“I 16 anni all’amministratore delegato di Fs Mauro Moretti per le responsabilità sulla stare di Viareggio? E’ la richiesta del Pm: spero che i giudici abbiamo tutti gli elementi per giudicare in modo equo. Credo sia una sproporzione enorme”. A parlare non è il legale difensore dell’attuale dirigente Finmeccanica – che mentre i pm chiedevano la condanna ritirava un premio in Quirinale – bensì un ministro della Repubblica italiana, nella fattispecie Graziano Delrio, titolare dei Trasporti. “E’ difficile pensare che l’ad di Fs possa avere una responsabilità così enorme, questa richiesta va oltre la responsabilità individuale” ha aggiunto l’esponente del governo Renzi, intervenuto a Otto e mezzo su La7. Parole che hanno scatenato la rabbia dei familiari delle vittime: “Non conosce la storia del processo, si astenga dal commentare”.
Dichiarazioni inusuali quelle di Delrio, specie perché si tratta dell’opinione di un ministro riguardo a un processo ancora in corso, peraltro su un fatto di cronaca che ha segnato la storia recente dei trasporti nazionali. Per Mauro Moretti, oggi amministratore delegato di Leonardo-Finmeccanica, i pm hanno chiesto 16 anni di reclusione per quanto accaduto il 29 giugno 2009, quando un carro merci deragliato in stazione con un carico di gpl fece 32 morti. Il gas poi esplose, devastando il quartiere vicino allo scalo. Non solo Moretti, però. Perché i pm di Lucca Giuseppe Amodeo e Salvatore Giannino hanno fatto richieste pesanti anche per gli altri imputati, dirigenti apicali di società del gruppo Fs e compagnie ferroviarie coinvolte in vario modo nel disastro ferroviario. Nella fattispecie: 15 anni per l’ex ad di Rfi, Michele Mario Elia; 13 anni per Giulio Margarita, ex direttore Sistema gestione sicurezza di Rfi, ora all’Agenzia sicurezza ferroviaria; 12 anni per Gilberto Galloni, ex ad di Fs Logistica; 8 anni per Vincenzo Soprano, ex ad di Trenitalia e della stessa Fs Logistica.
Dura la reazione dei familiari delle 32 persone uccise la sera del 29 giugno 2009. Marco Piagentini, presidente dell’associazione “Il mondo che vorrei“, quella notte ha perso la moglie Stefania, 39 anni, e due figli, Luca e Lorenzo, 4 e 2 anni. Solo lui, che ancora oggi porta sul corpo i segni delle fiamme, e il figlio Leonardo si sono salvati. Piagentini scrive a Delrio: “Dagli incontri con il presidente della Repubblica, con il ministro di Giustizia e con il presidente del Senato ci è sempre stato sottolineato con forza che le cariche dello Stato sono impossibilitate ad esprimersi durante un procedimento penale in corso. Nel rispetto delle Istituzioni, noi familiari, in aula da oltre 105 udienze, siamo sempre stati presenti ad ascoltare con la massima dignità e il massimo rispetto, abbiamo trattenuto un dolore immenso, non ci siamo mai permessi di strillare, ne abbiamo dato giudizio sull’operato del collegio, nemmeno nella fase dell’incidente probatorio, quando uno dei due periti del gip risultò essere sul libro paga di una delle parti imputate (Rfi), come risulta dagli atti e nell’occasione nessuno mosse una foglia”.
“Apprendiamo con sorpresa che da ieri 21 Settembre – prosegue Piagentini – i ministri della Repubblica possono interferire nel procedimento in corso, dando una propria opinione e mettendo chiaramente pressione ad un collegio che, tutto avrebbe bisogno, salvo che le sue parole di persona ignorante i fatti (non penso che lei conosca le oltre 250.000 carte che compongono il fascicolo di questo dibattimento o le centinaia di documenti presentati in 750 ore di rogatorie da parte dei pubblici ministeri). Allora da cittadini ci domandiamo: con quale fine e con quale motivazione lei ha espresso tali esternazioni? Vogliamo pensare che l’ignoranza vinca sulla malafede, ma in entrambi i casi lei rappresenta lo Stato Italiano e ci fa vergognare di avere un ministro di così basso profilo, ci fa vergognare di essere rappresentati da persone così poco sensibili e meschine. Speriamo di non risentirla più sproloquiare, su un procedimento come quello che si sta dibattendo a Lucca proprio sulle inefficienze della sicurezza delle Ferrovie dello Stato, ma soprattutto sulla serietà del lavoro svolto dalla Procura di Lucca e sulla serietà del Collegio giudicante.
Pesanti i reati contestati per la strage di Viareggio: disastro ferroviario, incendio colposo, omicidio e lesioni plurimi colposi, violazione delle normative sulla sicurezza. Condanne importanti chieste anche per manager e dirigenti stranieri: così per l’amministratore delegato di Gatx Rail Austria – società titolare del carro che sviò e prese fuoco -, Johannes Mansbart (10 anni per lui) e, stessa pena, per l’amministratore della collegata Gatx Rail Germania, Rainer Kogelheide (10). Sotto accusa anche il fronte manutenzioni: chiesti 9 anni per Uwe Koennecke e 6 anni e 8 mesi per Uwe Kriebel, rispettivamente responsabile e addetto dell’officina Jungenthal Waggon Hannover (il secondo, a un controllo, sarebbe colui che non vide nel carro una crepatura nell’assile, che poi cedette). Sette anni e sei mesi per Andreas Schroter, supervisore dell’officina Jungenthal. Per gli imputati le richieste non scendono sotto i 5 anni e, per la maggior parte di loro, si attestano fra 8 e 9. Solo quattro le assoluzioni concesse dai pm: fra queste, Giuseppe Pacchioni, amministratore di Cima Riparazioni, l’azienda del Mantovano dove il carro transitò per una revisione. Il processo, iniziato il 13 novembre 2013, ha superato il centinaio di udienze. I tempi lunghi fanno temere per la prescrizione di alcuni reati, l’incendio colposo e lesioni plurime colpose, come rilevato dai parenti delle vittime. La sentenza è attesa per la fine di novembre.