di Angelo Mazzoleni 

Contrariamente a quanto accade nei vertici (vergognosa, a mio parere l’esclusione di Federico Pizzarotti dal convegno di Palermo) il sistema operativo per la democrazia diretta del M5S, Lex Iscritti, recentemente introdotto su Rousseau, sembra funzionare molto bene. Moltissime le proposte di legge, presentate in pochi mesi da cittadini iscritti, due delle quali, riguardanti il vincolo di mandato e la lotta alla prostituzione clandestina, sono già state portate in Parlamento.

Due giorni fa, sono state pubblicate, sul blog di Grillo, dopo le 249 della prima tornata, altre 193 nuove proposte che hanno passato la prima fase di selezione. A breve la votazione della base per la scelta di altre due da portare in Parlamento.

L’altra novità sta nel fatto che è stata creata sulla stessa piattaforma anche una sezione didattica, con dei corsi per istruire quei cittadini che vogliano presentarsi come consiglieri comunali.
Un primo importante passo verso un processo anche educativo ed allargato di democrazia diretta dal basso che, nel M5S non pare più un sogno ma una realtà operante.

Insomma, con buona pace di chi ha sempre irriso o snobbato la democrazia diretta, il sistema sta producendo i suoi frutti, con una sua continuità e partecipazione che lasciano ben sperare, anche se ci sono, a mio parere, dei correttivi e miglioramenti da introdurre rispetto alla sicurezza del voto e alla gestione dall’alto e non attraverso il voto degli iscritti, della prima fase di ammissione delle proposte.

Al di là di questi limiti e del rodaggio iniziale, questa prima sperimentazione in Italia di una forma di democrazia diretta che cerca di raccogliere le idee e le competenze dell’intelligenza collettiva, è indubbiamente un evento unico nel panorama politico italiano. Meriterebbe un minimo di attenzione da parte dei media anche perché le implicazioni potrebbero in seguito estendersi ad altre forze politiche e portare a dei grandi cambiamenti anche a livello parlamentare.

In generale, possiamo osservare infatti che molta strada è stata fatta, nel dibattito e miglioramenti tecnologico-informatici, rispetto alle prime liquid feedback, già utilizzate, in alcune realtà locali, da gruppi di base del M5S, con l’introduzione di piattaforme sempre più avanzate e che renderebbero teoricamente possibile a tutte le forze politiche praticare forme nuove di democrazia partecipata o diretta attraverso la rete. Recenti studi dimostrano peraltro che, contrariamente a quanto si pensa comunemente, la democrazia diretta funziona meglio sui grandi che sui piccoli numeri.

Da questo punto di vista, è innegabile che il M5S continui a rappresentare, nel degradato panorama della politica, la punta avanzata di un possibile graduale cambiamento del sistema attuale di funzionamento del processo democratico e di una democrazia solo delegata oggi in crisi in Italia, ma anche in Europa.

C’è bisogno di un ritorno ai valori di una vera democrazia, realmente partecipata, se vogliamo recuperare energie nuove, fermare il fenomeno dell’astensionismo, della logica dell’uomo solo al comando ed uscire dal pantano della crisi politica attuale.

Purtroppo, se esaminiamo la questione dal punto di vista del Direttorio e del garante, il discorso cambia. Lo stesso M5S, ultimamente, mi pare prigioniero di un immobilismo di vertice che ha prodotto, per l’incredibile assenza di regole codificate chiare e condivise, una frattura tra l’anima rappresentata da Di Maio e Di Battista e quella più pragmatica, ma anche democratica, di Pizzarotti, oltre a problemi di cattiva gestione, coordinamento ed organizzazione.

Se non verrà superato, anche attraverso il convegno di Palermo, con cambiamenti nella struttura di vertice, con una maggiore democrazia interna, soprattutto dal basso, nuovi criteri di selezione delle candidature e con una consultazione diretta della base, almeno sulle scelte importanti, rischia di compromettere la possibilità di un futuro governo del movimento.

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