Previsto per il 27 ottobre prossimo un summit bilaterale al quale parteciperà anche Justin Trudeau: l'obiettivo è far entrare in vigore l'intesa, in forma parziale, già nel 2017. Ma la strada verso la firma è accidentata: pesa soprattutto l'incognita sull'imminente sentenza della Corte costizuionale tedesca sulla ammissibilità di una "applicazione provvisoria" patto. E pesano gli scetticismi da parte dei politici di Toronto
Il Ttip rallenta, accelera il Ceta. Mentre la strada verso la conclusione del contestato accordo di libero scambio tra Usa e Ue sembra arrivata su un binario morto, le trattative verso la firma di un’intesa analoga tra l’Europa e il Canada si fanno più intense. Sebbene non manchino, anche in questo caso, scetticismi e resistenze su entrambe le sponde dell’Atlantico. Provengono direttamente da Bruxelles le voci che vorrebbero prossima la definizione di una dichiarazione giuridicamente vincolante tra l’Unione e il Paese nordamericano, finalizzata a un duplice obiettivo: far sì che l’intesa possa parzialmente entrare in vigore nel 2017 da un lato, e placare i diffusi timori sull’accordo dall’altro.
L’occasione per confermare queste indiscrezioni è stato il recente Consiglio Affari Esteri informale sul commercio, svoltosi nei giorni scorsi a Bratislava. Tra i più entusiasti sulla prospettiva di un accordo c’è il ministro dello Sviluppo economico Carlo Calenda, già grande fan del Ttip, che ha parlato di una “intesa molto forte” per accelerare le trattative. Gli ha fatto eco il ministro dell’Economia slovacco, Peter Ziga: quello con il Canada può essere, ha affermato Ziga, “un accordo commerciale moderno con un Paese che condivide i nostri valori”. Un accordo dunque “importante dal punto di vista economico e strategico”, che secondo i suoi fautori eliminerebbe il 98 per cento delle tariffe, consentendo il libero flusso di merci tra il Canada e gli Stati membri dell’Ue. Ziga ha spiegato che la dichiarazione in via di preparazione permetterebbe di “chiarire le questioni controverse”, come le normative su servizi pubblici, protezione degli investimenti e regolamentazioni ambientali. Ma anche il vice cancelliere tedesco Sigmar Gabriel – proprio colui che ha recentemente criticato, con toni assai aspri, il Ttip – ha dichiarato dalla capitale slovacca il suo sostegno al Ceta: “L’opinione pubblica si aspetta che variamo regole sulla globalizzazione e che non aumentiamo la pressione sulle persone. E per questo, il Ceta è un enorme passo avanti”. Affermazioni favorevoli all’intesa sono giunte anche da ministro degli Esteri lussemburghese, Jean Asselborn.
Il prossimo appuntamento, ora, è fissato al 27 ottobre prossimo. Sarà in quella data che a Bruxelles si svolgerà un summit al quale parteciperà anche il primo ministro canadese Justin Trudeau. La speranza, da entrambe le parti, è di firmare in quell’occasione l’accordo vincolante. “Il governo canadese – ha riconosciuto Cecilia Malmstrom – è stato molto disponibile nel lavorare con noi per chiarire alcune questioni e fare in modo che tutti i Paesi membri possano ratificare questo accordo”. Per la commissaria Ue al commercio, “siamo molto vicini” al raggiungimento di una intesa definitiva. Ma l’avvicinamento a quell’incontro cruciale potrebbe essere tutt’altro che agevole.
Prima, infatti, il documento dovrebbe ricevere il via libera da una riunione straordinaria che i ministri del commercio dell’Ue potrebbero tenere il prossimo 18 ottobre. Alla firma dell’accordo dovrebbe seguire il via libera del Parlamento europeo a quelle parti del trattato che potrebbero entrare provvisoriamente in vigore. Altre disposizioni più controverse, invece, resterebbero in sospeso almeno fino alla completa ratifica dell’accordo da parte di tutti i Paesi, un processo che potrebbe richiedere diversi anni. Secondo la Malmstrom è probabile la creazione di un tribunale per le controversie che coinvolgono gli investitori. E gli ostacoli potrebbero arrivare anche delle decisioni prese singolarmente dai Paesi membri. In Austria il partito socialdemocratico del cancelliere Christian Kern ha chiesto modifiche al Ceta, mentre solo il prossimo 13 ottobre, alla vigilia quindi della riunione dei ministri Ue, la Corte costituzionale tedesca si pronuncerà sul ricorso presentato dagli oppositori al trattato che contestano la possibilità di una “applicazione provvisoria” dell’intesa.
Ma la prospettiva di una dichiarazione vincolante sembra convincere poco soprattutto in Canada. Maude Barlow, presidente del Consiglio dei canadesi, una associazione che riunisce più di 60 gruppi della società civile in tutto il Paese, liquida l’impegno formale delle parti come semplice “fumo negli occhi” delle opinioni pubbliche. Per la Barlow “l’unico approccio legalmente vincolante è riaprire il trattato e apportare le modifiche” direttamente nel testo: “Una dichiarazione al di fuori del Ceta sarebbe priva di significato con lo scopo solo di placare le crescenti preoccupazioni su questo accordo”. Ancora più duri i toni utilizzati da Paul Hellyer, ex ministro della Difesa e dei Trasporti, per il quale, firmando il Ceta, il Canada “sarà condannato a altri 10 anni di austerità, se non peggio”. L’anziano politico sottolinea come l’accordo con Bruxelles impedirebbe a Toronto “di utilizzare la Banca del Canada in maniera creativa come è successo dal 1939 al 1974, con un incredibile successo”.