Dovrebbe salutare a giugno, per poi diventare dirigente. Il condizionale è d’obbligo per uno che nel 2005 aveva già siglato il contratto a vita. E infatti tre settimane fa ha detto: “Se sto così, perché devo smettere?”. Esordio in A nel 1994, con gol al Foggia; ultima rete lo scorso fine settimana, a Torino su rigore. Nel mezzo perle, barzellette, professionalità e romanità assortita
A Roma probabilmente diranno che nel caso di specie si tratta di 10 per 4. Perché qualsiasi numero diverso da quello, associato al suo nome e cognome, stona. Fatto sta che fuori dal Grande Raccordo Anulare, l’anagrafe non concede libertà. Francesco Totti compie 40 anni. Il ragazzo di via Vetulonia, quartiere Appio Latino, prima si è fatto mito e ora uomo anagraficamente quasi di mezza età. Eppure è ancora in campo, stesso genio del 4 settembre 1994, Roma-Foggia, primo gol in A con un sinistro in corsa. Sempre dalla stessa parte. Giallo e rosso, i colori dell’unica bandiera rimasta. Mentre si ammainavano Maldini, Del Piero e Zanetti, lui continuava a giocare. E continua a farlo, l’ultimo 10 italiano.
“Se sto così, perché smettere?” – Dovrebbe salutare a giugno, per poi diventare dirigente. Il condizionale è d’obbligo per uno che nel 2005 aveva già siglato il contratto a vita. E infatti tre settimane fa ha detto: “Se sto così, perché devo smettere?”. Eppure c’è quella firma messa la scorsa primavera e nella società difficilmente qualcuno pensa che possa esserci un ulteriore prolungamento dopo giugno 2017, nonostante le magie degli ultimi mesi, iniziate dopo l’esilio imposto da Luciano Spalletti per le parole in libertà a Rai Sport, la cui eco è tornata prepotente lo scorso lunedì sotto forma di regalo anticipato – non si sa se realmente gradito o meno – confezionato dalla moglie Ilary Blasi sulle pagine de La Gazzetta dello Sport. Un nuovo terremoto.
Piola? No, gli 11 gol alla Lazio – La strada verso gli ‘anta’, che iniziano oggi, è stata lastricata di magie e polemiche. La Roma ha ancora bisogno di Totti? Chi sta dando di più all’altro in questo momento? Prendendo la partita di Bergamo e la doppietta al Torino nel finale della scorsa stagione, oppure le prime sei di quella appena iniziata tra rigori, assist no look e tocchi di prima, la risposta sembrerebbe scontata. Poi però la Roma si ritrova già in un limbo in campionato, fuori dalla Champions, e allora forse c’è da rimodulare l’affermazione. Però è Totti, Er Pupone, il Capitano. È uno dei più forti giocatori italiani del dopoguerra, la storia recente della Roma, l’ottavo re, l’uomo dei record. Quello a cui tiene di più – ipse dixit e termometro di una carriera – resterebbe il numero di gol (11) realizzati contro la Lazio anche se dovesse raggiungere i 274 di Silvio Piola, miglior marcatore all time della Serie A.
Tante magie, qualche errore (e delusione) – Un uomo di contraddizioni e profonda romanità, non solo verbale, Francesco Totti. Le reti alla Lazio più di quelle di Piola, i giallorossi più del Real Madrid, “dove avrei vinto 3 Champions e 2 Palloni d’Oro”. Il cucchiaio del 5-1 nel derby, ma pure la Coppa Italia persa contro i biancocelesti nel 2013. I 32 gol nel 2006/07 valsi la Scarpa d’oro, ma nella stessa stagione ecco il 7-1 dal Manchester United nei quarti di finale di Champions League. Tocco di prima, spesso spalle alla porta, imbeccate con angoli impossibili visibili solo con gli occhi di un campione, lanci spalle alla porta come volle per primo Fabio Capello. La pennellata di Marassi, la standing ovation del Bernabeu, la doppietta con selfie nel derby. Ma anche i calcioni a Mario Balotelli, Poulsen, la simulazione ai Mondiali in Corea nel 2002. Colpi di testa che non sminuiscono la figura calcistica dell’Ultimo Dieci. Fuori dal campo mai una gaffe, parecchia autoironia, le barzellette, la beneficenza – tanta e spesso silenziosa – e una famiglia protetta. Oltre a una controversa storia extracalcistica, quella delle case affittate al Campidoglio.
