Si intitola "Una rivoluzione normale" ed esce per Mondadori il 27 settembre prossimo. Nel testo il sindaco ripercorre dal suo punto di vista l’ascesa fulminea e poi il declino all’interno del Movimento 5 stelle raccontando alcuni episodi mai emersi prima
“O sconfessi le tue decisioni sulla governance di Iren o veniamo a sfiduciarti sotto il palazzo del Comune”. A maggio 2013, un anno esatto dalla “presa di Parma”, Beppe Grillo invia questo sms a Federico Pizzarotti, lamentando il fatto che l’amministrazione grillina volesse sedersi al tavolo per le nomine della multiutility che gestisce i rifiuti, gas, acqua e inceneritore. È solo uno dei tanti episodi, finora mai emersi pubblicamente, che il sindaco emiliano racconta nel suo libro “Una rivoluzione normale”, che uscirà per Mondadori il 27 settembre. Un’opera che ripercorre dal suo punto di vista l’ascesa fulminea e poi il declino all’interno del Movimento 5 stelle, il clamore e l’esultanza che nel 2012 hanno fatto di Parma la capitale pentastellata d’Italia, e infine l’isolamento e la solitudine politica.
Il pensiero di lasciare il Movimento
Da quel momento però la rottura non si è più sanata, e Pizzarotti lo racconta quasi con malinconia, da attivista catapultato sulla poltrona di sindaco, acclamato come speranza per il Movimento e poi tacciato come “eretico”. Elenca ogni fatto noto o meno noto alla stampa, dagli attacchi via blog alla “scomunica” per i suoi incontri con gli amministratori pentastellati, dai tentativi di dialogo mai andati in porto, fino all’avviso di garanzia per le nomine del Regio e alla sospensione. Tranquillo e a volte spavaldo di fronte alla stampa che gli chiedeva risposte alle polemiche e agli attacchi di questi anni, per la prima volta Pizzarotti mette a nudo momenti di incertezze e delusione per come sono andate le cose, fino al pensiero di lasciare il Movimento, maturato dopo lo scontro con Di Maio a Imola nel 2015 sul coordinamento tra sindaci chiesto da tempo al responsabile degli enti locali del direttorio e mai concesso. In quell’occasione Di Maio attaccò Pizzarotti: “’Di te non mi fido, parli ai giornali e sbatti in pubblico le questioni interne’”.
Da qui il sindaco comincia a riflettere sulla sua posizione all’interno dei Cinque stelle: “A un certo punto – scrive – guardandomi indietro mi sono chiesto se valesse ancora la pena rimanere in un movimento i cui vertici, che secondo i principi cardine non dovrebbero neppure esistere, sono rimasti pateticamente e vigliaccamente indifferenti a ogni critica e dissenso”. Ancora una volta però, la fiducia nella forza politica che aveva contribuito a fondare, lo fanno desistere dall’andarsene: “Mi sono detto che l’indifferenza nei confronti miei e di Parma non rende piccolo chi la subisce, ma chi la manifesta, e che la dignità della città e dei parmigiani vengono prima di chiunque. Un sindaco, in quanto tale, appartiene ai suoi cittadini e a loro soltanto”.
L’ultima chiamata sul palco, l’inceneritore e il 2013, l’anno in cui “cambia tutto”
Quella di continuare a sperare in una riconciliazione non è stata però una decisione arrivata con facilità. Il sindaco grillino racconta del 2013, l’anno in cui tutto è cambiato, degli attacchi e dell’inizio dell’isolamento, tanto che nel vortice delle tensioni con i vertici e quello delle decisioni incombenti per il Comune, un giorno in preda allo sconforto si ritrova a piangere nel suo ufficio. “Se dovessi descrivere il 2013 con una sola parola – scrive – una sola emozione, direi solitudine”. Ma l’amarezza, spiega, non è per la rottura con i vertici, ma “la consapevolezza di combattere in solitudine le battaglie più dure in nome dei principi del Movimento. Ed è andata proprio così: il cammino di questa rivoluzione normale, che ha cambiato il volto della città, si è compiuto nel silenzio e nella totale indifferenza dei vertici.” Pizzarotti ricorda con nostalgia l’ultima salita sul palco dello Tsunami Tour del 2013. Era stato proprio Casaleggio a chiamarlo, poi si erano rivisti solo nel luglio 2014 a Milano, quando sul blog si susseguivano gli attacchi al sindaco, in un incontro che aveva lo scopo di chiarire e ricucire i rapporti incrinati. Il cofondatore del Movimento gli aveva chiesto quali piani avesse dopo i cinque anni a Parma, ma la distanza con Milano, Roma e Genova sembrava ormai incolmabile. E tra i motivi, c’era anche l’inceneritore, che a detta del primo cittadino ha logorato anche i rapporti con molti degli attivisti. Pizzarotti spiega di una telefonata di Casaleggio, sempre di quell’anno: “Bisogna chiudere l’inceneritore o a livello nazionale il Movimento farà una brutta figura”. Ma in realtà non c’era nulla da fare per fermare l’opera. Per il sindaco “Gianroberto aveva una sua filosofia, che rispetto profondamente, ma che non condivido: per lui ciò che contava di più erano gli obiettivi del Movimento. Secondo la sua filosofia, se non si rispetta un obiettivo, si levano le tende e si va a casa”.
Le critiche al Movimento e il finale aperto
Per tutto il volume, si confrontano le due facce del Movimento: quella più idealista e pura, e quella più pragmatica del sindaco emiliano. Uno scontro tra “realismo e utopia” che ha portato ad allontanare progressivamente Pizzarotti dai vertici Cinque stelle, a cui il sindaco non risparmia critiche, puntando il dito sui diktat dall’alto, sul blog come unico mezzo di comunicazione tra le realtà territoriali, e il triangolo Milano, Roma e Genova: “Non si comprendeva quale fosse il vero vertice (perché un vero vertice, alla fine, esiste). Nessun luogo di discussione, nessuna forma di dibattito pubblico e critico, nessuna possibilità di fare rete tra sindaci, consiglieri comunali e parlamentari”. Per Pizzarotti “oggi uno non vale più uno” ed “è inutile e falso affermare che nel Movimento 5 Stelle non ci sono correnti. Ci sono eccome, ma vengono ufficialmente negate in nome di una fantomatica unità di facciata”.
A tutta questa storia raccontata in prima persona però, Pizzarotti non dà un finale certo: non dice cosa farà nel 2017, con le prossime amministrative a Parma, né se uscirà di propria iniziativa dal Movimento in caso di una ormai improbabile riconciliazione, o se si ritirerà, come sogna da tempo con la moglie Cinzia, in un casolare di campagna lontano dalla vita cittadina e dalla politica. Anche se la sua frase conclusiva sembra quasi un addio a quello che è stato finora per abbracciare un nuovo inizio. “Ho vissuto gli ultimi quattro anni con grande intensità, maturando l’idea che ci sono storie che iniziano e finiscono. Ma non è questo il punto – si legge – Per ogni domanda che ci poniamo, una risposta aspetta di essere data. E nelle passioni, nelle aspirazioni, nei traguardi, nella vita e nella politica, per ogni storia finita ce n’è sempre una che, alla fine, comincia”.