Secondo l'accusa il carabiniere avrebbe mentito durante il processo di primo grado sulla questione della bicicletta nera da donna in possesso della famiglia Stasi. Per giustificare la sua decisione di non sequestrarla, disse di avere assistito personalmente alla deposizione della testimone che l’aveva vista davanti alla villa del delitto e di essere pertanto sicuro che non corrispondeva a quella custodita nell’officina del papà di Alberto
Francesco Marchetto, ex comandante della stazione carabinieri di Garlasco, nel Pavese, che fu in prima linea nel 2007 nelle fasi iniziali delle indagini per l’omicidio di Chiara Poggi, è stato condannato a 2 anni e 6 mesi di reclusione per falsa testimonianza.
L’ex maresciallo (oggi in pensione), 55 anni, avrebbe mentito di fronte al gup del tribunale di Vigevano Stefano Vitelli, che il 30 ottobre 2009 lo ha interrogato nel processo con rito abbreviato ad Alberto Stasi. L’avrebbe fatto secondo l’accusa “per salvare la faccia“, cioè per cercare di giustificare un suo macroscopico errore investigativo, il mancato sequestro della bicicletta nera da donna custodita nell’officina del padre dell’imputato, che pure corrispondeva in larga misura a quella vista da una testimone davanti alla casa di Chiara all’ora del delitto.
Marchetto sostenne di non averla sequestrata perché “non corrispondeva“, aggiungendo di esserne sicuro perché aveva sentito “in diretta voce” la testimone Franca Bermani mentre descriveva i particolari di quella bici, difformi da quella che lui aveva visionato la mattina dopo il delitto. Dal processo è emerso invece che Marchetto non era presente durante la deposizione della donna.
Quel suo giudizio di non corrispondenza fu alla base della decisione del giudice di primo grado e poi della Corte d’assise d’appello di non disporre il sequestro della bici. Anche per questo, secondo l’accusa, Stasi fu stato assolto. Poi è arrivata la Cassazione ad annullare tutto e, al processo d’appello bis, la nuova Corte ha deciso di prendere in considerazione la bicicletta. Alberto Stasi è così stato condannato a 16 anni di reclusione, confermati definitivamente il 12 dicembre 2015 dalla Cassazione. Stasi sta scontando la pena nel carcere di Bollate.
La sentenza nei confronti dell’ex maresciallo è stata pronunciata questo pomeriggio dal giudice monocratico del tribunale di Pavia Daniela Garlaschelli, che ha inflitto una pena di poco inferiore ai 3 anni chiesti dal pm Roberto Valli. Marchetto dovrà anche risarcire i famigliari di Chiara Poggi, che si sono costituiti parte civile: danni da liquidare con separato giudizio e 10 mila euro di provvisionale, più 4.500 di spese. E’ stato proprio da un esposto presentato nel gennaio 2013 dal loro legale, l’avvocato Gian Luigi Tizzoni, che il procedimento ha preso avvio.
Secondo gli avvocati difensori Roberto Grittini e Paolo Larceri invece Marchetto sarebbe un “capro espiatorio“. “Il processo Stasi è stato un aborto, pieno di incongruenze, che adesso – hanno osservato – si vogliono attribuire tutte a Marchetto. Invece in questa indagine sono in tanti a dover fare il mea culpa“. Marchetto, già condannato definitivamente a 2 anni e 8 mesi per altre vicende (peculato e favoreggiamento della prostituzione), con questa sentenza rischierebbe di finire in carcere. Ma con ogni probabilità non sarà così perché il reato per il quale è stato giudicato oggi cadrà in prescrizione tra sette mesi.