Diritti

Monza, “istituto cattolico ha rifiutato l’iscrizione perché nostro figlio è gay”. Ammesso dopo le polemiche

Lo scorso anno il 17enne venne allontanato dai compagni e costretto a seguire le lezioni fuori dall'aula a causa di una foto a petto nudo mentre abbracciava il partner. Arcigay: "Attiveremo il ministero". Il presidente Ecfop al preside: "Accetta il ragazzo". L'istituto: "Domanda fuori tempo massimo"

Alla fine dopo le dichiarazioni, le polemiche e tanto clamore lo studente gay che sembrava essere stato estromesso dal suo istituto privato a scuola ci andrà. Un anno fa era stato separato dai compagni e lasciato fuori dall’aula a seguire le lezioni da solo a causa di una foto che lo immortalava mentre a petto nudo abbracciava un partner. “Discriminato perché gay”, secondo i genitori. “No, volevamo tutelarlo dalle prese in giro dei compagni”, la difesa della scuola. Esattamente 12 mesi dopo, l’Istituto cattolico professionale Ecfop di Monza è tornato di nuovo sotto accusa. I genitori del 17enne, infatti, sostengono che l’istituto abbia rifiutato l’iscrizione al terzo anno del corso per baristi per via del suo orientamento sessuale. La famiglia racconta al Corriere della Sera che all’atto dell’iscrizione, prima dalla segreteria avrebbero detto di ritelefonare, tirando in lungo per far scadere i termini, e poi che “il preside non voleva nostro figlio per quanto successo un anno fa”.

Non è accaduto nulla di tutto questo secondo l’Ecfop che in una nota sostiene: “Il ragazzo non è iscritto al nuovo anno perché non ha presentato domanda di iscrizione al ‘Terzo corso sala bar’ entro i tempi stabiliti“. E in merito alle accuse di discriminazione ribatte: “Il nostro ente non ha mai messo in atto alcuna discriminazione in quanto accoglie ragazzi di ogni nazionalità e religioni e si è sempre adoperato per l’inclusione e l’integrazione”. L’Istituto ricostruisce il percorso che lo studente avrebbe fatto, nei confronti della scuola, per iscriversi, dallo scorso anno. “A conclusione dell’anno 2015/16 la famiglia del ragazzo non si è presentata all’incontro programmato per i colloqui finali e per il rinnovo dell’iscrizione; a giugno e luglio non si è più presentata né ha chiamato al telefono. Il ragazzo ha chiamato però una volta in segreteria chiedendo le modalità per iscriversi. E la segreteria ha riferito di richiamare nei giorni successivi in quanto in sede non erano presenti gli addetti di riferimento. E il ragazzo non ha più chiamato”. Sempre secondo la ricostruzione dell’Ente “a settembre il ragazzo non si è presentato” per sostenere gli esami di riparazione; “l’8 settembre ha telefonato la madre chiedendo come fare per iscrivere il figlio e la docente di rifermento le ha spiegato che, viste le dichiarazioni rilasciate l’anno precedente nelle quali la famiglia asseriva di voler iscrivere il ragazzo altrove e la loro assenza nel periodo estivo, credeva che avessero proceduto con un’altra scuola”. “Il giorno successivo la docente ha parlato direttamente con il ragazzo che le ha detto di trovarsi a Roma con amici” e questo sarebbe stato l’ultimo contatto ufficiale.

Secondo i genitori invece si tratta di una sorta di ritorsione per quella foto che a settembre 2015 è diventata la scintilla che ha fatto esplodere polemiche e veleni. Ad accorgersene sono stati i professori che hanno pizzicato i compagni a guardarla sul profilo Instagram privato del ragazzo, da cui poi è stata rimossa. Per quella foto, l’alunno è stato costretto a seguire le lezioni fuori dall’aula. Secondo i responsabili della scuola quella decisione è stata presa per proteggerlo da eventuali scherni dei compagni, con cui invece il giovane si è invece subito reintegrato. Per i genitori è stato solo un gesto discriminatorio, simile a quello che a distanza di un anno impedisce al 17enne di frequentare l’Istituto.

Nel frattempo l’Arcigay annuncia che chiederà l’intervento del ministero. “Stiamo attendendo gli sviluppi della vicenda e maggiori informazioni, soprattutto la posizione, in merito, della scuola coinvolta. Poi, se il caso, come normalmente facciamo, chiederemo l’intervento del Miur”. E’ questo il commento di Ezio De Gesu, responsabile Scuola dell’associazione. “Noi su questa vicenda non siamo stati contattati dalla famiglia – ha aggiunto – e nell’episodio precedente, un anno fa, i genitori avevano attivato direttamente la magistratura. Attendiamo di capire meglio l’accaduto. Comunque, nonostante il doppio episodio, non abbiamo evidenze di particolari picchi di discriminazione in Lombardia”.

Questa storia si conclude con una lettera del presidente dell’Ecfop, don Marco Oneta, al dirigente scolastico per chiedere la riammissione dello studente al preside Adriano Corioni datata 20 settembre. Nello scritto don Oneta scrive: “Ho saputo questa sera della polemica sollevata dalla famiglia del ragazzo che già lo scorso anno accusò ingiustamente la nostra scuola per una inesistente discriminazione…”. “Ti chiedo di considerare se, nel rispetto dei regolamenti, sia ancora possibile accettare tra i nostri alunni il ragazzo perché possa giungere alla qualifica professionale in un ambiente educativo rigoroso e costruttivo come Ecfop. Il bene di questo giovane è l’unica cosa che ci sta veramente a cuore”. Alla fine il ragazzo, se lo chiederà, sarà iscritto. Ma a spese proprie perché è tardi per accedere alla dote scuola, i fondi regionali.