Mossa a sorpresa alla Camera. Attraverso la presentazione di un emendamento al decreto sull'efficienza degli uffici giudiziari. A firma del dem Davide Ermini. Che aumenta i posti disponibili nell'organo di autogoverno della giustizia amministrativa. Uno dei quali destinato proprio all'ex titolare del dicastero della Pubblica amministrazione con il governo Monti
E per fortuna che il tempo delle leggi ad personam era finito per sempre. Quando meno te l’aspetti, ecco spuntare l’ennesima previsione ritagliata su misura: grazie ad un emendamento al decreto in discussione alla Camera che vorrebbe rendere più efficienti gli uffici giudiziari, il Consiglio di presidenza del Consiglio di Stato, l’organo di autogoverno della magistratura amministrativa, si allarga. A Palazzo Spada verranno aggiunti due posti in più. Per far sedere chi? La norma, ovviamente, non lo dice, ma l’identikit è presto fatto.
POLTRONA PER DUE L’emendamento presentato dal relatore David Ermini ma in cui si intravvede la mano interessata di Palazzo Chigi, modifica la legge del 1982 che disciplina la composizione oltre che le attribuzioni del Consiglio di presidenza. E che attualmente prevede che ne facciano parte 19 componenti: il presidente del Consiglio di Stato, una serie di togati eletti dai loro colleghi magistrati e infine, accanto ai membri supplenti, quattro laici eletti dal Parlamento. Con la nuova norma non sarà più così: e potranno fare il loro ingresso attorno al tavolo che più conta a Palazzo Spada anche l’ex ministro Filippo Patroni Griffi, nominato, a febbraio, aggiunto del presidente del Consiglio di Stato dal Consiglio dei ministri. L’altra sedia è invece riservata al presidente del tribunale amministrativo regionale con la maggiore anzianità di ruolo, recita l’emendamento. Di chi si tratta? Scoprirlo non è semplice come giocare con le finestre di ‘Indovina chi’. Il mancato aggiornamento dei ruoli infatti lascia un certo margine di errore: con ogni probabilità dovrebbe trattarsi del presidente del tar Toscana.
CONSIGLIO PREZIOSO Inutile dire che con il decreto in discussione a Montecitorio si occupano con un sol colpo due caselle di peso tali da ridisegnare l’organo di autogoverno della giustizia amministrativa. Che ha le stesse funzioni, anche se meno notorietà, del Consiglio Superiore della magistratura. E come accade per Palazzo dei Marescialli nei confronti della giustizia ordinaria, anche il Consiglio di presidenza è in grado di incidere con le proprie decisioni sulla qualità della giurisdizione e sul funzionamento di tar e Consiglio di Stato. Che come noto non svolge solo funzione d’appello per le decisioni assunte dai tribunali regionali, ma ha anche una funzione cruciale di natura consultiva sugli atti del governo.
CALZINO RENZIANO Il Consiglio di presidenza del Consiglio di Stato infatti decide su incarichi, esposti e procedimenti disciplinari a carico di magistrati, ma anche dell’organizzazione complessiva di una macchina complessa quella della giustizia amministrativa vissuta spesso come un impiccio. Non solo da Matteo Renzi che fin dall’insediamento ha promesso di rivoltarlo come un calzino. L’attuale inquilino di Palazzo Chigi, con il vigore che lo contraddistingue nelle battaglie che contano, non ha finora lasciato nulla di intentato. Anche a rischio di scossoni e polemiche come quelle che hanno accompagnato la nomina del presidente del Consiglio di Stato che presiede anche l’organo di autogoverno. Poi, sempre per volere di Palazzo Chigi sono diventati consiglieri a Palazzo Spada alcuni tra i più stretti collaboratori del premier. Come Antonella Manzione, già comandante dei vigili di Firenze e portata a Roma come potente capo dell’ufficio affari legislativi di Palazzo Chigi. Su cui proprio il Consiglio di Presidenza che adesso il governo vuole allargare, ha espresso nei giorni scorsi più di una perplessità.