A conferma del fatto che il taglio della spesa non è solo questione di conti, poi, Perotti fa notare che “è condizione necessaria per smantellare il sottobosco in cui si nutre la commistione tra politica ed economia che ammorba e soffoca la nostra società” alimentando “appetiti, scambi di favori, affarismi e pura e semplice corruzione” e “avrebbe un alto valore simbolico” perché “i compensi scandalosi di politici, ex politici e alcuni dirigenti pubblici generano cinismo, distacco e risentimento nei cittadini”. E proprio il cinismo che allontana i cittadini dalla cosa pubblica è secondo Perotti – insieme alla disoccupazione giovanile – uno dei due nemici peggiori contro cui “l’Italia è in guerra“. Per questo “la classe dirigente deve fare un passo indietro, altrimenti diventa come il generale Cadorna che nella Prima guerra mondiale mandava i soldati al macello dalla sua villa di Udine”.
La cura possibile? “Chinare la testa e lavorare”, guardare i dati, confrontarli con quelli degli altri paesi. “Ricevo quasi giornalmente inviti a convegni del tipo “Il futuro dell’Europa”, “Il capitalismo nel Terzo millennio”, “Liberismo e statalismo nel Ventunesimo secolo”, “Il welfare state: problemi e prospettive”, la gran parte indetta da organismi pubblici o semipubblici”, chiosa Perotti. “Nel pieno del tentativo di revisione della spesa, mentre lavoravo con numeri, capitoli di bilancio, articoli e commi di legge, spesso tra i partecipanti annunciati di questi convegni c’erano ministri e capi di gabinetto, che pensavo avrebbero potuto impiegare il proprio tempo in un modo molto più utile per il paese”.