Cento tra martellate e coltellate, inferte con il solo desiderio di vederlo soffrire. Lo scorso 4 marzo, Luca Varani è stato torturato a lungo durante il gioco sadico che Manuel Foffo e Marco Prato hanno organizzato per divertirsi un po’. Non hanno avuto nemmeno la pietà di dargli il colpo di grazia per risparmiargli altre inutili agonie. Hanno preferito guardarlo morire lentamente, dissanguato per le ferite provocate al termine di una notte delirante che i due amici hanno passato tra alcol, cocaina, sesso e travestimenti, prima di mettersi a vagare per le strade di Roma in cerca di qualcuno a cui fare male. Alla fine la scelta è caduta su Varani, attirato con la promessa di 150 euro in cambio di prestazioni sessuali nell’appartamento di Foffo in via Igino Giordani, al Collatino, che di lì a poche ore si trasformerà in uno scannatoio.
E’ un racconto dell’orrore in presa diretta quello che si legge nelle pagine dell’esame autoptico svolto dal perito nominato dal gip nell’ambito dell’incidente probatorio e consegnato in Procura a Roma. Gli accertamenti del medico legale dicono che Varani è stato colpito con circa 20 martellate alla testa e alla bocca. Il resto dei colpi avrebbero raggiunto il ragazzo su tutto il corpo. Inoltre la perizia ha accertato che circa 30 ferite, tutte con arma da taglio, sarebbero state inferte con il solo scopo di provocare dolore. Le sevizie potrebbero essere durate un lasso di tempo che va dalla mezzora alle due ore. Durante le quali Foffo e Prato si sono accaniti sulla gola di Varani, colpendolo con numerose coltellate che, però, non hanno reciso l’arteria giugulare né le corde vocali. Il 27enne è morto dissanguato. Nessun colpo è stato inferto dopo la morte. Non c’è stato nessun rapporto sessuale tra la vittima e i carnefici. E probabilmente, il mix di alcol e droghe, ha impedito qualsiasi reazione da parte del ragazzo.
Su tutte le armi usate per compiere il massacro, due coltelli (uno usato solitamente per tagliare il pane) e un martello, sono state individuate tracce biologiche sia di Marco Prato sia di Manuel Foffo. Questo dato confermerebbe la tesi del pm Fracesco Scavo che ha contestato ad entrambi gli indagati il concorso in omicidio volontario premeditato. Secondo la Procura Foffo e Prato hanno avuto le stesse responsabilità nel delitto.
Intanto è stato fissato per domani mattina (22 settembre) un sopralluogo nell’appartamento di via Igino Giordani. Oltre al pm Scavo e ai difensori di Prato e Foffo, all’atto istruttorio parteciperanno i carabinieri del Nucleo Investigativo del Comando Provinciale e del Ris. A sette mesi dall’omicidio, inquirenti e investigatori torneranno nell’appartamento per effettuare una sorta di ricognizione. In particolare gli inquirenti acquisiranno il computer portatile di Foffo che verrà poi affidato al un consulente. Nei prossimi giorni verrà effettuato anche un sopralluogo presso la stanza d’albergo, nella zona di piazza Bologna, dove Prato si era rifugiato dopo l’omicidio forse per tentare di farla finita.