Chiesto risarcimento da un milione a otto delle nove società imputate. Per l’accusa, il deragliamento del treno - che provocò 32 morti - sarebbe stato evitato se fossero state rispettate le regole di sicurezza e i controlli programmati non solo sul convoglio, ma anche sulla rete ferroviaria. Familiari: "Né meravigliati né entusiasti"
Pene da 5 a 16 anni. Per 33 imputati. Quella massima chiesta per l’ex amministratore delegato di Ferrovie dello Stato Mauro Moretti. Quindici anni, invece, per l’ex numero uno di Rete Ferroviaria Italiana, Michele Mario Elia. I pm di Lucca Giuseppe Amodeo e Salvatore Giannino hanno così “quantificato” la banalità del male. All’apertura della requisitoria i pubblici ministeri avevano sintetizzato così le cause della strage di Viareggio: “Superficialità, macchinari obsoleti e controlli non corretti: in poche parole, la banalità del male“. Per l’accusa, il deragliamento del treno – che il 29 giugno 2009 provocò 32 morti – sarebbe stato evitato se fossero state rispettate le regole di sicurezza e i controlli programmati non solo sul convoglio, ma anche sulla rete ferroviaria. Oggi è arrivato il giorno delle richieste di condanna.
“Moretti va condannato a 16 anni. Non ha vigilato e non è intervenuto”
Sono stati chiesti sedici anni per l’ex numero uno di Ferrovie Moretti, nominato cavaliere del lavoro dall’ex presidente della Repubblica Giorgio Napolitano a un anno dalla strage. L’attuale ad di Leonardo – Finmeccanica è imputato per incendio colposo, omicidio e lesioni plurime colpose, disastro ferroviario. Così i pm hanno motivato la loro richiesta di condanna, come riporta la Nazione: “E’ stato sia ad di Rfi che di Fsi. Detentrice di tutto il pacchetto azionario del gruppo e di poteri di controllo delle partecipate. Con il primo incarico era tenuto a garantire la sicurezza di circolazione dei treni. Sempre nel campo di Rfi non ha valutato il rischio insito nella circolazione dei treni che trasportano merci pericolose, il possibile taglio del serbatoio contro un elemento ferroviario (il picchetto), non ha valutato che il grave rischio potesse accadere in una stazione vicina alle case, non ha valutato l’opportunità di abbassare la velocità in concomitanza di centro abitati. Come ad di Fsi, nel suo totale potere di ingerenza, era dotato di poteri di gestione e direzionali di tipo apicale e di indirizzo e coordinamento nei confronti delle altre società operative. Non si è astenuto da manifestare il pieno controllo sulle società del gruppo, era dotato di poteri tali da affiancarlo ai legali rappresentanti delle medesime. In questa importante posizione di potere non ha adeguato la valutazione dei rischi specifici, non ha vigilato, non è intervenuto affinché fossero valutate e adottate le misure necessarie a valutare la salvaguardia dei lavoratori.
“Elia era tenuto a garantire sicurezza della circolazione”
Per Michele Mario Elia, all’epoca della strage amministratore delegato di Rete Ferroviaria Italiana e poi ex ad di Ferrovie dello Stato Italiane, i pm hanno chiesto 15 anni sostenendo che il dirigente “era tenuto a garantire le condizione tecniche della circolazione dei treni, competente a rilevare criteri costruttivi per garantire la sicurezza del trasporto di merci pericolosi, determinare anche la velocità adeguata per questi trasporti. Aveva potere in materia di definizione delle norme per la tutela e salute dei lavoratori”.
