“Le quote rosa? Un recinto in cui si è voluto circoscrivere la presenza femminile”. E’ il sindaco di Roma, Virginia Raggi, a rinfocolare l’eterna polemica sul provvedimento che garantisce alle donne un numero di posti riservati all’interno delle liste elettorali. Dichiarazione che arriva, oltretutto, proprio dal salone dell’hotel Ergife di Roma, dove si sta svolgendo la 19esima edizione del Global WinConference (28 settembre – 1 ottobre 2016), kermesse internazionale in cui si presentano, incontrano e dialogano tutte quelle donne che detengono una leadership nel mondo politico, sociale, economico, industriale, culturale ed artistico. “In Italia c’è un problema di leadership femminile, un problema legato al meccanismo quote rosa”, ha spiegato la Raggi all’agenzia LaPresse. “E’ una legge che nasce per combattere la discriminazione femminile ma diventa ancora più discriminatoria, offende le donne e confinandole. Onestamente per me le quote rosa rappresentano una sorta di recinto in cui si è voluto circoscrivere la presenza femminile, per cui se si rispettano le quote rose va tutto bene. La parità di genere va promossa nella società ma non attraverso una quota fissa”.
In Italia la presenza femminile nelle istituzioni è regolamentata tramite “quote rosa” obbligatorie sia dalla legge DelRio del 2014 che si applica ai Comuni sopra i 3mila abitanti (“nessuno dei due sessi può essere rappresentato in misura inferiore al 40 per cento”); sia dalla legge approvata dalla Camera nel febbraio 2016 che prevede un tetto del 60% dei candidati dello stesso sesso e l’espressione della doppia preferenza per chi vota tra una lista di candidati maschili e una lista candidate femminili per lo stesso partito. Nell’ultimo rapporto dell’Unione Europea datato 2014 sulla rappresentanza di genere nei parlamenti europei, classifica che vede svettare i paesi scandinavi con oltre il 45% di deputate in Parlamento, l’Italia ha registrato il 31,4% di deputate (198 unità) tanto da superare Irlanda (15,7%), Regno Unito (22,6%) e Francia (26,2%), e da giocarsela alla pari con Austria, Svizzera, Slovenia e Slovacchia.
La differenza sostanziale rimane quella tra paesi che “impongono” per legge le “quote rosa” e quelli in cui sono i partiti politici a decidere di equilibrare uomini e donne tra i candidati alle cariche istituzionali. Fermo restando che senza provvedimenti ad hoc l’attuale premier inglese si chiama comunque Theresa May, il cancelliere tedesco in carica da diverso tempo è Angela Merkel, la premier norvegese è Erna Solberg e quella polacca è Beata Szydło. Mentre in Italia si sono succedute alla presidenza della Camera Nilde Iotti e Irene Pivetti, parecchie donne ministro hanno iniziato ad essere presenti nei governi italiani dal 1976 (Tina Anselmi ministro del lavoro dell’Andreotti III), ma mai una donna ha sfiorato candidature alla presidenza del consiglio e men che meno alla Presidenza della Repubblica.
“E’ un momento storico fondamentale che segna una svolta: per la prima volta Roma ha un sindaco donna, in un periodo in cui le pari opportunità sono ancora una chimera”, aveva affermato la Raggi al suo esordio come primo cittadino della Capitale, proprio nei giorni in cui la collega di partito Chiara Appendino faceva un sol boccone di Fassino e il Pd a Torino. La richiesta di andare oltre le quote rose per una nuova parità di genere, che il neosindaco della Capitale pone dal Global WinConference, sposta nuovamente il ragionamento tra i binari di quella consuetudine del discorso quotidiano tipicamente italiano che tende ad isolare automaticamente le donne da ruoli cruciali della società e della cultura, come se non esistessero, nonostante, secondo i dati Istat 2014 continuino ad essere quasi due milioni in più rispetto agli uomini. Sul tema la divertente ed acuta raccolta “Quote Rosa” (Fernandel, 2006), curata da Grazia Verasani e Gianluca Morozzi, permette di leggere quindici voci di quindici scrittrici esordienti che raccontano quella che Baumann definisce “la vita liquida” del nuovo evo. Per la cronaca: tra le 15 esordienti, nonostante la qualità dei racconti, nessuna è diventata scrittrice a tempo pieno, e/o ha vinto un importante premio letterario come, solo a titolo d’esempio, lo Strega; che, per inciso, in 70 anni ha premiato solo dieci romanziere tra cui l’ultima, Melania Mazzucco, nell’oramai lontano 2003.
E anche il sindaco di Torino Chiara Appendino è tornata a parlare di quote rosa durante l’incontro di questa mattina ‘Women, Web Can‘ con Jessica Grounds direttrice della campagna elettorale di Hillary Clinton ‘Women Ready for Hillary’ sul tema della leadership femminile in politica: “Sono lo strumento e non l’obiettivo e il modello ideale a cui tendere è quello senza quote rosa, intese come obbligo e senza distinzioni di genere. Con l’obiettivo che si parli di leadership non più distinta fra femminile e maschile, questa è la grande sfida”. Per la Appendino anche la sua elezione e quella di Virginia Raggi “sono già una svolta per il nostro Paese e ci forniscono due indicazioni, cioè che le quote rosa spesso invocate come soluzione per le pari opportunità, sono importanti ma non così determinanti e che i cittadini sono più evoluti della politica”. Per la sindaca è dunque necessario che emerga sempre di più che la questione della leadership femminile non sia dovuta alla “obbligatorietà delle quote rosa” ma al fatto che “le donne hanno delle capacità che devono essere messe a disposizione della società. Non deve più essere – ha concluso – una questione di politicamente corretto”.