Maria Teresa Polito, componente della sezione di controllo Affari comunitari e internazionali, ha detto che serve "un’azione più forte sul fronte della responsabilità". Quanto ai piani di razionalizzazione previsti dal governo "quelli che abbiamo ricevuto ci convincono poco, li stiamo rimandando indietro"
Nonostante i cambiamenti fatti in extremis sul testo, il decreto attuativo della riforma Madia sulla razionalizzazione delle società partecipate di Stato ed enti locali continua a non convincere la Corte dei Conti. “Le norme sono migliorative rispetto al punto di partenza ma non ancora sufficienti ad assicurare l’assetto da noi auspicato”, ha detto infatti all’Adnkronos Maria Teresa Polito, componente della sezione di controllo Affari comunitari e internazionali della magistratura contabile, a margine del seminario “I decreti Madia: quale futuro per le partecipate?”.
Sul fronte dei controlli, per quanto la versione definitiva del provvedimento abbia ripristinato la competenza della Corte dei Conti sugli eventuali danni erariali causati alla società da vertici e dipendenti, secondo Polito “fino ad ora c’è stata, prevalentemente, l’azione sociale (civilistica) e significa che l’amministratore, che è anche autore della ‘mala gestio’, dovrebbe segnalare al giudice civile di iniziare l’azione: i casi sono rarissimi, per non dire nulli”. L’azione del pm contabile, invece, “è obbligatoria: io necessariamente devo segnalare il danno erariale. In questo senso il testo è migliorato, ma non tantissimo”. Per questo chiede “un’azione più forte sul fronte della responsabilità“. Le perplessità riguardano anche le società in house, che essendo state considerate una longa manus dell’amministrazione sono soggette alla giurisdizione della Corte: secondo Polito, questo non basta perché nelle altre attività c’è sempre una quota pubblica. “Ho molte riserve – conclude – speriamo che si possa richiedere agli amministratori degli enti anche la cattiva gestione della quota sociale che è stata investita a livello pubblico”.
Dubbi anche sul fatto che il decreto sia in grado effettivamente di ridurre il numero degli enti inutili (non ci crede l’ex consulente di Palazzo Chigi per la spending review Roberto Perotti). E’ una vera e propria “sfida“, ha detto Polito, perché “abbiamo già dei piani di razionalizzazione che ci convincono poco, che stiamo rimandando indietro. Sappiamo che liquidare società inutili, su cui l’investimento dell’ente continua a esserci, è un’operazione difficile”.
“Governo e Parlamento”, secondo il magistrato, “hanno lavorato per migliorare il sistema del controllo semplificandolo e per rafforzare il sistema della responsabilità da parte delle amministrazioni, ma il decreto non prevede una condizione da noi posta: cioè di razionalizzare meglio il sistema partendo dalla verifica iniziale che l’ente locale avrebbe dovuto fare delle sue partecipate prima di costituirne altre”. Per il magistrato contabile questa premessa avrebbe dato “uno stimolo più forte agli enti locali a guardare in casa propria e a fare un po’ di pulizia di società che hanno pochissimo personale o sono inutili, che costano e che hanno perdite per parecchie annualità e che quindi rispondono ai principi di razionalizzazione che il decreto mette in atto”.
“La stessa vendita di una quota”, peraltro, “significa anche, magari, liquidarla in un momento non favorevole e quindi acquisire altre perdite che vengono ripianate con i soldi dei cittadini: è inevitabile”.