Familiari: “Né meravigliati né entusiasti”
Marco Piagentini, presidente dell’Associazione, Il mondo che vorrei, a nome dei familiari delle 32 vittime ha detto di non essere “né meravigliato né allo stesso tempo entusiasta”. “Ci aspettavamo richieste di condanne piuttosto pesanti visto il lavoro fatto dalla procura di Lucca, che ringraziamo – ha commentato Piagentini – però purtroppo siamo nello stesso tempo amareggiati perché alcuni reati cadranno in prescrizione, vanificando tutti questi sforzi”. “Un’altra anomalia del nostro Paese – ha fatto notare – è che Mauro Moretti, all’epoca amministratore delegato delle Ferrovie, la cui richiesta di condanna è 16 anni, stamani era a ritirare un premio al Quirinale, a Roma, nella sua nuova veste di amministratore di Finmeccanica. Questa è la contrapposizione che solo nel nostro Paese può avvenire”.
Le altre richieste di condanna
Oltre a Moretti ed Elia, nove anni sono stati chiesti per i dirigenti Salvatore Andronico e Mario Castaldo (Trenitalia Cargo), Giovanni Costa e Giorgio Di Marco (Rfi); 5 anni per Calogero Di Venuta (Rfi Firenze). Chiesta invece l’assoluzione per Andreas Barth dell’officina Jugenthal Waggon di Hannover e Andreas Carlsson responsabile di stabilimento Jugenthal Waggon Hannover. Gli imputati sono accusati a vario titolo di disastro ferroviario, incendio colposo, omicidio colposo plurimo, lesioni personali.
I pm di Lucca Giuseppe Amodeo e Salvatore Giannino hanno anche chiesto condanne per Gilberto Galloni, amministratore di Fs Logistica (12 anni); Giulio Margarita, direzione tecnica Rfi per la sicurezza (13 anni); Vincenzo Soprano, ex ad di Trenitalia e di Fs Logistica (8 anni). Richieste pesanti anche per l’amministratore di Gatx Rail Germania, Rainer Kogelheide (10 anni) e per quello di Gatx Rail Austria, Johannes Mansbart (10); Uwe Koennecke (9) e Uwe Kriebel (6 anni e otto mesi) rispettivamente responsabile e addetto dell’officina Jugenthal Waggon Hannover (il secondo non si sarebbe accorto di una specie di fessurazione nell’assile del carro, che poi cedette). Sette anni e sei mesi per Andreas Schroter, supervisore dell’officina Jugenthal Waggon. Otto anni e tre mesi per Roman Mayer, responsabile flotta carri merci di Gatx Rail Austria; 9 anni per Peter Linowski, capo del sistema di manutenzione di Gatx Rail Germania. Altre richieste di condanna a dirigenti ferroviari italiani: otto anni per Emilio Maestrini, già responsabile direzione ingegneria e sicurezza di Trenitalia; Enzo Marzilli, direzione tecnica Rfi (9 anni); 5 anni e mezzo per Angelo Pezzati, ex direttore compartimentale infrastruttura Rfi Firenze; 5 anni per Mario Testa, dirigente di Rfi. E ancora Giuseppe Farneti (6 anni e mezzo), Francesco Favo (9 anni) e Alvaro Fumi (9 anni) dirigenti di Rfi; Daniele Gobbi Frattini (8 anni e mezzo) della Cima Riparazioni che si era occupato del carro poi deragliato a Viareggio. Otto anni, invece, per il capocommessa Paolo Pizzadini e sette per il caposquadra carri Massimo Vighini, sempre entrambi della Cima Riparazioni. Chieste solo altre due assoluzioni, invece: per l’amministratore unico di Cima Riparazioni, Giuseppe Pacchioni, e per Stefano Rossi di Rfi.
Condannate a risarcimento le società di Ferrovie
Per quanto riguarda le nove società, i pm Amodeo e Giannino hanno chiesto la condanna a sanzioni da un milione di euro ciascuno per Ferrovie dello Stato e per le società Fs Logistica, Rfi, Trenitalia, e per l’austriaca Gatx Rail Austria, titolare del carro che deragliò e da cui si innescò l’incendio che rase al suolo via Ponchielli. Chiesta la condanna anche per le officine Jugenthal Waggon Hannover dove fu fatta la manutenzione dell’asse del vagone che si spezzò, e Gatx Rail Germania. Anche per queste società è stato chiesto al tribunale di applicare sanzioni da un milione di euro. Chiesta invece l’assoluzione per la società italiana Cima Riparazioni, che revisionò il carro che deragliò.
