Tutti assolti perché il fatto non sussiste. Con questa formula il collegio presieduto dal giudice Stefano Scati ha concluso in tribunale a Bologna il processo sul caso Ber Banca. L’istituto di credito bolognese fu commissariato nel 2009 in un momento di grosse difficoltà, per poi essere rilevato da Intesa SanPaolo due anni dopo, a un passo dal fallimento. Gli imputati, l’ex presidente di Ber Alberto Maffei Alberti, l’ex presidente del collegio sindacale Carlo Valli e i due sindaci Cosimo Sassi e Franco Stupazzini erano accusati a vario titolo (non tutti rispondevano infatti degli stessi reati) di false comunicazioni sociali, aggiotaggio, falso in scrittura privata e in prospetto informativo e alla Consob e truffa aggravata. Le indagini erano partite nel lontano 2012 dopo la querela di due azionisti. Secondo l’accusa del pm Antonello Gustapane – che assieme alla collega Antonella Scandellari ha condotto le indagini – a soci e azionisti fu occultata la situazione finanziaria della banca, e fu fatto sottoscrivere nel 2009 un aumento di capitale di circa 9 milioni nonostante i rilievi mossi da Bankitalia sulla situazione dell’istituto. Su questo punto la difesa di Maffei Alberti ha tuttavia sempre sostenuto che il presidente era talmente fiducioso nel futuro della banca, che sottoscrisse egli stesso quell’aumento di capitale, rimettendoci diverse centinaia di migliaia di euro.
La procura della Repubblica aveva chiesto due anni e 9 mesi per Alberti Maffei, 2 anni e 3 mesi per Valli, ex presidente del collegio sindacale e 1 anno e 9 mesi ciascuno per Sasso e Stupazzini. Ma ora la sentenza dei giudici bolognesi scagiona i quattro. A processo c’era anche l’ex direttore generale Paolo Lelli, deceduto in corso di processo, per il quale il giudice ha dichiarato l’estinzione delle imputazioni. “Esprimiamo soddisfazione per un esito rispetto al quale avevamo non dico certezza, ma sicurezza alla luce dell’andamento del dibattimento e delle carte processuali”, hanno detto in una dichiarazione congiunta gli avvocati Filippo Sgubbi, legale di Maffei Alberti e Tommaso Guerini, difensore di Valli e Sasso. Delusione invece fra gli azionisti che si erano costituiti parte civile in 54 e che, in diversi, erano arrivati in tribunale per ascoltare la sentenza. Tra chi si era costituito parte civile contro gli ex vertici di quella che a Bologna veniva chiamata la “banca dei vip”, c’era anche la vedova di Luciano Pavarotti, Nicoletta Mantovani e la figlia avuta con il tenore. Intanto per Maffei Alberti rimane pendente un appello su una condanna a dieci mesi, con la sospensione condizionale, per un altro filone dell’inchiesta in cui era contestata una dichiarazione infedele dei redditi dell’istituto. La vicenda è ormai prescritta, ma l’avvocato Sgubbi ha spiegato di avere fatto istanza alla Corte d’appello perché si pronunci nel merito, visto che i fatti non sarebbero più previsti come reato.