Simone Di Stefano è finito in manette. Il vicepresidente di CasaPound Italia, ex candidato sindaco di Roma alle amministrative di giugno, è stato arrestato dalla Polizia municipale nel corso di uno sgombero avvenuto nelle scorse ore a Via del Colosseo, nel pieno centro di Roma. Insieme ad alcuni militanti del suo movimento neofascista, Di Stefano aveva cercato di impedire che due famiglie venissero sfrattate da uno stabile di proprietà del Comune. I manifestanti sono entrati nell’edificio, raggiungendo il tetto ed esponendo i tricolori in segno di protesta. Presente all’iniziativa anche Gianluca Iannone, presidente di CasaPound.
Stando a quanto riferito dagli attivisti di CasaPound, ad essere sgomberati sono stati “una donna, diabetica e con gravi problemi a deambulare”, e “una famiglia con un bambino affetto da una disabilità”. In una nota diffusa dal movimento di estrema destra, si precisa che “i due nuclei da oltre 30 anni occupavano due piccole case nello stabile del Comune sgomberato. Per lasciarlo avevano chiesto al Campidoglio di trovare loro un’altra sistemazione, anche in un bungalow, purché la famiglia potesse stare insieme. Il Campidoglio meno di un mese fa li aveva convinti a lasciare l’appartamento promettendo una sistemazione in un residence poi risultata falsa e le famiglie sono state costrette a rioccupare”.
Subito dopo lo sgombero, un gruppo di neofascisti di CasaPound si sono trasferiti davanti a Palazzo Senatorio. Lì hanno messo in atto un sit-in di protesta, occupando la terrazza del Campidoglio e chiedendo di essere ricevuti dal sindaco. Il presidente del Consiglio comunale Marcello De Vito ha parlato per qualche minuto con alcuni rappresentati di CasaPound e con le persone sgomberate. “Cercheremo di mettervi in contatto con un assessore competente che possa spiegarvi le ragioni della decisione”, ha dichiarato l’esponente di M5S. Risposta ritenuta non soddisfacente dai manifestanti, che hanno deciso di prolungare il presidio davanti al Campidoglio.