Sentenza prevista per novembre
Terminata la lunghissima fase dibattimentale (quasi cento le udienze, la prima il 13 novembre 2013) il processo di primo grado si avvia verso la fine prevista più o meno per fine anno. Il presidente del collegio giudicante Gerardo Boragine (giudici a latere Nadia Genovesi e Valeria Marino) ha già messo in calendario una ventina di udienze scaglionate fino alla fine ottobre nel corso delle quali, dopo le richieste del pm, sono previste anche le conclusioni degli avvocati di parte civile e ovviamente le arringhe dei legali degli imputati e delle nove società rinviati a giudizio con profili di responsabilità diversi. Se non ci saranno ritardi o impedimenti di vario genere, la sentenza arriverà a metà novembre.
Rischio prescrizione per due reati
Come in tanti casi in cui lo Stato processa (anche) lo Stato la prescrizione incombe su due reati: l’incendio colposo e le lesioni colpose (due dei capi di imputazione) si estingueranno nel febbraio del 2017. Contestati poi il disastro ferroviario colposo, l’omicidio colposo plurimo e violazioni delle nome in materia di sicurezza sul lavoro. I familiari chiedono da tempo che si pensi a una legge affinché la prescrizione si fermi con la condanna in primo grado. “Se non esiste più il reato di incendio, di cosa sono morti i nostri familiari?”. Proprio domani l’aula del Senato – dopo la mancanza del numero legale dei giorni scorsi e l’appello del presidente Grasso – dovrà esaminare la riforma del processo penale che contiene anche le nuove norme su intercettazioni e prescrizione (la proposta del relatore Casson è proprio quello dello stop dopo il verdetto di primo grado).
29 giugno 2009, l’apocalisse nella stazione di Viareggio
Nella serata del 29 giugno 2009 un treno che trasporta gpl attraversa la stazione di Viareggio. Un asse sotto a un carro si spezza, si scoprirà che è corroso. Sono le 23,48. Il treno deraglia, i due macchinisti se ne accorgono dopo 10 secondi perché in cabina c’è rumore e nessun controllo retrovisivo. Frenano, danno l’allarme, scappano, si salvano: potranno raccontare di non aver fatto errori. Da quel giorno non sono più saliti su un treno. Quattro dei 14 carri-cisterna si ribaltano. Uno si squarcia. Il gpl esce, esplode, il boato si sente per chilometri. Le fiamme invadono le strade vicine alla ferrovia, le case crollano. Si raggiungono i 300 gradi.
Alcune persone muoiono carbonizzate, intere famiglie scompaiono, come gli Ayad: Hamza, 16 anni, muore cercando di salvare la sorellina Iman, 3. Né loro né i genitori ce la fanno, sopravvive la sorella Ibi. Altri bambini muoiono: Lorenzo Piagentini, 2 anni, e il fratello Luca, 4 anni, con la mamma Stefania. Bruciano i giovani, come Emanuela Menichetti, 21 anni, e Sara Orsi, 24, e gli anziani. Il più vecchio è Mario Pucci, ha 90 anni. Il conto finale è di 32 vittime.
Revisioni più accurate sui carrelli, il dispositivo antideragliamento, uno specchio o una telecamera retrovisiva dei carri, una velocità ridotta, controlli incrociati delle manutenzioni, adeguati piani di sicurezza, secondo i periti della Procura, avrebbero limitato i danni. Tra i punti contestati anche l’assenza di un muro di protezione tra le case vicine alla stazione e la ferrovia, richiesto per anni dagli abitanti. Secondo un perito di Ferrovie che ha deposto a processo, il professor Ferruccio Resta, quel muro sarebbe stato inutile, nel senso che non avrebbe evitato la tragedia del 2009. Eppure dopo la strage il muro è stato finalmente eretto. Nel conto delle vittime ci sono anche tre dei 76 firmatari della lettera che lo chiedevano.