Per le migliaia di persone che li utilizzano sono innovativi, pratici, efficaci. Ma per la Direzione investigativa antimafia i circuiti di pagamento money transfer e le valute virtuali come i bit-coin presentano un problema: si prestano spesso ad aggirare le norme di antiriciclaggio. È stato proprio il direttore della Dia Nunzio Antonio Ferla, durante un’audizione in commissione Finanze alla Camera, a spiegare che questi nuovi circuiti “pongono una serie di criticità in materia di tracciabilità della provenienza e della destinazione dei flussi finanziari movimentati, finendo con l’eludere i presidi antiriciclaggio in tema di adeguata verifica e conoscenza effettiva della clientela”.

Sotto la lente della Dia, però, non sono finiti solo money transfer e monete virtuali. Ferla ha infatti dichiarato che la “stessa situazione si evidenzia per quanto riguarda il diverso regime di tassazione fiscale“. Si tratta di un problema – molto sentito soprattutto in Gran Bretagna, dove la polemica sui “non-dom” è esplosa nei mesi scorsi – connesso coi cosiddetti “residenti non domiciliati”, ovvero quei cittadini che, grazie al loro particolare status, mantengono il domicilio fiscale in un Paese diverso da quello in cui risiedono. Ferla ha ricordato che questa condizione di “not domiciled” consente a molte persone di movimentare, attraverso società off-shore, “ingenti capitali senza lasciare alcuna traccia delle transazioni eseguite”. Il direttore della Dia auspica una maggiore collaborazione, in termine di segnalazioni, dal mondo della intermediazione finanziaria e, di conseguenza, una maggiore “attenzione” su questo fronte da parte del legislatore. Cui si richiama indirettamente un altro fronte caldo esaminato da Ferla: “l’eccessivo uso” del contante, che in Italia “pesa in termini di problematicità nell’azione antiriciclaggio”.

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