In principio c’erano stati i Buddha di Bamiyan distrutti dai talebani in Afghanistan nel 2001, negli ultimi mesi è stata Isis a ereditare la furia iconoclasta contro l’arte e la cultura: a Palmira in Siria, a Ninive in Iraq e in Libia sono stati polverizzati templi, statue e reperti archeologici. Daesh ha anche minacciato di “radere al suolo le piramidi”. Nel mezzo c’è stata Timbuctu: nel 2012 era stata irrimediabilmente ferita dagli estremisti di Ansar Dine che avevano fatto a pezzi parte dei suoi tesori. Almeno per la città regina del deserto è arrivata giustizia con il primo processo celebrato per la distruzione di beni culturali.

Condannto l’ex capo della polizia islamica
La Corte penale internazionale (Cpi) ha giudicato colpevole di crimini di guerra Ahmad Al Mahdi Al Faqi, l’ex capo della polizia islamica del gruppo Ansar Dine – legato ad al Qaida – accusato di avere partecipato alla distruzione dei mausolei nel nord del Mali a partire dalla conquista della città nella primavera di quattro anni fa. Nove anni il verdetto dei giudici de L’Aja. Al Mahdi, catturato in Niger e ritenuto a capo di una “brigata” del gruppo Ansar Dine (vicino ad al-Qaeda nel Maghreb Islamico, Aqmi), era stato consegnato nel settembre dello scorso anno alla Cpi ed è accusato in particolare per la distruzione di nove mausolei e della moschea Sidi Yahia, di crimini di guerra commessi a Timbuctu tra il 30 giugno e l’11 luglio 2012. Lo scorso agosto si era dichiarato colpevole dicendosi “dispiaciuto per tutti i danni provocati” e “davvero pentito”.

Timbuctu patrimonio mondiale dell’umanità
Timbuctu era stata dichiarata dall’Unesco nel 1988 patrimonio mondiale dell’umanità e nel 2012 ha vissuto per mesi sotto la ferrea legge della sharia, imposta dagli integralisti. Fondata tra l’XI e il XII secolo dai tuareg, l’antica capitale del regno di Kankou Moussa, imperatore del Mali, deve il suo nome a una schiava berbera, Bunctù che visse intorno al 1100 e svolse il compito di guardiana di un pozzo, situato proprio nel luogo dove poi sarebbe sorta la città. Considerata una delle località più affascinanti del continente, è stata un grande centro intellettuale dell’Islam e un importantissimo snodo commerciale dove transitavano carovane da tutto il continente. Prima deposito, poi accampamento, poi villaggio sempre più prospero, Timbuctu si trova infatti all’incrocio delle grandi piste carovaniere nell’ansa del fiume Niger e raggiunge il suo massimo splendore tra il XIV e il XVI secolo. Dell’esistenza di Timbuctu si discute in Europa fino ai primi dell’Ottocento, poi Renè Cailliè, esploratore francese travestito da nomade arabo, riesce a entrarvi nel 1828 e la consegna dal mito alla storia.

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