L’annuncio da parte del ministro Lorenzin il 22 settembre del Fertility Day, giornata dedicata al problema della costante riduzione della procreazione nel nostro paese, ha suscitato vivaci polemiche in quanto da più parti si è fatto notare che la scelta di fare o non fare figli è pesantemente condizionata anche da fattori quali presenza di servizi sociali, stabilità occupazionale, disponibilità abitativa, condizioni tutte purtroppo estremamente precarie nell’attuale situazione del paese e non certo imputabili alla volontà dei singoli soggetti.
C’è tuttavia un’altra critica – fra tutte quelle mosse al Fertility day – che non ci sembra sia stata adeguatamente sollevata e cioè il fatto che ancora una volta nulla si dica sulle cause dell’infertilità, problema che affligge ormai oltre il 15% delle coppie. Nel razionale della giornata stilato dal Ministero sono citati infatti temi quali il ruolo dell’età, come superare la sterilità, la possibilità di preservare la fertilità anche in caso di malattie tumorali, ma nulla è dedicato all’eziologia dei disturbi della sfera riproduttiva che sono causa di infertilità.
Il problema non è di poco conto e anche in questo caso il ruolo dell’inquinamento non è affatto secondario, in quanto anche la sfera riproduttiva – una delle funzioni più fragili e delicate della salute umana – è purtroppo pesantemente compromessa da esposizione a tossici ambientali. Già da una revisione del 2013 era emerso un aumento del rischio di abortività spontanea, nati morti, ritardo nella crescita fetale, prematurità, infertilità, cattiva qualità del seme, anomalie congenite in relazione a inquinanti quali particolato, ozono, ossidi di azoto, pesticidi, solventi, metalli, radiazioni, sottoprodotti di disinfezione, arsenico e nitrati, inquinanti organici persistenti (Pop’s), bisfenolo A, ftalati e composti perfluorurati (Pfos, Pfoa).
Più recentemente il problema è stato affrontato anche dalla Federazione Internazionale dei Ginecologi e degli Ostetrici (Figo) che in un articolo del 2015 ha confermato come la salute riproduttiva sia strettamente connessa a esposizioni ambientali. Di particolare interesse sono gli studi che riguardano la cattiva qualità dell’aria e gli effetti dei pesticidi sulla fertilità. Uno studio condotto recentemente nel sud Italia ha raccolto i casi di abortività spontanea da cinque città (514.996 abitanti) correlandoli con Pm 10, Ossidi di Azoto e Ozono: l’abortività spontanea è risultata correlata a Pm 10 e Ozono, anche se gli inquinanti rientravano nei limiti di legge con un incremento del 19,7% per ogni incremento di 10 mg/m3 di Pm 10.
Per quanto riguarda i pesticidi (in particolare organofosforici) – e in generale tutte le sostanze che agiscono come “interferenti endocrini”- è assodato che alterano pesantemente la funzione gonadica maschile e comportano un peggioramento della qualità del seme per riduzione della densità, motilità, numero degli spermatozoi, aumento delle anomalie al Dna e alterazioni della loro morfologia, ma anche riduzione del volume e peso di testicoli, epididimo, vescicole seminali e prostata e alterazioni dei livelli di testosterone e degli ormoni ipofisari.
Anche l’endometriosi – patologia complessa che affligge le giovani donne caratterizzata dalla presenza di tessuto endometriale al di fuori della cavità uterina e soggetto a sanguinamento ciclico analogamente a quanto accade fisiologicamente in utero – comporta gravi conseguenze sulla fertilità femminile. Aderenze, esiti cicatriziali, stenosi tubarica e anche le terapie farmacologiche che devono essere adottate per contenere la malattia, riducono infatti notevolmente la possibilità del concepimento ed anche in questo caso i fattori ambientali, in particolare Pop’s, rappresentano un fattore di rischio non trascurabile.
Su un centinaio di donne sottoposte a laparoscopia per endometriosi sono stati dosati nel sangue alcuni pesticidi: i più alti livelli di clordano, fungicidi aromatici, esaclorobenzene sono risultati associati con un rischio 5 volte superiore di endometriosi. Questi risultati sono stati confermati recentemente in un ampio studio caso-controllo condotto su 248 casi di endometriosi chirurgicamente confermata e 538 controlli sani, tutti sottoposti a dosaggio ematico di β-esaclorocicloesano (HCH) e mirex. Per i livelli più elevati di HCH si è evidenziato un aumento del rischio per endometriosi del 70% e per il mirex del 50%.
Ma, fortunatamente, qualcosa sta cambiando perché soprattutto fra le donne si sta facendo strada una nuova e profonda consapevolezza sul loro ruolo in difesa della salute e dell’ambiente e a questo proposito l’appello “Donne Guardiane della Terra” e l’evento alternativo previsto per il 22 settembre ci fa davvero ben sperare.