Il biennio perfetto e il Mondiale – Il 2001 è l’anno del capolavoro sportivo: la Lazio vince lo scudetto nel 2000 e Totti glielo scuce a dodici mesi di distanza dando il via al Giubileo della Roma dopo il Giubileo di Roma. Il gol tricolore al Parma, con l’Olimpico in delirio e una città ai suoi piedi, è stata la chiusura del miglior biennio della sua carriera. Era iniziato con un Europeo durante il quale, semifinale contro l’Olanda, attualizzò in er cucchiaio lo scavetto di Antonin Panenka. Fosse dipeso solo da lui, l’Italia avrebbe poi vinto la finale: firmò l’assist per Marco Delvecchio e almeno altre tre soluzioni geniali per i compagni, non sfruttate. Con la nazionale è comunque riuscito a vincere, sei anni più tardi. Campione del mondo con autografo in calce all’eliminazione dell’Australia. Trasformò dal dischetto al novantesimo, mentre lo stadio fischiava quel penalty generoso concesso da Luis Medina Cantalejo.
L’omaggio di Roma, anche al matrimonio – Non fu un cucchiaio, come nel 2000. Totti era già uomo maturo e, si diceva allora, con il contratto a vita in tasca firmato nel 2005. Sposato, anche. Convolò a nozze due mesi dopo il rinnovo nella chiesa di Santa Maria in Aracoeli, Ilary Blasi all’altare e uno stuolo di tifosi ad attendere lungo la scalinata. Perché a Roma ‘c’è solo un capitano’ e a due passi dal Vaticano la fede può essere pure pagana. Così nonostante la diretta Sky, i fan del Pupone erano tutti lì a battere le mani. Fu l’inizio di una seconda fase, vissuta nel quadriennio di Luciano Spalletti che lo reinventò prima punta fino al 2009. La pozione giusta per la seconda gioventù.
La piscina di Cocoon per le ultime stagioni – La terza, quella dell’ultimo biennio, l’ha costruita personalmente grazie ai consigli dell’amico e preparatore personale Vito Scala, rapporto indissolubile nonostante quello spintone in mondovisione a Livorno. Ecco la piscina di Cocoon: si pranza e si cena sempre agli stessi orari, pasta q.b., pesce e carne bianca, una settimana di pre-preparazione a Merano nella clinica di Henri Chenot per togliersi di dosso qualche bagordo culinario nei mesi estivi, la rinuncia totale ai dolci di cui va pazzo. È così che Totti può continuare a disegnare calcio, ad andare oltre allenatori amati e odiati, giovani emergenti e nuovi proprietari.
I numeri e le perle – La classe che non conosce età supera infortuni, placca alla caviglia e acciacchi, collocandolo nell’empireo dei migliori. E quando qualcuno gli ricorderà che ha vinto meno di tutti i grandi campioni, sfodererà le sue cifre e la playlist delle magie. Al momento siamo a quota 306 gol in 763 presenze, 250 in 605 gare in A, con due triplette e 45 doppiette. In Europa ne ha firmati 38 in 98 partite, tra questi l’esterno a Manchester che nel 2014 lo ha reso il marcatore più longevo in Champions. Tra le hit da vedere e rivedere c’è il gol che il 30 ottobre 2002 azzittì il Bernabeu, già ammutolito l’anno prima, lo slalom con pallonetto del 2005 all’Inter e l’esterno di volée alla Samp di tredici mesi più tardi.
Chi è pronto al ritiro? – Un podio intercambiabile con almeno un’altra dozzina di perle, apici di un rendimento costante lungo quasi un quarto di secolo. E siamo ancora qui a raccontare, quando si pensava che sarebbe finita molto tempo fa. Non sembra esserci nessuno davvero pronto a quel momento, in teoria ormai lontano appena otto mesi. Non i tifosi romanisti, non gli amanti disinteressanti di una delle ultime espressioni di classe cristallina. Men che meno pare preparato lui: oggi soffierà su quaranta candeline, ma nella testa dell’Ultimo Dieci saranno appena venti.