I popolari ottengono la maggioranza assoluta nella regione di Santiago de Compostela davanti a Podemos, che supera il Psoe. Nella comunità autonoma, invece, ad ottenere il primo posto è il Pnv, davanti agli indipendentisti e al partito di Pablo Iglesias. La batosta dello storico partito della sinistra sconfessa la linea intransigente del suo leader, Pedro Sanchez, e lo spinge a convocare nuove primarie il 23 ottobre
I popolari in Galizia, gli indipendentisti nei Paesi Baschi. Risultati diversi ma con un dato comune: il tracollo dei socialisti. L’ennesimo, Dicono questo, in estrema sintesi, i risultati delle elezioni regionali spagnole.
La Galizia si conferma roccaforte del Pp che, grazie al 47,5% dei voti, ottiene la maggioranza assoluta dei seggi nel parlamento locale (41 su 75). È la terza schiacciante vittoria riportata da Alberto Núñez Feijoo, presidente uscente e da molti considerato l’erede politico di Mariano Rajoy. I popolari hanno staccato nettamente Podemos e il Partito socialista, sostanzialmente appaiati. En Marea, la coalizione di sinistra di cui faceva parte il partito di Pablo Iglesias, si ferma al 19% e a quota 14 seggi. Risultato non eccellente, ma che comunque permette a Podemos di realizzare, all’esordio nella regione galiziana, il sorpasso sul Psoe, che non va oltre il 17,8%. Ai nazionalisti galiziani del BNG toccherebbero 6 seggi.
Diverso lo scenario nei Paesi Baschi. Qui a vincere sarebbe stato il Partito nazionalista basco (Pnv), che con il 37,6% dei consensi si aggiudica 29 seggi su 75 nel parlamento di Vitoria. Una conferma per il presidente Inigo Urkullu, che si trova tuttavia costretto a trattare per costruire una maggioranza stabile. Secondi gli indipendentisti di EH Bildu (21,2%), con 17 deputati, e Podemos, che col 14,8% dei consensi porta a casa 11 rappresentanti. Tracollo dei socialisti (11,9%), che uscirebbero quasi dimezzati dal voto con 9 seggi contro 16 uscenti. Male anche Pp, in calo rispetto alla tornata precedente: 10,1% dei voti e 9 seggi.
Le ripercussioni del voto vanno oltre i confini regionali. E potrebbero, benché parzialmente, contribuire a sbloccare lo stallo istituzionale in cui la Spagna si trova da quasi un anno. Il Pp, in particolare, esce rafforzato da questa tornata elettorale, e riacquista dunque slancio il tentativo di Mariano Rajoy di formare un governo di coalizione. Dall’altro lato, infatti, ad essere ridimensionati sono soprattutto il leader socialista Pedro Sanchez, che in un anno ha incassato 5 batoste consecutive, e le sue posizioni di ferma contrarietà alla costituzione di un governo congiunto insieme ai popolari. “La marca Psoe appare sempre più difficile da riparare davanti all’implacabile successione di sconfitte storiche”, scrive in un editoriale oggi El Pais. “Il disastro socialista – si legge sulle colonne del quotidiano storicamente vicino al Psoe – lascia in una situazione impossibile Pedro Sanchez”, la cui “intransigenza come un muro davanti alla possibilità di un governo Pp pregiudica elettoralmente il partito”. Pressato dalle critiche, in molti casi anche interne al suo partito, Sanchez ha annunciato in queste ore alla Commissione permanente della direzione federale la sua intenzione di convocare le primarie del partito il 23 ottobre e di tenere il Congresso federale il 3 e 4 dicembre.