta Europa e nel mondo». Ma qualcosa non deve girare al massimo, visto che ben 6 deputati e 3 senatori si sono arruolati per difendere il settore in Parlamento. Del piccolo esercito fanno parte svapatori come l’onorevole Mario Sberna, ex Scelta civica, oggi approdato al Misto con Democrazia Solidale; esponenti del Pd (i deputati Barbanti e Donella Mattesini e il senatore Giancarlo Sangalli), di Fare!, la mini-componente uscita dalla Lega su posizioni pro-Tosi (la senatrice Raffaella Bellot), di Ala (Abrignani), di Sel (Giovanni Paglia), della Lega (Filippo Busin alla Camera e Raffaele Volpi al Senato) ed ex grillini oggi in forza al Misto come Aris Prodani.
ABBASSO LE TASSE I nove hanno pure un sito e un manifesto, trasversale e bipartisan. Convinti che che «le e-cig rappresentano un “nuovo valore” poiché, pur condividendo alcune caratteristiche col fumo come ad esempio la gestualità, comportano meno danni per la salute» rispetto al tabacco da fumo, visto che « le morti premature ad esso imputabili in Italia sono circa 80 mila l’anno (6 milioni nel mondo)», gli onorevoli pro-svapo sono usciti allo scoperto il 4 agosto durante un convegno organizzato al Senato dalla Fondazione Luigi Einaudi e da Anafe-Confindustria, l’associazione delle aziende del fumo elettronico, che ovviamente sono felicissime per il supporto. Domani, 20 settembre, ci sarà una nuova uscita pubblica al seminario di divulgazione sulla e-cig allestito dalla Liaf, la Lega italiana antifumo, all’hotel Minerva. Ma l’attività dell’intergruppo entrerà nel vivo solo nelle prossime settimane, con la legge di stabilità. Perché c’è un problema, secondo gli onorevoli, che sta strozzando una delle poche possibilità a disposizione dei fumatori «per uscire dal tunnel del tabagismo»: troppe tasse.
BALZELLO NELL’OMBRA Visto infatti che il boom delle sigarette elettroniche insidiava le vendite delle classiche bionde, e dunque le accise che entrano nelle casse dello Stato, dal 2013 è entrata in vigore un’imposta di consumo che dal 1° gennaio 2015 è pari a euro 0,373 il millilitro ed è uguale per tutti i liquidi da inalazione, compresi quelli che non contengono neppure un’ombra di nicotina. Secondo i calcoli dell’Anafe e dell’intergruppo, il balzello ha causato «un aumento dei prezzi di vendita al pubblico del 150 per cento». Risultato? Crollo dei consumatori (dal boom del 2012-2013 si è passati a un rapidissimo sboom), «perdita di concorrenza delle aziende italiane» (circa il 70% di vendite in meno rispetto al 2014, con conseguente chiusura di molti punti vendita e perdita di centinaia di posti di lavoro), «importazione irregolare dall’estero via web» (con evasione totale di tasse e tributi) ed esplosione del fai-da-te da parte dei consumatori, che comprano separatamente gli ingredienti per poi miscelarli in casa. E vai a capire poi gli effetti sulla salute: in assenza di controlli fiscali e sanitari alle frontiere o sui prodotti in vendita via internet, non è possibile, sostiene infatti Abrignani, «risalire alla provenienza di certi liquidi da inalazione».
CASSE VUOTE Questo far west dello svapo non ha però portato in cassa quanto si aspettava il ministero dell’Economia: tra ricorsi al Tar, rinvii alla Corte costituzionale e sospensive assortite, come ha spiegato lo stesso Mef rispondendo a un’interrogazione dell’onorevole Busin, sono sfumati i 115 milioni di euro previsti inizialmente, e nel 2015 ne sono stati incassati soltanto 5 su 85. Lo stesso succederà quest’anno: «Si possono già prevedere mancate entrate per 80 milioni di euro», sostiene Barbanti. «I dati confermano anche per l’anno 2016 l’inefficienza del sistema fiscale riguardante la sigaretta elettronica ».
CACCIA AI SOLDI E dunque? Ecco gli onorevoli lobbisti all’opera. Con due obiettivi. Uno, far riconoscere al ministero della Salute e all’Iss che «l’e-cig è meno dannosa del tabacco tradizionale e anzi rappresenta uno strumento efficace contro la lotta al tabagismo». Due, far modificare il regime di tassazione istituendo un’imposta completamente indipendente dal tabacco. «Il tributo dovrebbe essere graduato rispetto al rischio potenziale per la salute e cioè alla quantità di nicotina contenuta nel prodotto» spiega Barbanti. Resta solo da vedere che cosa ne pensa il Mef, sempre alla ricerca disperata di soldi.